Il compenso amministratore non è pagato fino all’accredito
di Fabio GarriniIn sede di redazione della dichiarazione dei redditi delle società di capitali una delle verifiche che occorre eseguire riguarda l’avvenuto pagamento dei compensi amministratore stanziati in bilancio; sul punto, nel corso dello scorso anno, è intervenuta la Cassazione con una interpretazione non troppo condivisibile, secondo la quale il compenso erogato tramite bonifico si considera deducibile in capo alla società solo nel momento in cui le somme sono materialmente ricevute dall’amministratore.
Compensi per cassa
L’articolo 95, comma 5, Tuir, onde evitare fenomeni elusivi, al fine di allineare la tassazione in capo all’amministratore e la deduzione in capo alla società, consente la deducibilità del compenso erogato all’amministratore solo se viene pagato: “I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati al conto economico.”
Sul tema della deducibilità va evidenziato come, nel caso di amministratore che consegue reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, la deduzione nel 2017 è assicurata purché detta erogazione sia avvenuta entro il 12 gennaio 2018. Tale principio – detto di “cassa allargata” – è stato introdotto già diversi anni addietro dall’Amministrazione finanziaria con la circolare 57/E/2001 sulla scorta della constatazione che la disposizione limitativa del Tuir mira a far coincidere il periodo d’imposta in cui i compensi sono assoggettati a tassazione in capo all’amministratore con quello in cui gli stessi sono dedotti dal reddito della società erogante. Questo proprio per evitare che potesse essere beneficiata una deduzione (e quindi un risparmio d’imposta) in capo alla società senza che vi fosse una correlata tassazione in capo all’amministratore percettore (proprio perché i redditi di lavoro dipendente sono governati dal principio di cassa).
Pertanto, poiché i compensi percepiti dall’amministratore entro il 12 gennaio concorrono alla formazione del reddito di quest’ultimo nel periodo d’imposta precedente (in forza dell’articolo 51, comma 1, Tuir), essi saranno deducibili dalla società in tale periodo d’imposta.
Per la verifica del momento di pagamento è ragionevolmente possibile far riferimento a quanto l’Amministrazione finanziaria ha affermato tanto in relazione al momento di incasso dei corrispettivi nell’ambito del reddito professionale (circolare AdE 38/E/2010), così come in relazione all’incasso dei ricavi nell’ambito del regime di contabilità semplificata per cassa (circolare AdE 11/E/2017), entrambi regimi basati sulla manifestazione finanziaria di costi e ricavi.
In particolar modo, in quest’ultimo documento, in relazione al pagamento tramite bonifico, si legge: “I ricavi si considerano percepiti quando la somma di denaro può essere effettivamente utilizzata (alla cd. “data disponibile”). Le spese si considerano sostenute quando la somma di denaro è uscita dalla disponibilità dell’imprenditore”
Quindi, facendo riferimento a tale principio espresso, occorrerebbe concludere che in capo alla società il compenso risulta pagato nel momento in cui è stato disposto il pagamento a favore dell’amministratore (ipotizziamo l’11 gennaio 2018); pare pertanto assicurata la deducibilità nel 2017, senza operare alcuna variazione aumentativa nel modello Redditi.
Ciò posto, non resta che segnalare una recente pronuncia della Cassazione (sentenza n. 20033 dell’11.08.2017) secondo la quale il pagamento con bonifico del compenso amministratore sarebbe rilevante alla data in cui quest’ultimo ottiene la disponibilità della somma: “nell’ipotesi in cui la disposizione sia stata effettuata, come nella specie, con bonifico bancario: in tal caso, infatti, si deve far riferimento al giorno in cui l’emolumento entra nella disponibilità del beneficiario, ossia dal momento dell’accredito. La diversa soluzione, del resto, porterebbe all’incongruo risultato di poter imputare il medesimo unitario pagamento ad una annualità per il disponente (che ha effettuato il bonifico anteriormente al 12 gennaio) e a quella successiva per il beneficiario (che ha ricevuto l’accredito della somma dopo tale data).”
La giurisprudenza giustifica la propria posizione segnalando la possibilità da parte della società di revocare il pagamento; tale posizione non pare ragionevole, in quanto se è vero che il bonifico può anche essere revocato, una volta andato a buon fine, l’atto di pagamento va fatto risalire alla disposizione di pagamento.
Oltretutto, sulla base di tale pronuncia, si finirebbe per sconfessare la posizione (ben più convincente) assunta dall’Agenzia nelle circolare 38/E/2010 e 11/E/2017.
Va inoltre segnalato come la posizione espressa dalla Cassazione non pare neppure in linea con quanto nella medesima sentenza affermato con riferimento ad altro mezzo di pagamento, l’assegno: “… ove il pagamento sia stato effettuato mediante assegno bancario o circolare, rileva la data apposta sull’assegno perché è da tale momento, attesa la presunzione di identità tra data apposta e momento della consegna, che si assiste al passaggio del titolo (e del credito incorporato) e divengono possibili le ulteriori negoziazioni.”
Non si capisce per quale motivo in capo alla società il pagamento con assegno si considera effettuato con la consegna (questa posizione invece in linea con quanto affermato dall’Agenzia), mentre nel bonifico dovrebbe essere necessario attendere la materiale disponibilità delle somme per il destinatario.