Clausole di parziale intrasferibilità di partecipazioni
di Fabio LanduzziIn alcune particolari situazioni, potrebbe essere di interesse dei soci di società di capitali evitare che si possa ricorrere ad un disinvestimento solo parziale delle partecipazioni possedute dai soci, e che perciò il socio uscente possa avere solo l’alternativa tra conservare la propria partecipazione per intero oppure alienarla ma sempre e solo per il 100% della stessa.
Se a questa previsione si aggiungesse anche il divieto di alienare la partecipazione (sempre per intero) ad una pluralità di aventi causa, allora l’ulteriore scopo di una siffatta clausola sarebbe anche quello di evitare un eccessivo frazionamento delle partecipazioni sociali.
Si tratta, in altre parole, di clausole che certamente limitano la libera circolazione delle partecipazioni, in merito alle quali si è di recente espresso il Consiglio Notarile di Milano nella Massima n. 201 giungendo ad una conclusione positiva, ossia nel senso che siffatte clausole sarebbero legittime e non integrerebbero un divieto assoluto di alienazione delle partecipazioni (ex articolo 2355-bis, comma 1, cod. civ.) e né un’ipotesi di “intrasferibilità” delle stesse (ex articolo 2469, comma 2, cod. civ.).
La disamina che conduce alla liceità di tali clausole di parziale intrasferibilità delle partecipazioni, ed anche alla verifica degli effetti del loro eventuale inserimento in statuto, viene tuttavia condotta in modo differente a seconda che si tratti di Srl o una SpA.
Nella Srl l’ammissibilità della clausola di parziale intrasferibilità sarebbe il frutto di una diretta applicazione dell’articolo 2469, comma 2, cod. civ., nella parte in cui esso ammette la possibilità che “l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni”; perciò, non vi sarebbe alcun dubbio circa la legittimità di una clausola che regola l’intrasferibilità non assoluta ma solo parziale delle partecipazioni dei soci.
Semmai, la questione da porsi è se tale clausola possa innescare un diritto di recesso per il socio ai sensi dello stesso comma 2 dell’articolo 2469 cod. civ..
A questo interrogativo, la Massima dà una risposta negativa in quanto giudica il divieto (solo parziale) di trasferimento delle partecipazioni come non annoverabile nella nozione di intrasferibilità delle stesse, così che sarebbe ammesso il loro inserimento a statuto anche senza la previsione del diritto di recesso del socio.
Depone in questo senso, a parere del Notariato milanese, il fatto che non vi siano dubbi circa la legittimità di clausole che dispongano la indivisibilità della quota di partecipazione al capitale della Srl, in deroga al generale principio della sua divisibilità; situazione che, in assoluto, potrebbe in concreto condurre proprio alla conclusione di una trasferibilità della partecipazione solamente per l’intero, esattamente come si avrebbe nel caso di una clausola che espressamente escludesse solo la parziale trasferibilità della quota.
Spostando invece il punto di osservazione sulla SpA, il piano normativo cambia poiché la legge non consente, diversamente dalla Srl, una clausola di divieto assoluto di trasferimento delle azioni.
L’articolo 2355-bis cod. civ. consente che lo statuto possa sottoporre il trasferimento delle azioni a particolari condizioni ma che si possa vietare il trasferimento delle azioni solo “per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto”.
Peraltro, nella misura in cui una clausola di intrasferibilità parziale delle azioni fosse ritenuta legittima ed inserita nello statuto della SpA sarebbe giocoforza riservato all’azionista il diritto di recesso ex articolo 2437, co. 2, lett. b), cod. civ. (a meno che lo statuto non escluda l’applicazione di questa causa di recesso legale).
Si pone poi un ulteriore tema: se il divieto di trasferimento parziale delle azioni debba soggiacere al suddetto limite temporale massimo dei 5 anni di cui al 2355-bis cod. civ..
A parere della Massima 201 tale limite temporale non dovrebbe valere nel caso in esame, poiché non si verterebbe nell’ambito di un divieto di trasferimento assoluto, bensì appunto solo parziale.
Depone a favore della liceità di tale clausola anche nella SpA il fatto che non sono riconosciute come forme di divieto di trasferimento delle azioni, e quindi non ricadono nel limite temporale dei 5 anni, ad esempio le clausole che precludono:
- l’alienazione delle azioni nei confronti di alcuni soggetti;
- alcuni specifici negozi giuridici, come la donazione;
- la costituzione di pegni sulle azioni; ecc..
Il principio di base, quindi, è che nella sostanza la clausola per essere legittima non deve essere tale da creare un impedimento assoluto al trasferimento delle azioni.
Tutto ciò incontra però un limite inderogabile in tutti i casi in cui si verifica una causa di recesso legale inderogabile ex articolo 2437, comma 1, cod. civ., rispetto alla quale non si possono determinare sui soci limiti al diritto di poter recedere anche solo parzialmente, ossia in relazione ad alcune delle azioni, e non necessariamente a tutte le azioni di cui sono titolari.