Il commercialista può escludere da Irap i compensi da sindaco
di Fabio GarriniQuando parte dell’attività del professionista è realizzata senza ausilio di autonoma organizzazione, ai fini della determinazione della base imponibile Irap, è possibile scindere l’attività realizzata: secondo la Cassazione, infatti, non vi sarebbero ostacoli ad individuare nell’ambito dell’attività complessivamente svolta dal professionista, la frazione da assoggettare ad Irap, in quanto conseguita per il tramite di una organizzazione di mezzi del professionista, da quella che può considerarsi legittimamente esonerata dal tributo, in quanto indipendente da tale organizzazione.
L’attività di amministratore e sindaco
La questione inerente l’autonoma organizzazione del professionista è vicenda i cui contorni sono ben noti a tutti, in quanto ampiamente valutati dalla giurisprudenza di legittimità.
In questa sede si intende focalizzare l’attenzione sulla particolare attività di amministratore e sindaco di società. La Cassazione (sentenze n. 12653/2009, n. 10594/2007, n. 19607/2010) ha in più riprese affermato che l’attività di amministratore, di sindaco e di revisore di società, esercitata da un professionista, genera proventi non soggetti ad Irap: si tratta infatti di attività svolte dal professionista in prima persona che non poggiano, se non in minima parte, sul contributo organizzato di un eventuale studio professionale gestito dal professionista per la propria attività tradizionale di tenuta della contabilità e adempimenti fiscali.
L’elemento cruciale è la valutazione se un professionista, che svolge attività che non richiedono organizzazione (come quella di sindaco o revisore), sia comunque interessato automaticamente all’assoggettamento ad Irap anche per tali attività per il solo fatto che è in possesso di una organizzazione per svolgere attività diverse (tenuta della contabilità per conto dei clienti e redazione di dichiarazioni fiscali). In altre parole, opera una sorta di attrazione anche di tali compensi alla sfera Irap?
Il tema si pone poi per l’attività di amministratore di società, in tutti quei casi dove per la funzione di amministratore servano conoscenze professionali specifiche che comportino la necessità di far rientrare i compensi percepiti nell’alveo del reddito di lavoro autonomo. Ma pare un ragionamento praticabile anche per attività strettamente professionali, quali ad esempio la partecipazione a convegni e la redazione di pareri.
La “scissione” delle basi
Il tema riguardante la possibilità di suddividere i proventi percepiti dal professionista, distinguendo quelli pertinenti l’attività organizzata da quelli provenienti dall’attività non organizzata, dei quali solo i primi assoggettabili ad Irap, era già stata avanzata dalla circolare dell’istituto di ricerca del CNDCEC n. 2/IR del 5.6.2008.
Soluzione che però venne respinta dall’Agenzia delle Entrate tramite la risoluzione 78/E/2009: nell’esaminare la questione dell’assoggettabilità ad Irap dei compensi riguardanti l’attività di sindaco di società, la citata risoluzione osservava come il fatto che questi siano attratti alla sfera di lavoro autonomo svolta dal professionista che li ha percepiti, automaticamente ne comporta la tassazione a causa dell’organizzazione posseduta dal professionista stesso. Ai fini Irap, infatti, nel pensiero dell’Amministrazione finanziaria, la posizione del contribuente deve essere analizzata in maniera unitaria.
La posizione della Cassazione risulta al contrario del tutto avversa a quella sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, sposando quando proposto nella richiama circolare 2/IR.
Nella sentenza n. 3434/2012 la Cassazione già imponeva una valutazione riguardante le singole attività svolte dal professionista; posizione poi confermata anche nelle successive e più recenti sentenze n. 19327/2016 e n. 23776/2016.
Consta peraltro la recente sentenza n. 14077 del 7 giugno 2017: nella pronuncia dei giudici di legittimità viene confermata la sentenza di appello nella quale si escludeva l’assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l’attività professionale intellettuale di dottore commercialista, avesse prodotto senza utilizzare la propria autonoma organizzazione. Tali attività erano rese in qualità di presidente di un consiglio di amministrazione, ma questo vale in generale per i redditi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazione o altri enti con o senza personalità giuridica.
Anche le pronunce contrarie (nel senso che hanno imposto al contribuente il pagamento dell’Irap) sono tutt’altro che allineate con il pensiero dell’Agenzia delle Entrate espresso nella citata risoluzione. Nella sentenza n. 15803/2011 viene riformata la sentenza della commissione tributarie regionale non tanto perché vengano sposare le tesi dell’Amministrazione finanziaria, ma piuttosto perché il contribuente non è stato in grado di dare dimostrazione delle proprie ragioni. Al contrario, pare che la Cassazione dia per scontato che il contribuente abbia diritto a scindere le “basi compenso” da imputare alle diverse attività.
Stesso accadimento che ha contrassegnato la più recente sentenza n. 21161 del 12 settembre 2017: anche nel caso considerato in tale pronuncia, la Cassazione ha dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, obbligando il contribuente al pagamento dell’Irap, ma il motivo di tale pronuncia è legato ad un difetto probatorio della pretesa del contribuente il quale, non dimostrando quale fosse la frazione di compensi attribuibili all’attività di sindaco, si trova a considerare un unico coacervo di compensi, da imputare integralmente all’attività organizzata. Nel testo della sentenza risulta invece palese come sia possibile proporre una suddivisione di tali importo.
Allo stesso modo si è pronunciata la Cassazione nella sentenza n. 5361 del 2 marzo 2017, rinviando la controversia alla CTR che deve accertare, ove sia possibile scorporare le diverse categorie dei compensi, se il contribuente abbia effettivamente fornito la prova dell’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione nell’espletamento dell’attività di sindaco o revisore di società di capitali.
Sul punto si segnalano, tutte in senso conforme, anche le sentenze n. 22138 del 2 novembre 2016, n. 3207 del 7 febbraio 2017, n. 3700 del 13 febbraio 2017, n. 7378 del 22 marzo 2017, n. 13726 del 31 maggio 2017.