25 Febbraio 2014

Chiusura bilanci e rinunce ai crediti

di Giovanni Valcarenghi
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Si avvicina, galoppando, il termine per la chiusura dei bilanci dell’esercizio 2013 che, si teme, non brilleranno certo per risultati rilevanti; anzi, probabilmente torneranno alla ribalta i soliti problemi delle perdite, della loro copertura e delle possibili influenze negative sulla conservazione del capitale.

Una via di fuga sempre utilizzabile è quella dell’intervento dei soci, che potrebbero avere già apportato nelle casse della società dei denari, a suo tempo qualificati come finanziamento, più o meno infruttifero, secondo le specifiche esigenze.

Tali prestiti sono stati collocati tra i debiti della società e, per inciso, contribuiscono a peggiorare il rating con il sistema bancario, rappresentando ad ogni effetto una passività, con termine di scadenza più o meno lungo a seconda degli accordi intrapresi.

I noti effetti limitativi della c.d. “postergazione” (vale a dire la impossibilità di restituzione di tali prestiti fino alla regolazione delle altre passività sociali, alla condizione che i medesimi siano stati erogati in un momento di squilibrio finanziario della società o quando era maggiormente opportuno un apporto e non un finanziamento) rendono poco credibile la possibilità di mantenere elevate le speranze di restituzione; si potrebbe allora ipotizzare di rinunciare alla restituzione, con conseguente incremento del patrimonio netto della società.

Della tematica si è recentemente occupato il documento OIC 28, nella versione revisionata, sia pure ancora in attesa di una validazione ufficiale. Il richiamato documento, in relazione alla specifica casistica, prevede proprio uno specifico paragrafo (il numero 50) ove si ha modo di evincere che: La rinuncia del credito da parte del socio – che si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società – è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio. Pertanto, in tal caso la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale.

Dalle indicazioni si evincono due precisi concetti:

  • la rinuncia richiede un atto di formalizzazione da parte del socio, che potrebbe “materializzarla” semplicemente inviando un apposito documento alla società, nel quale esprime la propria volontà;
  • la rinuncia, inoltre, determina un incremento “diretto” del patrimonio netto, costringendo, così, anche i più recalcitranti, ad abbandonare la idea che possa emergere una sopravvenienza attiva (con l’evidente effetto che, a fronte di un incremento sia pure indiretto del patrimonio, si migliorerebbe anche performance della società nell’esercizio).

La rinuncia, poi, impone di comprendere sotto quale veste la posta emerga nel patrimonio netto, posto che il paragrafo 17 del nuovo OIC 28 propone questa classificazione delle riserve per apporti effettuati dai soci, in relazione alla loro destinazione:

  • “Versamenti in conto aumento di capitale” che rappresentano una riserva di capitale, con un preciso vincolo di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio;
  • “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” che rappresentano una riserva di capitale avente uno specifico vincolo di destinazione, nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;
  • “Versamenti in conto capitale” che rappresentano una riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale;
  • “Versamenti a copertura perdite” effettuati dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione.

Per chi non avesse, invece, presenza di finanziamenti soci cui rinunciare per “limitare” l’impatto delle perdite sofferte nel 2013, va ricordato che risulta ormai pacificamente ammissibile un apporto realizzato nel 2014, sia pure prima della approvazione del bilancio. I conti del 2013 continueranno ad evidenziare il risultato negativo (con ovvie problematiche da gestire con gli istituti di credito) ma, quantomeno, si riuscirà ad evitare (ove fosse necessaria) la procedura di ripianamento delle perdite con l’intervento del notaio.