Circolare n. 9/E: Chiarimenti operativi sul foreign tax credit
di Maria Paola CattaniIl Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni concede agli Stati la libera scelta tra il metodo dell’esenzione e in quello del credito d’imposta, quali metodi con cui sanare la doppia imposizione che tipicamente si verifica tra Stato della fonte del reddito estero e Stato della residenza del soggetto che lo percepisce. L’Italia ha adottato il metodo del credito d’imposta, regolato dall’art. 165 Tuir ed applicabile a tutti i soggetti Irpef ed Ires, anche in caso di assenza di Convenzione. La Circolare n. 9/E del 5 marzo 2015 ne analizza tutti gli aspetti, ripercorrendo praticamente comma per comma l’articolo con taglio operativo e fornendo precisazioni ed esempi numerici.
In prima istanza, iniziando l’esame dal comma 1 dell’articolo, viene analizzata la natura dell’istituto ed i presupposti della sua applicabilità, in particolare in caso di assenza di Convenzione contro le doppie imposizioni. Difatti, perché risulti applicabile la norma è necessario che, congiuntamente, si verifichino le tre condizioni: di produzione di un reddito all’estero; di concorso di quel reddito al reddito complessivo del soggetto (che cambiano, appunto, se in vigenza di Convenzione o meno) ed, infine, della definitività del pagamento delle imposte estere.
L’Agenzia analizza pertanto il concetto “interno” di produzione del reddito in base al comma 2, ovvero sia in assenza di Convenzione, che si basa sulla lettura “a specchio” dell’art. 23 Tuir e che computa quindi nel reddito complessivo i redditi, singolarmente considerati, con criteri reciproci rispetto a quelli italiani, in base a ogni distinta categoria reddituale individuata dall’art. 23. Questo comporta che alcuni redditi non potranno essere qualificabili come “redditi prodotti all’estero”, perché manca una speculare categoria italiana (si pensi ad esempio ai redditi di natura commerciale, che in assenza di stabile organizzazione non sono qualificabili come redditi d’impresa), con la conseguente inapplicabilità dell’art. 165. In questo caso l’Agenzia ammette che le imposte estere pagate potranno essere dedotte come componenti negativi dal reddito, in quanto inerenti. Anche sul presupposto della definitività, sempre intesa come “irripetibilità”, viene fornita qualche precisazione, in ordine al momento in cui questa si concretizza (per versamento, a prescindere dalla relativa certificazione) e quando è necessario rettificare i conteggi, in ordine alla documentazione da conservare, in ordine al cosiddetto matching credit figurativo previsto eccezionalmente da alcune Convenzioni.
Viene quindi approfondito l’esame del comma 1, congiuntamente al comma 4, con qualche esempio di calcolo del rapporto in base al quale determinare la quota di imposta fino alla cui concorrenza si può detrarre le imposte estere dall’imposta netta italiana dovuta, anche qualora la definitività dell’imposta di concretizzi in un periodo diverso da quello in cui il reddito estero ha concorso alla formazione del reddito complessivo, nei casi di pagamento frazionato o di rimborso od in caso di omessa dichiarazione dei redditi esteri (comma 8), circostanza per la quale la Circolare ammette la possibilità di presentare dichiarazione integrativa a sfavore per sanare la violazione.
Anche il comma 3, che sancisce il principio della “per country limitation”, ovverosia della detraibilità separata dell’imposta relativa a ogni singolo Stato estero in cui vengano prodotti i redditi, è oggetto di specifici esempi numerici sul calcolo, così come viene esaminato il caso di concorso parziale del reddito estero alla formazione del reddito complessivo (comma 10) e che determina la necessità di ridurre proporzionalmente anche la relativa imposta estera detraibile: si pensi al caso di distribuzione di dividendi di fonte estera.
Anche la rettifica delle dichiarazioni in caso di accertamento viene contemplato come ipotesi di possibile variazione della detraibilità di imposta, con specifici esempi numerici ad esemplificazione di quanto contemplato nel comma 7, a seconda che il maggior reddito estero rideterminato assuma rilievo o meno anche in Italia ed in base al fatto, in tale seconda circostanza, che in Italia sia scaduto o meno il termine per l’accertamento.
Particolare attenzione è stata dedicata ai commi 5 e 6, che contengono le specifiche disposizioni per le imprese che producono redditi esteri, dirette a mitigare le distorsioni derivanti dai disallineamenti tra la norma domestica e quella dello Stato della fonte. Il comma 5 consente infatti, per i redditi d’impresa prodotti all’estero mediante stabili organizzazioni, di calcolare la detrazione dall’imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo non è ancora avvenuto ma è previsto avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo. La Circolare prevede che qualora ciò non avvenga, subentri l’obbligo di riliquidare l’imposta e versare quanto effettivamente dovuto con interessi e sanzioni calcolati dal giorno di scadenza del pagamento dell’imposta originariamente dovuta.
Il comma 6, invece, che prevede il meccanismo del “riporto” delle eccedenze, indietro e avanti (i cc.dd. “carry back” e “carry forward”), sia in caso di eccedenza di imposta estera rispetto alla quota di imposta italiana sullo stesso reddito estero, sia delle eccedenze di imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo, viene esemplificato con diversi esempi. Questo meccanismo prevede la possibilità di riportare avanti e indietro, complessivamente per sedici esercizi, il foreign tax credit in caso di incapienza dell’imposta italiana, sia per le imprese residenti, sia per le stabili organizzazioni in Italia di società estere: sono esemplificati anche i casi in cui l’impresa abbia prodotto all’estero redditi tassabili (e tassati), ma che in Italia abbiano assunto valore pari a zero o negativo ed il caso in cui l’impresa abbia realizzato perdite (coeve o pregresse computate a riporto) nella gestione italiana.
Specifico esame è dato inoltre al principio della per country limitation nel computo delle eccedenze, da calcolare, appunto, separatamente per ciascuno Stato estero, con il vincolo che in ogni caso il totale dei crediti non può, comunque, eccedere l’imposta netta italiana di periodo: in questo caso, la Circolare consente al contribuente di procedere alla “allocazione discrezionale” del credito e delle eccedenze tra i vari Stati, sempre nel rispetto del limite della per country limitation, che determina, quindi, che a ogni Stato non venga attribuita una detrazione maggiore di quella massima spettante, né un’eccedenza di imposta estera maggiore rispetto alle imposte estere effettivamente pagate in quello Stato.
Infine, chiude la corposa Circolare la trattazione della fruizione del credito per imposte estere da parte delle stabili organizzazioni, sia in caso vi sia coincidenza con il periodo di imposta della casa madre, sia che tale coincidenza non vi sia, con il chiarimento che per le stabili di imprese italiane che pagano imposte in un Paese terzo (ad esempio, un’impresa italiana con stabile in Francia che percepisce royalties soggette a ritenuta in Germania), il credito per le imposte pagate nello Stato di localizzazione è riconosciuto al lordo degli eventuali crediti di imposta ivi concessi per le imposte pagate nel Paese terzo.