I chiarimenti del MEF sulla quota variabile della TARI
di Angelo GinexPer le pertinenze dell’abitazione la quota variabile della tassa sui rifiuti (TARI) deve essere computata una sola volta unitamente all’abitazione, in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica. È questo il chiarimento fornito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) con circolare n. 1/DF del 20 novembre 2017, a seguito della notevole risonanza che ha avuto sui vari mezzi di informazione la relativa questione.
Innanzitutto, si evidenzia che nella circolare citata il MEF ha rammentato la normativa in materia, evidenziando, in ordine alla determinazione della tariffa, che quest’ultima è costituita, ai sensi del D.P.R. 158/1999:
- da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio,
- e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti.
In relazione alla questione innanzi prospettata, è essenziale soffermarsi sul contenuto della locuzione di utenza domestica, la quale deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze.
Sul punto, giova richiamare anche quanto riportato nell’articolo 16 Prototipo di Regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi possono ritenersi applicabili anche relativamente alla TARI, il quale prevede che “la quota fissa della tariffa per le utenze domestiche è determinata applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne costituiscono pertinenza le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti …”.
Pertanto, la quota fissa di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio sommata a quella delle relative pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa.
Ciò posto, con riferimento alle pertinenze dell’abitazione, è corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica (abitazione + pertinenze).
Un diverso modus operandi da parte dei Comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della TARI.
Inoltre, si osserva che le pertinenze non possono ragionevolmente essere contraddistinte da una potenzialità di rifiuti superiore a quella che si può attribuire alle abitazioni e che, così procedendo, il nucleo familiare, che costituisce un parametro per la definizione della parte variabile, verrebbe preso in considerazione due volte.
Pertanto, laddove il contribuente riscontri un errato computo della parte variabile effettuato dal Comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, lo stesso può richiedere il rimborso del relativo importo, solo relativamente alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la TARI è stata istituita quale componente dell’imposta unica comunale (IUC) posta a carico dell’utilizzatore per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Non è possibile, quindi, chiedere il rimborso relativamente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), essendo quest’ultima governata da regole diverse da quelle della TARI, che non prevedevano, tranne in casi isolati, la ripartizione della stessa in quota fissa e variabile.
Né si può procedere alla richiesta di rimborso laddove i Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, hanno introdotto in luogo della TARI, una tariffa avente natura corrispettiva, in applicazione dell’articolo 1 Legge 147/2013.
Per quanto riguarda, infine, l’istanza di rimborso, si rileva che la stessa:
- deve essere proposta, a norma dell’articolo 1 Legge 296/2006, entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento;
- non richiede particolari formalità, potendo essere presentata in forma libera;
- deve contenere tutti i dati necessari a identificare il contribuente, l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso, nonché i dati identificativi della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo della TARI.