Circolare dell’Agenzia delle entrate sugli enti sportivi: luci e ombre
di Guido MartinelliLa circolare AdE 18/E/2018 sulle associazioni e società sportive dilettantistiche se, da un lato, offre e precisa punti importanti della disciplina giuridico – fiscale di tali enti, continua a lasciare alcune zone oscure sulle quali vorremmo soffermarci.
Ad esempio, sulla disciplina di cui alla L. 398/1991 afferma: “in presenza di comportamento concludente del contribuente e di regolare comunicazione all’agenzia delle entrate dell’opzione per il regime di cui alla legge 398/91, la mancata presentazione della comunicazione alla Siae non comporta la decadenza dal regime agevolativo in esame, non avendo la stessa comunicazione natura costitutiva ai fini della fruibilità dello stesso”. Sembrerebbe quindi che il comportamento concludente possa sanare, con il pagamento della sanzione, solo l’eventuale mancata comunicazione alla Siae ma non la mancata comunicazione alla Agenzia delle entrate. Ciò comporterebbe che il comportamento concludente, in assenza di entrambe le comunicazioni, non consentirebbe di legittimare l’applicazione della L. 398/1991. Si ritiene abnorme questa conclusione e, pertanto, un ulteriore chiarimento sul punto appare auspicabile.
L’Agenzia, in seguito, afferma che, dal momento in cui entrerà in vigore il titolo X del codice del terzo settore, le Federazioni sportive nazionali (e, di conseguenza le discipline sportive associate e gli enti di promozione sportiva) non potranno più applicare la L. 398/1991. Ciò in quanto, non essendo associazioni e società sportive dilettantistiche, il presupposto che oggi legittima l’applicazione di tale norma, ossia l’articolo 9 bis L. 66/1992 sarà definitivamente abrogato. Se tale affermazione può essere condivisa, (ma creerà molti problemi a non poche strutture territoriali di enti di promozione sportiva che utilizzano in maniera massiccia tale legge) tutti da approfondire appaiono i passaggi logici successivi.
Infatti dallo stesso periodo di imposta scatterà anche la novella all’articolo 148 Tuir.
E se per l’Agenzia delle entrate le Federazioni non sono considerate equiparate alle associazioni sportive ai fini della L. 398/1991 non potranno esserlo neanche ai fini dell’articolo 148, comma 3, Tuir.
Questo che conseguenza avrà sulla disciplina fiscale dei proventi delle affiliazioni, dei tesseramenti e delle varie quote gara versate dai partecipanti a vario titolo alle attività dalle stesse indette? Se per le Federazioni il riconoscimento pubblicistico del tesseramento e delle affiliazioni potrebbe “aiutare” ad evitare interpretazioni tese all’applicazione di imposizione sui corrispettivi versati a tali enti, per le discipline sportive associate e gli enti di promozione sportiva qualche ulteriore approfondimento sul punto parrebbe opportuno.
Il documento di prassi amministrativa affronta, poi, lo spinoso tema del trattamento fiscale della cessione verso corrispettivo del diritto alla prestazione sportiva dell’atleta (la disciplina rimane valida sia in caso di cessione a tempo determinato – c.d. prestito – sia di cessione a titolo definitivo)
Secondo l’Agenzia questa operazione rientrerebbe tra quelle per le quali potrà trovare applicazione l’articolo 148, comma 3, Tuir, sempreché l’atleta abbia svolto nell’ambito dell’associazione o società sportiva dilettantistica non lucrativa cedente un’effettiva attività svolta ad apprendere e migliorare la pratica sportiva dilettantistica.
Già questa affermazione complica non poco il profilo operativo di queste operazioni. Infatti, secondo l’Agenzia, deve escludersi la ricorrenza del requisito della diretta attuazione degli scopi istituzionali nel caso di cessioni aventi finalità meramente speculative come nel caso in cui il diritto alla prestazione sportiva sia stato precedentemente acquistato e successivamente rivenduto senza che l’atleta sia stato sostanzialmente coinvolto dall’ente nell’attività formativa e di crescita nell’ambito della pratica sportiva dilettantistica. In tal caso, la cessione assume rilevanza reddituale ai fini Ires nella misura in cui integra la realizzazione di una plusvalenza ai sensi dell’articolo 86 Tuir.
Ma i problemi irrisolti sono ulteriori. Infatti sappiamo che l’applicazione della disciplina in esame è subordinata alla presentazione del modello Eas e all’adeguamento dello statuto ai principi di cui al comma 8 della norma in oggetto.
Ebbene, in una “compravendita” di diritti sugli atleti questi presupposti devono essere presenti in entrambe le parti? E se così fosse, ognuna, per poter giustificare in caso di accertamento la defiscalizzazione, dovrà poter dimostrare il possesso dei citati requisiti da parte dell’altra? E nel caso di risposta affermativa come?
Ma la nebbia si infittisce trasferendo la problematica sotto il profilo dell’Iva.
Infatti non può essere dimenticato che l’articolo 4 L. 398/1991, mai abrogato, prevede letteralmente che: “le cessioni dei diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate dalle associazioni sportive di cui alla presente legge [e dalle società sportive, aggiungiamo noi, per il richiamo di cui all’articolo 90, comma 1, L. 289/2002] sono soggette all’imposta sul valore aggiunto con aliquota del 9 per cento”.
Quindi tale cessione, ferma l’applicazione riconosciuta dell’articolo 148 Tuir, sarà da assoggettare o meno ad Iva? Un ulteriore chiarimento sarebbe opportuno.
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