Cominciamo col pianificare l’invio delle certificazioni telematiche
di Giovanni ValcarenghiPensate al 9 marzo 2015 prossimo: è qui, dietro l’angolo. Per quella data, secondo la norma vigente, dovranno essere trasmesse in via telematica, per la prima volta, le certificazioni delle somme corrisposte ai percipienti durante l’anno 2014. Si tratta, come noto, dei “risvolti negativi” della dichiarazione precompilata, tanto voluta dall’Esecutivo, che – per poter essere costruita – necessita di qualcuno che fornisca i dati reddituali. E noi saremo i candidati a sopportare tale nuovo adempimento.
Il tema trova i suo riferimenti normativi nell’art. 4 del D.P.R. n. 322/1998, così come modificato dal D.Lgs. n. 175/2014 (c.d. Decreto Semplificazioni); in particolare possiamo ricordare i seguenti commi, opportunamente “depurati” dei riferimenti non immediatamente necessari:
- (comma 6-ter): i sostituti di imposta rilasciano un’apposita certificazione unica anche ai fini dei contributi dovuti all’Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.), attestante l’ammontare complessivo delle dette somme e valori, l’ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali;
- (comma 6-quater): le certificazioni, sottoscritte anche mediante sistemi di elaborazione automatica, sono consegnate agli interessati entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, ovvero entro dodici giorni dalla richiesta degli stessi in caso di interruzione del rapporto di lavoro;
- (comma 6-quinquies): le certificazioni sono trasmesse in via telematica all’Agenzia delle entrate entro il 7 marzo dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti. Per ogni certificazione omessa, tardiva o errata si applica la sanzione di cento euro, senza possibilità di applicare il cumulo. Nei casi di errata trasmissione della certificazione, la sanzione non si applica se la trasmissione della corretta certificazione è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza indicata nel primo periodo.
Dei tre commi riportati, il 6-quinquies è quello che muta lo scenario attuale rispetto al pregresso. Infatti, non è una novità che si debba rilasciare una certificazione delle somme corrisposte e delle trattenute operate, così come non è innovativo che tale certificazione debba essere consegnata (in forma cartacea) al percipiente entro il 28 febbraio dell’anno successivo.
La novità, invece, si rinviene:
- nell’obbligo di trasmissione telematica di tali documenti all’Agenzia delle entrate entro il 7 marzo (quest’anno, poiché la scadenza coincide con un sabato, si provvederà entro il primo giorno lavorativo successivo, quindi il 9, come indicato in apertura). Si noti, peraltro, che a fronte di possibili recriminazioni sul termine di invio, è facile obiettare che i medesimi dati dovevano essere già preconfezionati entro il 28 febbraio, a prescindere dalle modifiche;
- nell’esistenza di una specifica sanzione di 100 euro per ciascuna certificazione non trasmessa o trasmessa con dati inesatti (salvo rimedio entro i 5 giorni), peraltro non riducibile con il meccanismo del cumulo. Ciò sta a significare che se ometto 10 certificazioni, mi vengono addebitati 1.000 euro di sanzione.
A fronte di questo panorama, vi è l’ulteriore novità: che la certificazione dovrà essere compilata utilizzando il nuovo tracciato della certificazione unica, documento che incorpora il vecchio CUD (da sempre redatto su documentazione predeterminata) e le certificazioni degli altri redditi corrisposti (da sempre invece lasciate alla libera “fantasia” delle parti), quali ad esempio i professionisti, gli agenti e rappresentanti, gli sportivi, ecc..
Si vuole insomma ribadire che per poter adempiere ci vorranno i software aggiornati e perché ciò possa accadere è necessario che sia approvato il modello ufficiale con i tracciati, ad oggi disponibile solo nella versione in bozza (aggiornata al 9 gennaio 2015) sul sito dell’Agenzia delle entrate.
E’ possibile “sporcarsi la bocca” citando lo Statuto del contribuente che indica in 60 giorni il tempo minimo concesso agli operatori per adempiere ad un particolare obbligo? Meglio lasciar perdere.
Al di là del fatto che si potrà magari “recuperare” qualche giorno in più rispetto alla data prefissata, è sufficiente uno sguardo al modello di certificazione per comprendere che non si tratta di indicare pochi dati, bensì è una sorta di compilazione del modello 770, con tanto di causali che contraddistinguono le prestazioni, caselle per specifiche casistiche, ecc. Inoltre, vanno censite anche le somme corrisposte ai soggetti che applicavano il regime delle nuove iniziative produttive e dei minimi (rectius, regime di vantaggio) per le quali non c’è stata applicazione di ritenuta.
Insomma, anche ad avere tutti i dati sottomano, la fatica sarà non poca e la probabilità di errore potrà essere elevata.
Peraltro, va riscontrato che molte delle informazioni richieste non serviranno affatto alla elaborazione della dichiarazione precompilata; è ad esempio alla certificazione dei professionisti con partita Iva, degli agenti, ecc. soggetti per i quali si continuerà a compilare il classico modello Unico.
Conviene allora attivarsi per tempo, programmare una parte di lavoro aggiuntivo per questo adempimento che nel passato non c’era, verificare l’inserimento delle causali nelle procedure gestionali, affinché si possa sfruttare al massimo gli automatismi.
Ad oggi, è quantomeno possibile censire le operazioni già rilevate a livello contabile ed avvertire la clientela con contabilità interna della necessità di un invio “sprint” della documentazione.
Di questi problemi della certificazione, così come dell’intero processo di gestione della dichiarazione precompilata, parleremo nel corso di apposito incontri che abbiamo messo in agenda nel mese di febbraio, al fine di poter unire le esperienze dei partecipanti e poter trarre delle soluzioni comuni.