Composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa: le misure cautelari
di Francesca Dal PortoNell’articolo 2 CCII è fornita la definizione sia delle misure protettive, sia di quelle cautelari: sono evidenti le differenze sostanziali.
Le misure protettive sono quelle «misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, (…)».
Per quanto riguarda, invece, le misure cautelari, l’articolo 2, comma I, lettera q. CCII, le definisce come provvedimenti «emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio e dell’impresa del debitore che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza».
Le misure protettive sono tipizzate dall’articolo 18 CCII e comprendono le seguenti:
a) i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, dal giorno della pubblicazione nel registro delle imprese dell’istanza con cui sono richieste le misure;
b) divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa;
c) dal giorno della pubblicazione dell’istanza, e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata;
d) i creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza. I medesimi creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 fino alla conferma delle misure richieste.
L’articolo 20 CCII prevede altresì che l’imprenditore può dichiarare che, sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482 bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482 ter del codice civile e non si verifica la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545 duodecies del codice civile.
Le misure cautelari collegate alla composizione negoziata sono invece funzionali a garantire il buon esito delle trattative (avviate o da avviare) per il risanamento dell’impresa.
I provvedimenti cautelari collegati con la composizione negoziata della crisi possono essere richiesti solo dal debitore al Tribunale competente, dopo l’accettazione da parte dell’esperto e contestualmente all’istanza di conferma o modifica delle misure protettive precedentemente scattate.
Con le misure protettive condividono la finalità: quella di assicurare il raggiungimento dell’obiettivo del risanamento.
Trattandosi però di misure cautelari, ne consegue la necessaria verifica dei presupposti tipici dell’esercizio dell’azione cautelare, ossia del fumus boni iuris e del periculum in mora sottesi alla domanda giudiziale, da declinare secondo le peculiarità del caso (Tribunale di Milano 17 gennaio 2022, Tribunale di Rieti 2 aprile 2022, Tribunale di Pisa 24 aprile 2023).
In particolare, il fumus boni iuris andrà evidenziato in relazione all’obiettivo del risanamento; il secondo (periculum in mora) in relazione ai possibili pregiudizi che tale obiettivo subirebbe ove le misure cautelari richieste non venissero adottate.
Il fumus boni iuris nelle procedure in esame appare basarsi:
- da una parte, nella precondizione di squilibrio patrimoniale od economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza,
- dall’altra, nel giudizio di risanabilità, secondo criteri di razionalità (ovvero di concreta probabilità), della situazione di crisi.
“La fondatezza della domanda di conferma delle misure protettive appare intrinsecamente legata alla ragionevole probabilità che attraverso le trattative il percorso di composizione possa esitare in uno degli strumenti, di cui all’art. 23 CCII, volto al risanamento od almeno alla gestione della crisi.” (Trib. Pisa 24 aprile 2023 n. 313).
La verifica della suindicata condizione va condotta avendo riguardo all’esito del test pratico di cui all’articolo 13, II co., CCII, al piano di risanamento predisposto dall’imprenditore ex articolo 17, II comma lett. b) CCII e soprattutto all’analisi condotta dall’esperto.
Quest’ultimo, in particolare, è chiamato ad esprimersi in modo critico sulle premesse e sugli obiettivi del progetto di risanamento, anche attraverso eventuali proposte di modifica del progetto, ovvero sulla veridicità dei dati contabili forniti dall’imprenditore e sulla fattibilità economica del piano.
Il giudice adito, chiamato ad esprimersi sulla conferma delle misure, deve tenere in massima considerazione le diverse valutazioni svolte dall’esperto, “pena il rischio di uno sconfinamento dell’organo giurisdizionale in valutazioni tipicamente “compositive” riservate ai creditori ovvero, per l’appunto, all’esperto negoziatore”.
Per quanto riguarda il periculum in mora, questo dev’essere interpretato come il rischio che la mancata concessione delle misure richieste possa pregiudicare l’andamento e il buon esito delle trattative e, di conseguenza, il risanamento dell’impresa.
La sussistenza di tale presupposto va verificata sulla base trattative in corso: queste, infatti, devono essere caratterizzate da concretezza e serietà, ovvero devono essere effettivamente protese al raggiungimento di un accordo, e condotte con correttezza e buona fede, in modo da garantire ai creditori interessati una completa informazione.
Al fine di valutare tale requisito, quindi, sono importanti:
- la condotta dell’imprenditore;
- la completezza delle informazioni fornite;
- la disponibilità a rappresentare ai terzi, in maniera compiuta e fedele,
- lo stato della propria impresa e;
- la condotta dei creditori che devono dimostrare buona fede e spirito conciliativo.
La verifica del periculum in mora deve tenere conto degli interessi contrapposti, in modo da garantire che le misure non risultino sproporzionate rispetto al pregiudizio in concreto arrecato ai creditori.
Non è proposta una tipizzazione delle possibili misure cautelari, queste possono concretizzarsi nella sospensione a favore dell’imprenditore dell’esecuzione di un contratto pendente: si pensi ad esempio, al caso della sospensione del patto di compensazione in un rapporto di anticipi di effetti bancari (tra i debiti intercorrenti con l’istituto di credito e le somme riscosse dai crediti anticipati) o del pagamento di rate di un piano di ammortamento di un finanziamento bancario, fino ad arrivare anche a chiedere il divieto di pubblicazione di segnalazioni alla centrale dei rischi, ecc.
L’obiettivo delle misure cautelari, si ricorda, è quello di cristallizzare la situazione esistente al momento in cui le trattative vengono iniziate, e conseguentemente di agevolare il loro positivo esito.