Cessione di quote e documentazione correlata alla società
di Giovanni Valcarenghi
Le vicende economiche degli ultimi anni hanno reso più frequenti le operazioni di scambio di quote societarie; talvolta si tratta di veri e propri sconvolgimenti della originaria compagine che, proprio per effetto delle cessioni suddette, muta in modo integrale.
Solitamente, tali transazioni determinano una cesura completa tra vecchia e nuova gestione e tale circostanza determina nella clientela l’insorgere di più d’una confusione, in merito al regime della responsabilità per le obbligazioni societarie. Spesso, infatti, il “passaggio di testimone” viene scortato dalle più diverse clausole che tendono ad accollare alla precedente gestione eventuali conseguenze negative riferibili al periodo pregresso al subentro.
Tale impostazione, pienamente legittima nell’ambito della libertà contrattuale delle parti, si scontra con un dato di fatto giuridico: chiunque intenda far valere le proprie ragioni (soggetti terzi) lo farà nei confronti della società che, quale entità giuridica, continua a permanere inalterata, nonostante l’avvicendamento dei soci. Pertanto, escludendo le responsabilità di natura prettamente personale dei soggetti che avevano posto in essere determinate azioni, si determina sempre una vicenda che riguarda direttamente la società.
Ove si fosse prescelto di seguire tale via, capita sovente che i soci cedenti (sentendosi obbligati a seguito degli accordi sorti in occasione della cessione di quote) pretendano di trattenere della documentazione amministrativa, contabile o fiscale, in virtù del fatto che dovranno avere la possibilità di “gestire” eventuali situazioni che richiedano un loro intervento, magari anche di natura economica.
Si pensi, ad esempio, ad una clausola inserita nell’atto di cessione quote per la quale la precedente proprietà risponde delle eventuali conseguenze di accertamenti fiscali relativi ai periodi ancora accertabili al momento dell’avvicendamento. In tale circostanza, i soggetti impegnatisi potrebbero pretendere di gestire il contraddittorio con l’ufficio o la eventuale fase contenziosa per il tramite di loro consulente, soggetti che potrebbero essere diversi rispetto a quelli scelti dalla nuova compagine sociale.
E, proprio per poter avere gli elementi per contrastare la eventuale pretesa, in alcuni casi pretendono di trattenere parte della documentazione societaria, in modo da averla disponibile al bisogno. Se, dal punto di vista logico, tali istanze possono essere comprese, sul versante giuridico è bene sgombrare il campo da qualsiasi equivoco: la documentazione (di qualsiasi tipologia essa sia) è di esclusiva pertinenza della società che, in quanto autonomo soggetto giuridico, è del tutto insensibile alla variazione della compagine societaria.
Pertanto, poiché normalmente l’avvicendamento della proprietà si accompagna al cambio dell’organo amministrativo, dovrà essere chiaro che il soggetto che entra in carica avrà l’onere di verificare la presenza di tutta la documentazione relativa alla società. Non bastano i libri sociali, che pure ci debbono essere, ma si deve estendere l’analisi a tutto tondo.
E’ allora consigliabile che si proceda ad una vera e propria operazione di inventario delle “scritture e della documentazione”, in modo che si possano immediatamente riscontrare eventuali mancanze, opponendole al precedente organo amministrativo.
Se ciò non fosse realizzato si porrebbe il possibile rischio di non poter esibire, ad esempio, la documentazione a fronte di una richiesta dell’Agenzia delle entrate; nei confronti dei terzi, infatti, le clausole di ripartizione della responsabilità inserite nell’atto non hanno alcun effetto, con la conseguenza che sarà poi onere del singolo cercare di ribaltare il danno subito sul soggetto che si era posto come garante, con tutte le difficoltà del caso.
Si consideri, inoltre, che l’articolo 2496 del Codice Civile prescrive che, compiuta la liquidazione della società, i libri devono essere depositati e conservati per dieci anni presso l’ufficio del registro delle imprese. In verità, va detto che non tutti gli uffici delle CCIAA ricevono benevolmente tale “malloppo”, ma in caso di eventuale disputa si potrebbe ravvisare anche una impasse, sempre a carico del nuovo organo amministrativo, che potrebbe non essere in grado di adempiere, sempre per effetto della mancata verifica dell’esistente, all’atto dell’assunzione della carica.