Chiarimenti con dubbi nei casi di omessa presentazione del modello EAS
di Luca CaramaschiLo scorso 29 settembre, con la risposta fornita in occasione di una interrogazione parlamentare, la n. 5-09617, l’Agenzia delle entrate si è pronunciata in merito all’adempimento telematico che gli enti non commerciali devono osservare entro 60 giorni dalla data di costituzione, qualora intendano mantenere le agevolazioni previste per tale comparto tanto ai fini redditi quanto ai fini Iva. Si tratta del modello EAS, ovvero dell’obbligo istituito dall’articolo 30 del D.L. 185/2008. Dal punto di vista soggettivo è bene ricordare che l’obbligo di trasmissione del modello EAS, al netto delle specifiche esclusioni previste dalla norma, interessa anche le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro (le cosiddette SSD), le quali, pur trattandosi di società di capitali contemplate alla lettera a) dell’articolo 73, comma 1, del Tuir, possono beneficiare anch’esse, ai sensi dell’articolo 90 della L. 289/2002, delle agevolazioni tributarie previste per le associazioni sportive dilettantistiche comprese quelle recate dall’articolo 148, commi 3 e seguenti, del Tuir.
Il chiarimento di maggior rilievo fornito dall’Agenzia riguarda i termini di presentazione del modello e in particolare, le conseguenze che derivano dalla mancata trasmissione entro i termini ordinariamente previsti. Con l’interrogazione parlamentare in commento, infatti, l’Agenzia delle entrate precisa che “il termine fissato per la presentazione del modello EAS non ha carattere perentorio”.
Tale affermazione appare decisamente rilevante posto che il tema della fruibilità delle agevolazioni contemplate dagli articoli 148 del Tuir e 4 del decreto Iva, in assenza di trasmissione del modello, è questione che ha interessato non poche verifiche eseguite nel corso degli ultimi anni. La principale contestazione consisteva infatti nella impossibilità, per l’ente che non aveva trasmesso il modello EAS entro i 60 giorni dalla data di costituzione, di fruire delle richiamate agevolazioni, come sostenuto da taluni verificatori. Tale conclusione, pur apparendo decisamente sproporzionata ed iniqua rispetto agli obiettivi perseguiti dalla norma, trovava tuttavia una sua apparente giustificazione in una previsione normativa formulata in modo tale da non lasciare spazio a differenti interpretazioni. Va quindi apprezzata, anche se decisamente tardiva, la risposta fornita dall’Agenzia che, opportunamente, rileva come la presentazione del modello EAS oltre i termini sopra precisati, non preclude definitivamente all’ente di tipo associativo di avvalersi del regime agevolato, bensì impedisce l’applicazione del regime di favore alle sole attività realizzate in data precedente la data di presentazione del modello stesso.
Per evitare l’insorgere di future contestazioni in sede di verifica, così come per mettere fine alle contestazioni in corso, appare quindi opportuno che il chiarimento fornito dall’Agenzia in sede parlamentare venga presto ufficializzato in uno specifico documento di prassi, al fine di dare le opportune indicazioni agli Uffici in merito alle loro attività di verifica.
Risolta la questione relativa alla natura del termine di presentazione del modello, un altro passaggio contenuto nella risposta fornita in occasione della recente interrogazione parlamentare merita di essere evidenziato. Quello nel quale l’Agenzia chiarisce che l’onere (non è, infatti, un obbligo) di trasmissione del modello EAS è previsto anche per quegli enti associativi (e per le società sportive dilettantistiche) che “si limitano a riscuotere quote o contributi associativi disciplinati dal comma 1 dell’articolo 148 del Tuir”. Sul punto va spesa qualche considerazione.
Con la circolare 12/E/2009 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, al fine di avvalersi delle disposizioni di cui ai menzionati articoli 148 del Tuir e 4 del decreto Iva, e quindi escludere da imposizione i contributi, le quote e i corrispettivi, gli enti non commerciali devono possedere “i requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria”.
Per interpretare correttamente tale affermazione e quindi valutare le conseguenze che derivano dalla omessa trasmissione del modello EAS appare necessario, a parere di chi scrive, operare una distinzione tra le diverse disposizioni contenute nell’articolo 148 del Tuir (e nel correlato articolo 4 del decreto Iva).
Da un lato vi è la previsione contenuta nel comma 1 dell’articolo 148 del Tuir che dispone l’irrilevanza fiscale delle quote o contributi associativi da parte degli associati dell’ente (disposizione questa che risulta assente nel richiamo operato alle società di capitali sportive dilettantistiche, proprio in ragione della specifica natura di tali soggetti). Dall’altro vi sono le “agevolazioni” previste dal successivo comma 3 dei citato articolo, che prevedono la decommercializzazione dei proventi specifici corrisposti dagli associati di talune tipologie di associazioni in relazione ad attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.
Mentre nel primo caso i requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria, al fine di consentire l’irrilevanza fiscale per l’ente delle quote associative, attengono unicamente alla qualificazione dell’ente associativo come “ente non commerciale” e null’altro, nel secondo caso (non commercialità dei corrispettivi specifici) trattasi di un vero e proprio regime di favore che per essere beneficiato richiede il verificarsi di condizioni ben precise, quali la forma dello statuto nonché la presenza in esso di ben definite clausole. Avendo ben presente tale distinzione, diventa ancor più chiara la portata del chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate che mai in precedenza, su tale punto, aveva svolto considerazioni così esplicite.
In termini concreti ciò dovrebbe significare che un ente di tipo associativo che non trasmette il modello EAS nei termini (considerando anche la possibile fruizione dell’istituto della remissione in bonis per regolarizzare il tardivo adempimento) perde irrimediabilmente la qualifica di “ente non commerciale”, non ritendo possibile concludere che l’ente possa considerare commerciali le entrate derivanti dalle quote associative senza perdere tale qualifica.
La soluzione consistente nella riqualificazione dell’ente non commerciale in ente commerciale, peraltro, non è in sintonia con il precedente chiarimento riguardante la perentorietà del termine fissato per l’invio del modello, atteso che la mancata trasmissione nei termini “innesca” a parere di chi scrive una via di non ritorno, non essendo pensabile che l’ente riassuma la qualifica di “ente non commerciale” a partire dal momento in cui ritrasmette il modello EAS.
Se tuttavia sono queste le conclusioni a cui perviene l’Agenzia, non si può non rilevare come tali situazioni comportino una evidente sperequazione rispetto, ad esempio, alle società di capitali sportive dilettantistiche che come detto non risultano interessate da tale previsione; così come il risultato della riqualificazione della natura dell’ente quale conseguenza dell’omessa trasmissione del modello EAS, pare esondare dagli obiettivi perseguiti dalla norma istitutiva, posto che a seguito delle modifiche apportate all’articolo 30 del D.L. 185/2008 in sede di conversione (L. 2/2009), non è mai entrata in vigore la versione che disponeva l’automatica “esclusione dai benefici fiscali” nei casi di mancanza dei presupposti previsti dalla normativa vigente.
È quindi auspicabile che l’Agenzia delle entrate, magari in sede di recepimento delle considerazioni esposte nella risposta alla citata interrogazione parlamentare, intervenga per precisare quali siano le reali e concrete conseguenze che si verificano in caso di mancata trasmissione del modello EAS. Certamente, ricondurre le conseguenze della omissione alla sola invalidazione del regime di favore previsto dal comma 3 dell’articolo 148 del Tuir, senza quindi toccare il tema della riqualificazione dell’ente, potrebbe essere una soluzione.
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