Come si determina il costo fiscale delle azioni delle società estere non residenti acquisite per successione?
di Stefano RossettiAi fini delle imposte sui redditi, in caso di cessione a titolo oneroso di azioni, il comma 6, dell’articolo 68, Tuir dispone che “le plusvalenze indicate nelle lettere c), cbis) e cter) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione […]».
Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 165/E/1998:
- la plusvalenza “è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito, comprensivo degli interessi per dilazioni di pagamento, ed il prezzo pagato all’atto del precedente acquisto ovvero, se l’acquisto è avvenuto per successione, il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini della relativa imposta[…]»:
- “ai fini della determinazione della plusvalenza o della minusvalenza il costo o valore d’acquisto deve essere aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Ciò implica che il contribuente può imputare ad incremento del costo di acquisto tutte le spese e gli oneri strettamente inerenti all’acquisto delle attività finanziarie della cui cessione si tratta (ad esempio: l’imposta di successione e donazione, le spese notarili, le commissioni d’intermediazione, la tassa sui contratti di borsa, ecc.), ad eccezione degli interessi passivi dei quali il legislatore ha espressamente sancito l’esclusione”.
In altri termini, dunque, in caso di acquisizione di partecipazioni per successione, il costo fiscale da assumere come riferimento per la determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione è il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini della relativa imposta, aumentato degli oneri strettamente inerenti all’acquisizione della partecipazione medesima, compresa l’imposta di successione e donazione, anche se pagata all’estero.
Questo, in sintesi, è il chiarimento che recentemente è stato fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta ad istanza di interpello n. 132/2024.
In merito alla valorizzazione delle azioni o quote cadute in successione, ricordiamo che l’articolo 16, D.Lgs. 346/1990 (testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) prevede che “la base imponibile, relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’attivo ereditario, è determinata assumendo:
- […];
- per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’art. 12”.
In base a quanto sopra, pertanto, il criterio di valorizzazione dei titoli caduti in successione è parametrato alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio chiuso, tenendo conto dei mutamenti intervenuti.
Fin da subito non è stato chiaro cosa si dovesse intendere per “mutamenti intervenuti”.
Nel corso degli anni, tuttavia, si è formato un indirizzo giurisprudenziale (Cassazione n. 4535/2009, Cassazione n. 5514/2009, Cassazione n. 12422/2007 e Cassazione n. 2925/2015) secondo cui “il valore del patrimonio netto risultante dal bilancio approvato è vincolante per la parte e per l’amministrazione finanziaria, cui è preclusa un’autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti della società al netto delle passività, potendo essa procedere solo all’eventuale attualizzazione delle poste attive e passive ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell’ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio”.
Secondo la Suprema Corte, dunque, rappresenta una prerogativa dell’Ufficio “attualizzare” le poste di bilancio sulla base dei mutamenti intervenuti tra la data di redazione del bilancio e l’apertura della successione.
Con la sentenza n. 11467/2022, la Corte di cassazione, al fine di non comprimere il diritto alla difesa del contribuente, ha affermato il principio di diritto secondo cui “in tema d’imposta sulle donazioni e successioni, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società comprese nell’attivo ereditario, ai sensi dell’art. 16, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 346 del 1990, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui al nuovo testo dell’art. 111 Cost., deve essere riconosciuta anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione finanziaria, la possibilità sia di offrire prova contraria rispetto al criterio legale del dato contabile risultate dal bilancio approvato, sia di provare la sussistenza di eventi sopravvenuti all’approvazione ed antecedenti al decesso, che abbiano mutato quei valori”.