Come rettificare gli errori riferiti al regime Iva del Mini One Stop Shop
di Marco BargagliL’ordinamento domestico prevede particolari disposizioni che regolano il regime Iva delle cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza, di beni.
In merito, l’articolo 41, comma 1, lettera b), D.L. 331/1993 prevede che costituiscono cessioni non imponibili “le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa”.
Tale disposizione non si applica:
- per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare;
- se l’ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non ha superato nell’anno solare precedente e non supera in quello in corso 100.000 euro, ovvero l’eventuale minore ammontare stabilito a norma dell’articolo 34 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28.11.2006.
In tale seconda circostanza, per espressa disposizione normativa, è ammessa l’opzione per l’applicazione dell’imposta nell’altro Stato membro dandone tuttavia comunicazione all’ufficio nella dichiarazione ai fini Iva, relativa all’anno precedente, ovvero nella dichiarazione di inizio dell’attività o comunque anteriormente all’effettuazione della prima operazione non imponibile.
In buona sostanza, in relazione al panorama normativo di riferimento sopra richiamato, le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni destinati a consumatori finali, sono soggette ad Iva nello Stato di residenza del cedente qualora l’ammontare delle cessioni di beni spediti o trasportati nell’altro Stato membro non ha superato, nell’anno precedente, e non supera in quello in corso, l’importo di 100.000 euro.
Ciò posto, nella risposta all’interpello n. 246 pubblicata ieri, 14.04.2021, l’Agenzia delle entrate ha formulato importanti principi di diritto in ordine alla corretta applicazione del regime fiscale conosciuto tra gli addetti ai lavori come Mini One Stop Shop (c.d. “Moss”), introdotto nel nostro ordinamento giuridico dall’articolo 2 D.Lgs. 42/2015.
In particolare, la disciplina in rassegna si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2015, ai servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici prestati nei confronti di privati consumatori comunitari nell’ambito dei c.d. rapporti “B2C”.
Nello specifico, i contribuenti italiani che prestano i servizi sopra indicati nei confronti di consumatori finali comunitari, con il precipuo scopo di assolvere l’Iva dovuta nel singolo Stato membro possono optare, con una specifica procedura on-line, per il regime Moss che, al momento, si rende applicabile al solo commercio elettronico.
Tuttavia, per effetto delle direttive del Consiglio 2017/2455/UE e 2019/1995/UE, sono in corso significative modifiche alla disciplina fiscale riferita all’e-commerce transfrontaliero in ambito dei rapporti “B2C”, che hanno la finalità di agevolare le vendite a distanza di beni nel territorio dell’Unione europea, ampliando il sistema Moss.
Dal 1° luglio 2021, l’attuale modello sarà sostituito da uno Sportello Unico più ampio (con introduzione dei regimi del c.d. “One Stop Shop – Oss”, “Import One Stop Shop – iOss”), che comprenderà le vendite a distanza intracomunitarie di beni, le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi e a talune vendite interne di beni, nonché tutti i tipi di servizi B2C.
Con l’utilizzo di tale procedura è così possibile adempiere agli obblighi previsti ai fini Iva, senza necessariamente doversi identificare nei vari Paesi comunitari di residenza dei committenti privati.
A livello pratico, si rileva che:
- l’operatore nazionale deve trasmettere telematicamente le dichiarazioni Iva trimestrali contenenti le informazioni dettagliate sui servizi elettronici prestati nei confronti di consumatori finali situati in altri Stati membri, provvedendo al versamento dell’Iva dovuta;
- lo Stato membro di identificazione ripartisce l’Iva tra i singoli Stati membri di consumo sulla base dei dati indicati nelle dichiarazioni trimestrali.
Ciò posto, nell’istanza di interpello presentata all’Agenzia delle entrate, il soggetto istante ha rappresentato che:
- svolge su internet l’attività di commercio al dettaglio di qualsiasi prodotto (codice “Ateco 47.91.1”);
- i beni ceduti sono destinati prevalentemente ad acquirenti privati (B2C) italiani e comunitari;
- ha applicato la disciplina delle c.d. “vendite a distanza”;
- non ha superato, nel corso del 2020, le soglie di protezione fissate da ciascuno Stato membro;
- non ha optato per l’applicazione dell’Iva nello Stato membro di destinazione;
- con riferimento alle operazioni poste in essere nel 2° trimestre 2020 il medesimo contribuente, in data 16 luglio 2020, ha erroneamente presentato la dichiarazione mediante la procedura Moss dettagliando le cessioni di beni destinate a consumatori finali residenti in altri Stati membri e l’Iva dovuta secondo le aliquote proprie di detti Stati;
- ha eseguito il relativo versamento dell’imposta in data 20 luglio 2020, con addebito sul conto corrente.
In particolare, come risulta nell’istanza di interpello, dette operazioni non sono confluite nella liquidazione e versamento dell’Iva relativa al 2° trimestre 2020, eseguito il 19 agosto 2020, né nella comunicazione di liquidazione periodica Iva presentata il 9 settembre 2020 (con riferimento al 2° trimestre 2020).
Preso atto della procedura adottata dal contribuente, l’Agenzia delle entrate, nella citata risposta n. 246 del 14.04.2021 ha chiarito che, al fine di regolarizzare gli errori commessi, l’istante deve:
- rideterminare il debito Iva relativo al 2° trimestre 2020, computando nella liquidazione periodica anche le operazioni erroneamente dichiarate con il regime Moss;
- versare l’imposta dovuta – al netto quanto già versato per il 2° trimestre, con il solo codice tributo 6032 (anno di riferimento 2020), ma non anche di quanto versato il 20 luglio 2020 nell’ambito della procedura Moss – gli interessi, calcolati dal giorno in cui il versamento doveva essere eseguito fino alla data di effettuazione del versamento e la relativa sanzione (articolo 13, comma 1, D.Lgs. 471/1997);
- versare la sanzione prevista per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche Iva (articolo 11, comma 2-ter, D.Lgs. 471/1997);
- rettificare (ai sensi dell’articolo 61 del Regolamento 15.03.2011, n. 282), la dichiarazione Iva trimestrale presentata nell’ambito del regime Moss, apportando le modifiche direttamente alla dichiarazione originaria attraverso il Portale Moss (circolare 22/E/2016, par. 14).
Infine nel citato documento di prassi è stato specificato che, in sede di controllo della dichiarazione rettificativa, l’Iva che risulterà versata in eccesso nell’ambito del regime Moss:
- sarà restituita direttamente dal Paese membro di registrazione (nel caso di specie l’Italia) se la rettifica è stata effettuata prima della ripartizione dell’imposta tra i Paesi membri,
- sarà restituita dai singoli Paesi membri di consumo se la rettifica è stata effettuata a ripartizione già eseguita.