Chiusura liti pendenti, conciliazione giudiziale e accordo transattivo: restituzione delle somme
di Gianfranco AnticoLa L. 197/2022 ha messo in campo diversi istituti deflattivi, che ancora oggi, per effetto dell’allungamento dei termini operato dal D.L. 34/2023, conv. con modif. in L. 56/2023, possono essere utilizzati.
Chiusura liti pendenti, conciliazione giudiziale e accordo transattivo sono, quindi, ancora fino al 30 settembre 2023, oggetto di valutazione da parte dei contribuenti e professionisti che li assistono.
Ovviamente, le tre ipotesi di definizione sopra indicate presuppongono il pagamento di determinate somme di denaro, in alcuni casi legati allo stato del contenzioso (definizione liti), ovvero all’accordo raggiunto (conciliazione giudiziale e definizione transattiva delle controversie pendenti in Cassazione).
In ogni caso, tutte e tre gli istituti escludono la possibilità di provvedere al pagamento attraverso la compensazione, di cui all’articolo 17 D.Lgs. 241/1997.
Invece, il legislatore ha previsto delle regole parzialmente diverse nelle ipotesi in cui i contribuenti, per chiudere le controversie – tenendo conto di quanto hanno già versato – paghino più di quanto effettivamente dovuto.
Vediamo, quindi, cosa è previsto per le diverse ipotesi sopra indicate.
La definizione agevolata, disciplinata nei commi da 186 a 205, dell’articolo 1 L. 197/2022, permette di chiudere le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti – alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 – in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da definire.
Il Provvedimento prot. n. 30294 del 01.02.2023 del Direttore dell’Agenzia delle entrate ha approvato il modello per la presentazione telematica della domanda di adesione alla definizione agevolata delle liti pendenti, reso disponibile sul sito internet dell’Agenzia delle entrate, unitamente alle relative istruzioni, che fornisce le indicazioni per la determinazione degli importi dovuti per la definizione.
Il comma 186, dell’articolo 1 L. 197/2022, prevede che la definizione avvenga con il pagamento di un determinato importo rapportato al valore della controversia, stabilito in base a quanto previsto dall’articolo 12, comma 2, D.Lgs. 546/1992, secondo cui «Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste».
Al valore della controversia, come sopra individuato, si applicano le percentuali di riduzione stabilite dai commi da 186 a 191, dell’articolo 1 L. 197/2022, in relazione allo stato e al grado in cui pende la controversia medesima.
Tuttavia, se dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa (articolo 1, comma 196, L. 197/2022).
In alternativa alla definizione agevolata sopra vista, i commi da 206 a 212 dell’articolo 1 L. 197/2022, prevedono la possibilità di definire le controversie tributarie mediante la sottoscrizione di un accordo conciliativo fuori udienza, con il beneficio di una riduzione delle sanzioni ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (indipendentemente dallo stato del contenzioso) e l’ulteriore vantaggio di un’ampia rateazione degli importi dovuti.
Per effetto del combinato disposto del comma 206, dell’articolo 1 L. 197/2022 e dell’articolo 17, comma 2, D.L. 34/2023, conv. con modif. in L. 56/2023, l’istituto definitorio interessa le controversie pendenti – di fatto – al 15 febbraio 2023, per le quali le parti provvedono, entro il 30 settembre 2023, alla sottoscrizione dell’accordo conciliativo di cui all’articolo 48 D.Lgs. 546/1992.
Dagli importi dovuti a titolo di conciliazione vanno computate in diminuzione le eventuali somme versate dal contribuente a titolo di iscrizione provvisoria.
Qualora le somme già versate in pendenza del giudizio siano di ammontare superiore rispetto a quanto dovuto per la conciliazione agevolata, in assenza di una espressa preclusione normativa, può essere rimborsata la differenza (cfr. circolare 9/E/2023, paragrafo 4, così come peraltro per la conciliazione giudiziale a regime).
Infatti, già con la circolare 235/E/1997 (par.4), è stato evidenziato che il testo riformulato dell’articolo 48, D.Lgs. 546/1992, “non contiene più la disposizione secondo la quale la conciliazione non dà, comunque, luogo alla restituzione delle somme già versate all’ente impositore”.
E questo vale per tutte le soluzioni conciliative.
Infine, il comma 213, dell’articolo 1 L. 197/2022, in alternativa alla chiusura delle liti pendenti, prevede che nelle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023, innanzi alla Corte di Cassazione ai sensi dell’articolo 62 D.Lgs. 546/1992, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, il ricorrente può rinunciare al ricorso principale o incidentale a seguito della intervenuta definizione transattiva con la controparte, di tutte le pretese azionate in giudizio.
La definizione transattiva – prima volta che viene utilizzato il termine transattivo nell’ambito degli istituti deflativi – si perfeziona con la sottoscrizione e con il pagamento integrale delle somme dovute entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo intervenuto tra le parti.
La rinuncia agevolata non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione transattiva (comma 216, dell’articolo 1 L. 197/2022).