21 Dicembre 2015

Compensi a soggetti esteri per l’organizzazione di sfilate di moda

di Fabio Landuzzi
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Nelle società che operano nel settore della moda o similare, accade di frequente che l’organizzazione della sfilata di moda assuma una connotazione altamente spettacolare, alla quale partecipano diverse figure professionali: lo stylist, il fotografo, il make-up artist, le modelle, le agenzie di modelle, ecc.

Alcuni di questi soggetti, in primis le modelle, non di rado sono non residenti in Italia; a fronte della corresponsione dei compensi, si rende quindi necessario interrogarsi con riguardo alla qualificazione fiscale delle prestazioni rese, al fine di verificare se la società debba o meno agire da sostituto d’imposta ed applicare una ritenuta fiscale al momento del pagamento.

Se tali prestazioni fossero qualificate come “prestazioni artistiche”, ai sensi dell’art. 23, comma 2, lett. d), del Tuir, i compensi sarebbero infatti soggetti a tassazione in Italia, e la società che effettua il pagamento dovrebbe trattenere una ritenuta d’imposta pari al 30% (art. 25, comma 2, Dpr 600/1973). Diversamente, se queste figure professionali non fossero assimilabili alla nozione di “artista dello spettacolo” – nell’accezione di cui all’art. 17 del Modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni – il compenso non sarebbe soggetto ad imposizione in Italia e quindi neppure a ritenuta fiscale.

La fattispecie è stata oggetto di una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano (sentenza n. 5775 del 11 giugno 2015), dopo che l’Agenzia delle Entrate aveva contestato ad una società la presunta omessa applicazione di ritenute in occasione del pagamento di simili compensi a soggetti esteri impegnati in vario modo nella organizzazione di sfilate di moda.

I Giudici milanesi, nel dirimere la questione interpretativa dibattuta – ovvero, se le prestazioni di cui si tratta avessero o meno la qualifica di “prestazioni artistiche” – hanno fatto riferimento al Commentario all’art. 17 del Modello Ocse il quale fornisce una limitazione dell’ambito applicativo della norma, da cui esclude le prestazioni rese dalla modella; pertanto, aggiungono interpretativamente i Giudici della CTP, se non ha contenuto artistico la prestazione della modella, che è certamente una delle protagoniste principali dell’evento, a maggior ragione tale contenuto non vi può essere per le altre figure (i componenti dello staff tecnico, ad esempio: cameramen, coreografi, ecc.) che agiscono dietro le quinte dell’evento, per le quali mancherebbe comunque il requisito della “prestazione in pubblico”.

Se ne conclude quindi che le figure professionali coinvolte in questi eventi non sono assimilabili alla nozione di “artista dello spettacolo” fatta propria dall’art. 17 del Modello Ocse di Convenzione.

Nelle argomentazioni sviluppate dai Giudici milanesi, si legge un ulteriore punto di rilievo, che interessa anche ai fini di una più generale qualificazione delle spese sostenute dall’impresa per l’organizzazione dell’intero evento. Si legge infatti che “una sfilata di moda, così come un servizio fotografico, ha un contenuto ed una finalità prettamente promozionale: serve a dimostrare ai potenziali clienti il prodotto”. Anche con riguardo al pubblico a cui l’evento è rivolto, si tratta per lo più di soggetti tecnici, che non si recano alla sfilata con l’animo di chi va ad assistere ad un evento ludico, bensì ad un’attività di lavoro.

In questo senso, le manifestazioni di moda organizzate dalle relative case, evidenziano i Giudici milanesi nella sentenza in commento, rappresentano un fenomeno commerciale e promozionale, i cui caratteri spettacolari assumono solo delle caratteristiche di contorno e funzionali.

Si conclude quindi affermando che tutte le prestazioni rese nell’ambito della sfilata di moda, non rientrano nella nozione di prestazione artistica e, di conseguenza, quando sono prestate da soggetti non residenti, non sono soggette alla ritenuta fiscale a titolo di imposta.