Cessione di immobili e decorso del quinquennio
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariNell’ambito delle cessioni immobiliari da parte delle imprese che hanno costruito l’immobile, o che sullo stesso vi hanno eseguito interventi di ristrutturazione, l’applicazione dell’IVA costituisce il regime naturale (ed obbligatorio), se non sono trascorsi più di cinque anni rispetto alla data di ultimazione dei lavori. Risulta pertanto necessario verificare i seguenti aspetti:
- il regime Iva delle cessioni di immobili in corso di costruzione (e quindi prima del momento in cui l’immobile è ultimato);
- quando l’immobile si intende ultimato, e quindi la data da cui inizia a decorrere il termine di cinque anni.
Relativamente al primo aspetto, le disposizioni normative non si riferiscono espressamente alla cessione di fabbricati non ancora ultimati, al contrario di altre norme contenute nel DPR. 633/72, quali ad esempio:
- il n. 21 della Tabella A, parte II, allegata al DPR n. 633/72;
- il n. 127-undecies) della medesima Tabella A, parte III.
Pertanto, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circolare del 1.3.2007, n. 12/E), la cessione di fabbricati non ultimati posta in essere, in qualità di venditore, da un soggetto passivo IVA (es. una società di costruzione, una società manifatturiera, ecc.) esula dall’ambito di applicazione del regime di esenzione previsto dall’art. 10, n. 8-bis) e 8-ter) del DPR 633/72 e sconta l’IVA, con le aliquote previste dalla legislazione vigente. A ciò si aggiunga che, in presenza dei necessari presupposti normativi, la cessione di fabbricati non ultimati sconta l’IVA con le aliquote agevolate:
- del 4%, ex n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72 (fabbricati non ultimati per cui sussistono i requisiti oggettivi e soggettivi per fruire dell’agevolazione prima casa);
- del 10%, ex n. 127-undecies) della Tabella A, parte III, allegata al DPR. 633/72 (case di abitazione non ultimate non di lusso ex D.M. 2.8.69; fabbricati “Tupini” o porzioni di fabbricati “Tupini” non ultimati ceduti dall’impresa costruttrice).
Relativamente al secondo aspetto, ossia quello della data in cui l’immobile si deve considerare ultimato, l’art. 35 co. 8 lett. a) del D.L. 223/2006, conv. L. 248/2006, non contiene alcuna precisazione in merito all’esatta individuazione di detto momento. Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria (circolare 1.3.2007 n. 12/E) ha chiarito che il momento dell’ultimazione della costruzione o dell’intervento di recupero coincide con quello in cui l’immobile diviene idoneo ad espletare la sua funzione, ovvero ad essere destinato al consumo. Rifacendosi ai chiarimenti forniti con la circolare 12.8.2005 n. 38/E, emanata in materia di accertamento dei requisiti per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, l’Agenzia delle Entrate ha quindi precisato che l’ultimazione della costruzione (o dell’intervento di recupero) si verifica quando viene attestata dal direttore dei lavori, di norma in sede di dichiarazione da rendere in catasto ai sensi degli artt. 23 e 24 del DPR. 6.6.2001, n. 380. Tuttavia, anche a prescindere dall’attestazione di ultimazione rilasciata dal tecnico, il fabbricato si considera ultimato qualora sia concesso in uso a terzi, con i fisiologici contratti relativi all’utilizzo dell’immobile (es. locazione, comodato). In tal caso, infatti, si presume che l’immobile, in quanto idoneo ad essere immesso in consumo, presenti tutte le caratteristiche fisiche idonee a far ritenere completata l’opera di costruzione o di ristrutturazione.