3 Marzo 2017

Compensi per la distribuzione di programmi informatici senza ritenuta

di Marco Bargagli
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Il trattamento fiscale dei diritti di sfruttamento dei beni immateriali, derivanti dai compensi corrisposti da parte di un’impresa italiana nei confronti di un soggetto non residente per l’utilizzazione delle opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di marchi d’impresa, di processi, formule ed informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico, è disciplinato dalle disposizioni domestiche, dalla direttiva comunitaria “interessi–canoni” e dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi.

In linea di principio, l’articolo 25, comma 4, del D.P.R. 600/1973, dispone che i compensi e le somme di cui all’articolo 23, comma 2, lett. c), del Tuir, corrisposti a non residenti, sono soggetti ad una ritenuta del 30% a titolo d’imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.

Tuttavia, in deroga alla citata disposizione, possono trovare applicazione – ove spettanti – le direttive comunitarie o gli accordi internazionali che rappresentano l’intesa tra gli Stati coinvolti per regolamentare, sulla base del principio di reciprocità, la singola sovranità tributaria al fine di eliminare fenomeni di doppia imposizione economica.

La ritenuta del 30% prevista dalla normativa interna, può essere azzerata ai sensi dell’articolo 26-quater del D.P.R. 600/1973 in applicazione della Direttiva n. 2003/49/CE (c.d. interessi–canoni), a condizione che il soggetto estero che percepisce il reddito sia il beneficiario effettivo dei flussi in uscita dall’Italia.

A tal fine, occorre considerare che una società di uno Stato membro è considerata beneficiario effettivo di interessi o canoni solo se riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di mera intermediaria, che opera in qualità di agente, delegato o fiduciario di un’altra persona.

Ciò detto, sulla base della recente elaborazione giurisprudenziale i compensi pagati da una società italiana nei confronti di un soggetto non residente per la distribuzione di programmi informatici, non possono essere tecnicamente definibili “canoni-royalties nell’accezione prevista dall’articolo 25, comma 4, del D.P.R. 600/1973 e, quindi, non sono soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ivi prevista.

Le somme corrisposte sono infatti da qualificare come “business profits”, in quanto dovuti per l’acquisto del solo diritto di distribuire copie di un software.

Tale importante interpretazione è stata fornita da parte della Commissione Tributaria Regionale di Milano, con la sentenza n. 60/29/2017 depositata in data 18 gennaio 2017.

Nell’occasione il giudice tributario ha richiamato l’articolo 12 del modello Ocse di convenzione che regola i compensi per lo sfruttamento dei diritti d’autore, il correlato trattamento delle royalties ed il paragrafo 14.4 del commentario che stabilisce ulteriori criteri da adottare ai fini fiscali 14.4 “Arrangements between a software copyright holder and a distribution intermediary frequently will grant to the distribution intermediary the right to distribute copies of the program without the right to reproduce that program. In these transactions, the rights acquired in relation to the copyright are limited to those necessary for the commercial intermediary to distribute copies of the software program. In such transactions, distributors are paying only for the acquisition of the software copies and not to exploit any right in the software copyrights. Thus, in a transaction where a distributor makes payments to acquire and distribute software copies (without the right to reproduce the software), the rights in relation to these acts of distribution should be disregarded in analysing the character of the transaction for tax purposes. Payments in these types of transactions would be dealt with as business profits in accordance with Article 7. This would be the case regardless of whether the copies being distributed are delivered on tangible media or are distributed electronically (without the distributor having the right to reproduce the software), or whether the software is subject to minor customisation for the purposes of its installation”).

In buona sostanza, in una transazione dove un distributore effettua i pagamenti per la mera acquisizione del diritto immateriale e, simmetricamente, distribuisce copie del medesimo software senza acquisirne il diritto alla sua riproduzione, i diritti in relazione a tali atti di distribuzione devono essere trascurati nell’analisi dei caratteri dell’operazione ai fini fiscali.

In conclusione, il caso in esame, proprio perché non prevede la possibilità di riprodurre, neppure parzialmente, il software acquistato dalla società all’estero su ordinativi già incamerati dal cliente italiano, ricade nel puro contratto di intermediazione non essendovi alcuna cessione della licenza alla società italiana.

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