Cessione totalitaria della partecipazione al capitale di società di persone o di capitali
di Angelo GinexNell’ultimo decennio è sovente accaduto che l’Agenzia delle entrate abbia riqualificato la cessione totalitaria di partecipazioni sociali in cessione d’azienda, andando così a recuperare la relativa imposta proporzionale di registro, sulla base della considerazione per la quale tale operazione, coinvolgendo l’intero capitale di una società, sarebbe espressione della medesima capacità contributiva della cessione d’azienda.
La riqualificazione ha trovato fondamento nell’articolo 20, D.P.R. 131/1986, secondo cui, nella versione anteriforma 2018, “l’imposta di registro è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Il legislatore, mediante una modifica legislativa (articolo 1, comma 87, L. 205/2017) avente efficacia retroattiva (Cassazione n. 158/2020 e Cassazione n. 39/2021), ha superato tale interpretazione, prevedendo che gli atti, ai fini dell’imposta di registro, possano essere riqualificati solo in presenza di elementi intrinseci agli atti stessi, prescindendo in ogni caso da elementi extra-testuali o da altri atti ad esso collegati.
L’Amministrazione finanziaria ha continuato a riqualificare le cessioni totalitarie di partecipazioni sociali in cessioni d’azienda sulla base dell’uguaglianza sul piano sostanziale delle due operazioni, sostenendo che la cessione dell’intero capitale sociale avrebbe gli effetti sostanziali di una cessione d’azienda, e come tale dovrebbe essere tassata ai fini dell’imposta di registro.
Di recente, tale interpretazione è stata contestata (ancora una volta) dalla Corte di Cassazione con tre sentenze pubblicate nel mese di marzo 2024, nelle quali il giudice di legittimità ha dettato altrettanti principi di diritto, riassumibili nell’affermazione che una cessione totalitaria di partecipazioni non può essere riqualificata in cessione di azienda, essendo le due casistiche completamente diverse tanto sul piano civilistico quanto sul piano fiscale e che l’imposta di registro si applica sempre in misura fissa.
In particolare, con sentenza n. 7470/2024, la suprema Corte, nell’affermare che la cessione totalitaria di partecipazioni è regolata da una normativa codicistica diversa da quella prevista per la cessione d’azienda, sia per quanto concerne la continuazione dell’attività imprenditoriale, sia in riferimento al regime di responsabilità per i debiti dell’azienda stessa, ha ribadito che non è possibile per l’Amministrazione finanziaria riqualificare la cessione totalitaria di partecipazioni come cessione d’azienda, in assenza di “elementi intrinseci” dell’atto soggetto a registrazione, da cui si evinca una diversa volontà delle parti.
Il suddetto principio è stato ribadito anche con sentenza n. 7495/2024, ove la Cassazione ha statuito che: “Anche in caso di cessione totalitaria della partecipazione al capitale di una società di persone o di capitali, l’imposta di registro deve essere sempre liquidata in misura fissa, ai sensi dell’art. 11 della tariffa, parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, essendo preclusa all’Amministrazione Finanziaria – in assenza di elementi extra-testuali o atti collegati – la riqualificazione della fattispecie nei termini di cessione indiretta di azienda, in forza dell’art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, restando estraneo a tale contratto, in coerenza con la sua intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, il trasferimento dell’azienda appartenente alla società di persone o di capitali”.
Detto in altri termini, la posizione dei giudici di vertice è nel senso che l’imposta di registro (in ossequio a quanto previsto dall’articolo 20, D.P.R. 131/1986) debba essere applicata secondo la natura intrinseca e gli effetti giuridici dell’atto soggetto a registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, basandosi sugli elementi desumibili dall’atto stesso e prescindendo da quelli extra-testuali e da quelli ad esso collegati.
Pertanto, la cessione totalitaria di partecipazioni al capitale di una società di capitali o di persone contenuta in un solo atto sottoposto a registrazione deve scontare l’imposta di registro in misura fissa (prevista per l’appunto nei casi di cessioni di quote sociali, e non l’imposta proporzionale come in caso di cessione d’azienda) e, inoltre, l’eventuale riqualificazione deve basarsi su elementi intrinseci alla operazione medesima.
Infine, con sentenza n. 7613/2024 la suprema Corte, nel ribadire il suddetto principio, ha ulteriormente precisato che, ai fini dell’imposta di registro, non è possibile riqualificare la cessione totalitaria di quote sociali in cessione indiretta d’azienda, anche nel caso in cui nell’atto portato alla registrazione siano previste, a latere del prezzo, una “clausola di indemnity” (garanzia assicurativa mediante il versamento di un’indennità che compensi l’eventuale plusvalenza o minusvalenza) o una “clausola di price adjustment” (modifica del prezzo pattuito), in seguito al verificarsi di eventi che incidano in più o in meno sul valore del patrimonio netto della società sulla base del quale è stato determinato il corrispettivo originario delle partecipazioni oggetto di cessione.
In definitiva, secondo la Cassazione, tali clausole non modificano l’oggetto del contratto, non potendosi considerare, tali pattuizioni, come “elementi interni” all’atto, idonee a legittimare la riconfigurazione dello stesso come cessione d’azienda e, conseguentemente, determinare l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, anziché fissa.