17 Gennaio 2020

Cessioni di terreno con fabbricato da demolire: regime Iva

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

In ambito Iva, la cessione di un terreno che, al momento della vendita, incorpori un fabbricato da demolire non può essere qualificata come cessione di “terreno edificabile” laddove la demolizione risulti essere un’operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non formi, con quest’ultima, un’unica operazione, e ciò anche se l’intenzione delle parti era quella di demolire totalmente o parzialmente il fabbricato esistente per fare posto ad un nuovo edificio.

Queste sono le conclusioni cui è giunta la Corte di Giustizia UE con la sentenza 04.09.2019, n. C-71/18.

Nel caso esaminato dai Giudici unionali una società di diritto danese acquistava un terreno da un’Autorità portuale, unitamente ad un deposito esistente su quest’ultimo. Successivamente, la società vendeva il terreno unitamente al deposito ad altra società; gli accordi contrattuali tra le parti subordinavano la cessione alla condizione che la venditrice si impegnasse a progettare, a costruire e a fornire “chiavi in mano” alcune unità abitative sul terreno in questione, mentre era previsto che la parte acquirente dovesse realizzare la demolizione parziale del deposito esistente (a sue spese e rischi), preservando soltanto la parte centrale della facciata e parti delle strutture industriali di quest’ultimo.

All’interpello posto dalla società venditrice, concernente la non assoggettabilità ad Iva dell’operazione di cessione del terreno e del soprastante deposito, l’Amministrazione finanziaria danese rispondeva negativamente.

La Corte di Giustizia, interpellata sul caso, ha statuito invece che, nell’ipotesi in questione, le due operazioni (vendita del terreno e demolizione del fabbricato) sono economicamente indipendenti e, pertanto, non formano un’unica prestazione la quale, quindi, non può essere automaticamente considerata come “vendita di terreno edificabile”.

Solo quando sussistono delle circostanze oggettive le operazioni in questione possono essere qualificate come cessioni di terreni edificabili. Ad esempio, nel caso trattato dalla sentenza 19 novembre 2009, C-461/08, la Corte di Giustizia aveva dichiarato che l’oggetto economico perseguito dal venditore e dall’acquirente del bene immobile consisteva nella cessione di un terreno pronto a essere edificato e, a tal fine, aveva osservato che il venditore era incaricato della demolizione del fabbricato esistente sul fondo in questione e che il costo di tale demolizione era stato sopportato, almeno in parte, dall’acquirente.

Inoltre, e sempre nel caso della sentenza citata da ultimo, alla data della cessione della proprietà, la demolizione del fabbricato era già iniziata.

Alla luce di tali circostanze, la Corte aveva qualificato la cessione del bene immobile in questione nonché la demolizione del fabbricato esistente come un’unica operazione di cessione di un terreno non edificato.

Inoltre, esaminando la giurisprudenza “comunitaria” (v. sentenze 12 luglio 2012, C-326/11, e 17 gennaio 2013, C-543/11), emerge che, tra gli elementi oggettivi da prendere in considerazione ai fini della qualificazione di un’operazione in ambito Iva, figurano, ad esempio:

  • lo stato di avanzamento, alla data di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un fabbricato, dei lavori di demolizione o di trasformazione effettuati dal venditore;
  • l’uso di tale proprietà alla stessa data;
  • l’impegno del venditore alla realizzazione dei lavori di demolizione al fine di permettere una costruzione futura.

Invece, nel caso della sentenza Corte di Giustizia UE con la sentenza 4 settembre 2019, n. C-71/18, la cessione del fabbricato era avvenuta senza che fossero iniziati i lavori di demolizione e, inoltre, questi ultimi sarebbero stati eseguiti solo dal successivo acquirente del terreno.

Venendo al panorama nazionale italiano va detto che l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 28/E/2011, aveva risposto ad un quesito posto da una società proprietaria di un’area sulla quale insisteva un complesso immobiliare industriale dismesso (censito al Catasto Fabbricati in categoria catastale “D”); l’istante stipulava con il Comune una convenzione urbanistica per l’attuazione di un Piano Integrato di Intervento volto alla riqualificazione urbana del complesso industriale, con realizzazione di nuove volumetrie residenziali e commerciali e l’abbattimento totale di quelle esistenti, e richiedeva all’Amministrazione finanziaria quale fosse il regime Iva applicabile nel caso in cui avesse deciso di alienare il complesso immobiliare ad un terzo senza attuare direttamente quanto sottoscritto con la richiamata convenzione e senza che fossero iniziati i lavori di demolizione e bonifica previsti.

Al riguardo, l’Agenzia rispondeva che il regime di tassazione ai fini Iva è strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto; rileva, dunque, lo stato di fatto e di diritto del bene all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell’acquirente. Alla luce di tale principio, la fattispecie prospettata dal contribuente veniva qualificata dal Fisco come cessione di “immobile strumentale”.

Al contrario (ma va precisato che la pronuncia si riferisce al mondo delle imposte sui redditi), l’Agenzia delle Entrate – con la risoluzione 395/E/2008 – aveva puntualizzato che la compravendita di fabbricati rientranti in un piano di recupero (che riconosceva la possibilità di sviluppare, incrementandole, le cubature esistenti) era da riqualificarsi come cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria sui quali gli stessi fabbricati insistono.

Nel caso di specie, infatti, era stato ritenuto che l’oggetto della compravendita non fossero più i fabbricati, i quali erano ormai privi di effettivo valore economico, bensì l’area su cui gli stessi insistevano, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatoria in corso di definizione.

Sempre in ambito nazionale, va evidenziato che sul tema si è recentemente pronunciata anche la Corte di Cassazione (v. sentenza n. 5088 del 21.02.2019), pur se sempre con riferimento all’Irpef e alla tassazione delle plusvalenze, la quale ha chiarito che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni.

Alla luce di quanto precede risulta evidente come le operazioni immobiliari che prevedono la cessione dei terreni unitamente ad un fabbricato destinato ad essere demolito vadano sempre attentamente strutturate, anche sotto il profilo contrattuale, al fine di individuare il corretto regime tributario applicabile alla compravendita.

Ad ogni modo, il principio generale che si può trarre dalla sentenza europea 4 settembre 2019, n. C-71/18 è che la semplice valutazione dell’intenzione delle parti, esplicitata in sede di stesura contrattuale, non può assumere, di per sé, rilevanza prevalente rispetto alle caratteristiche oggettive dell’operazione immobiliare.

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