Come si effettua il ravvedimento su rate omesse di avviso bonario?
di Comitato di redazioneIl ravvedimento operoso è certamente un utile strumento ideato dal legislatore per porre rimedio ad errori o inadempimenti del contribuente; nella prassi quotidiana il suo utilizzo risulta largamente diffuso per rimediare a tardivi versamenti, spesso dovuti ad assenza di liquidità alle prescritte scadenze.
Appare opportuno rammentare che il corretto perfezionamento della procedura richiede un puntuale versamento delle somme dovute, pena la inammissibilità del rimedio e l’addebito dei più gravosi oneri sanzionatori previsti dal sistema.
In taluni casi, poi, il perfezionamento del ravvedimento assume una importanza ancora più rilevante, in quanto dalla stessa dipende il buon esito dell’intera pratica di rateazione; ci riferiamo al caso di mancato versamento di una rata del piano di dilazione prescelto dal contribuente che abbia ricevuto un avviso bonario dall’Agenzia delle entrate.
Come noto, la procedura del D. Lgs. 462/1997 propone la facoltà di libera scelta tra il pagamento immediato e quello dilazionato, subordinato unicamente al rispetto della condizione di versamento della prima rata nel termine perentorio di 30 giorni dalla notifica dell’avviso cartaceo, oppure di 90 giorni dalla formazione dell’avviso telematico ove si sia optato per tale scelta nel modello Unico. Chi non versa entro tale scadenza perde la possibilità di godere della riduzione delle sanzioni al 10% e del beneficio del pagamento dilazionato.
Se, invece, la prima rata risulta pagata, i benefici risultano accordati ma alla condizione che il contribuente mantenga gli impegni assunti con il fisco, vale a dire effettui i pagamenti delle rate successive alla prima.
Peraltro, va detto che il sistema tollera ritardi “minimi”, vale a dire non eccedenti il termine di versamento della rata successiva a quella non versata; poiché le scadenze sono trimestrali, possiamo affermare che il ritardo massimo tollerato è proprio pari a tale periodo temporale. Se non si provvedesse al versamento (sia pure tardivo) entro tale scadenza, la rateazione decade e si torna al punto di partenza, vale a dire alle sanzioni piene che verranno comminate per il mancato versamento del tributo, con immediata esigibilità dell’intero debito.
Compresa l’importanza del pagamento, il medesimo potrà essere effettuato semplicemente versando l’originario debito ed attendendo l’irrogazione delle sanzioni del 30% da parte dell’Agenzia, oppure, come sembra più logico, si potrà applicare al ritardo l’istituto del ravvedimento.
Durante la seconda giornata del Master Breve, molti colleghi hanno chiesto indicazioni in merito alle modalità di effettuazione del ravvedimento operoso per rimediare a tali ritardi, in particolar modo in riferimento alle modalità di conteggio delle maggiorazioni dovute.
Proviamo a fugare tali dubbi ricorrendo all’esempio di un contribuente che non ha versato tempestivamente la seconda rata di una rateazione da bonario, scadente il 31/10/2014, così composta:Avvedendosi dell’errore, si potrà agire utilizzando i codici tributo approvati con risoluzione n. 132/E del 29/11/2011:
- Codice “8929” per la sanzione;
- Codice “1980” per gli interessi.
La medesima risoluzione precisa anche che restano comunque dovuti gli interessi da rateazione di cui all’articolo 3-bis, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione sino alla data di scadenza della rata oggetto di ravvedimento.
Verificati gli elementi a nostra disposizione, ipotizzando che il ravvedimento venga posto in essere dopo 40 giorni dalla originaria scadenza, si dovrà versare, oltre agli originari importi:
- la sanzione in misura pari al 3,75% dell’importo originariamente contraddistinto dal codice tributo 9001 sulla delega non tempestivamente versata, esponendola sul modello con il codice 8929;
- gli interessi in misura pari all’1% annuo, commisurati ai 40 giorni di ritardo e rapportati alla somma complessiva della originaria delega, esponendoli sul modello F24 con il codice 1980.
Pertanto, sembra logico ritenere che il conteggio della sanzione vada riferito alla sola componente “tributo” (pur se la medesima contiene componenti variegate), mentre non debba coprire la quota parte degli interessi, poiché i medesimi sono importi relativi al differimento delle somme.
Diversamente, gli interessi dovrebbero più opportunamente essere riferiti all’intero debito originario, per dare conto che si intende sterilizzare ogni effetto negativo del non tempestivo versamento.
In molte ipotesi si preferisce applicare la sanzione all’intero importo originario, specialmente nei casi in cui la differenza risulti assolutamente trascurabile; laddove gli importi fossero di dimensioni “importanti”, invece, si ritiene corretto il calcolo sopra proposto. In tal senso, possiamo segnalare che l’approccio risulta condiviso da svariati uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate.