Commercio elettronico “indiretto”: profili fiscali – I° parte
di Francesco RizziAl giorno d’oggi è sicuramente indispensabile comprendere il fenomeno dell’e-commerce, almeno nelle sue caratteristiche generali.
Il volume d’affari legato a tale tipo di compravendite è di fatti sempre più significativo e i riflessi di tali transazioni, soprattutto dal punto di vista dell’inquadramento ai fini Iva, devono opportunamente essere approfonditi sia dai player del mercato che dai consulenti.
Intendendo col presente contributo offrire un utile focus solamente sul commercio elettronico “indiretto”, si reputa opportuno iniziare la trattazione dalla distinzione tra commercio elettronico “diretto” e “indiretto”.
Il commercio elettronico (“e-commerce”) si distingue infatti in:
- commercio elettronico “diretto”, quando tutte le fasi della transazione (ordine, pagamento e consegna) avvengono e si perfezionano online.
Tale commercio riguarda le compravendite di beni immateriali “digitali”, ossia di quei beni privi di supporti fisici che possono essere scomposti in “bit”, trasportati (e quindi consegnati) attraverso le linee telefoniche e poi ricomposti nella memoria del computer del destinatario. Nel dettaglio trattasi di software, immagini, testi, musica, film, ecc.. Ai fini fiscali tali operazioni sono considerate prestazioni di servizi.
- commercio elettronico “indiretto”, quando l’ordine ed eventualmente il pagamento avvengono e si perfezionano per via telematica (online), mentre la consegna della merce avviene attraverso i canali tradizionali (mediante vettore o spedizioniere) tramite la spedizione al domicilio dell’acquirente.
Ai fini fiscali tali operazioni sono considerate cessioni di beni e, ai fini Iva, sono trattate come “vendite a distanza” (ovvero per corrispondenza).
La normativa comunitaria sul commercio elettronico “indiretto” (ma anche quella sul “diretto”) è stata recentemente riformata. Tali novità entreranno tuttavia in vigore dal 1° gennaio 2021, trovando fino ad allora applicazione le attuali norme vigenti (oramai “transitorie”).
Sarà dunque necessario suddividere le disposizioni applicabili a seconda della loro efficacia temporale nel modo seguente:
- norme in vigore (oramai “transitorie”) applicabili fino al 31 dicembre 2020;
- norme che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2021 (dovrebbe invero attendersi il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva UE 2455/2017 ma, tenuto conto della giurisprudenza comunitaria secondo cui, a determinate condizioni, la Direttiva potrebbe essere già direttamente applicata anche in assenza di formale atto di recepimento, e considerata l’opportunità di iniziare a rapportarsi con il futuro schema normativo di riferimento, nel presente contributo si farà comunque un cenno alle predette novità).
Con riferimento alle norme in vigore (applicabili fino al 31 dicembre 2020), per quel che concerne i rapporti B2B si applicano le regole ordinarie in materia di rapporti domestici, intracomunitari o extraUE.
Per quanto attiene ai rapporti B2C si applicano le regole ordinarie in presenza di cessione di beni nei confronti di privati italiani e per le esportazioni. Per le cessioni di beni a privati stabiliti nei paesi UE si applicano invece le disposizioni particolari stabilite dagli articoli 40 e 41 D.L. 331/1993.
Dal punto di vista Iva, i rapporti B2C devono essere inoltre trattati alla stregua delle “vendite a distanza”. È pertanto necessaria la coesistenza delle seguenti condizioni:
- l’acquirente deve essere un privato consumatore o un soggetto assimilato (ente non commerciale oppure soggetto con partita Iva che tuttavia acquista per la propria sfera privata);
- il trasporto presso il domicilio dell’acquirente (cessionario) deve avvenire a cura del cedente o di terzi per suo conto.
Trovando applicazione le norme sulle “vendite a distanza”, tali operazioni non sono inoltre soggette all’obbligo di emissione della fattura, salvo che non venga appositamente richiesta dall’acquirente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (articolo 22 D.P.R. 633/1972), né sono soggette all’obbligo di certificazione mediante emissione di scontrino o ricevuta fiscale (articolo 2 D.P.R. 696/1996). Resta tuttavia fermo l’obbligo di registrazione dei corrispettivi nell’apposito registro (articolo 24 D.P.R. 633/1972).
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