18 Novembre 2019

Comportamento attivo del professionista nella frode fiscale

di Marco Bargagli
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Il D.L. n. 124/2019 (c.d. decreto fiscale), recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, ha notevolmente inasprito le sanzioni applicabili in caso di illeciti penali tributari.

Il legislatore, con l’intento di combattere l’evasione fiscale, ha anche previsto l’innalzamento delle pene applicabili nei confronti di quei soggetti che pongono in essere fenomeni di frode fiscale.

In particolare, nelle peculiari ipotesi di utilizzo e emissione di fatture per operazioni inesistenti:

  • l’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 (rubricato dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), sanziona con la reclusione da quattro a otto anni (in precedenza da un anno e sei mesi a sei anni) chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Tuttavia, se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 100.000, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni;
  • l’articolo 8 D.Lgs. 74/2000 (rubricato emissione di fatture o altri documenti inesistenti), sanziona con la reclusione da quattro a otto anni (in precedenza sempre da un anno e sei mesi a sei anni) il soggetto che, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Anche in tale circostanza, se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro 100.000, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Ciò posto, occorre valutare le responsabilità a carico del consulente fiscale che eventualmente propone modelli di evasione fiscale al proprio cliente, ricordando che il legislatore ha previsto una particolare circostanza aggravante del reato, come stabilito dall’articolo 13-bis D.Lgs. 74/2000, che sancisce un aumento delle pene per alcuni delitti tributari, qualora il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista ossia da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

Al fine di individuare l’eventuale responsabilità del professionista è necessario che egli contribuisca attivamente alla realizzazione dell’evento illecito.

In merito, riportiamo i principali precedenti giurisprudenziali di riferimento che aiutano a comprendere in quali circostanze il comportamento tenuto dal consulente fiscale può realmente essere censurato dal giudice ai fini penali – tributari.

Sentenza Principi giuridici

Corte di cassazione, sentenza n. 39873 del 26.09.2013

Risponde di concorso nel reato il consulente che contabilizza nelle dichiarazioni dei redditi del cliente fatture che sapeva essere relative ad operazioni inesistenti.

Il professionista aveva redatto i bilanci e le dichiarazioni fiscali della società cooperativa ed era ben consapevole del ruolo di mere “cartiere” svolto dalla emittente XXX S.r.l. (la cui sede sociale coincideva con il proprio ufficio) e dalla emittente XXX S.r.l. (la cui sede sociale coincideva con l’indirizzo di un amministratore nel frattempo deceduto).

Le fatture, inoltre, già in sé stesse, erano oggettivamente tali da indurre sospetto in un commercialista appena avveduto, poiché in esse le attività fornite, a fronte di importi considerevoli, erano solo genericamente descritte.

Corte di cassazione, sentenza n. 4383 del 10.12.2013

Il comportamento attivo del consulente fiscale ha determinato un rafforzamento del disegno criminoso.

Quindi, per effetto della sua condotta, è aumentata la possibilità della commissione del reato.

Corte di cassazione, sentenza n. 17418 del 28.04.2016

Risponde di concorso nel reato di emissione di fatture false il professionista che suggerisce ai clienti di utilizzare i documenti fittizi al fine di abbattere il carico fiscale.

Corte di cassazione, sentenza n. 28158 del 29.03.2019

Il consulente fiscale può rispondere, in concorso con il proprio cliente, del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti qualora emerga che, anche sulla scorta di intercettazioni telefoniche, lo stesso era a conoscenza della frode fiscale.

 

In definitiva sulla base dei principi di diritto sopra illustrati, è del tutto evidente che per realizzarsi una responsabilità penale l’apporto fattuale fornito dal consulente fiscale deve essere determinante per la realizzazione della frode fiscale.

 

Antiriciclaggio: approfondimento operativo sulle nuove regole tecniche