Con il riassetto dell’azienda agricola non si decade dalla PPC
di Fabrizio G. PoggianiFerma restando la continuazione dell’attività da parte dell’imprenditore agricolo nella società, in presenza di una riorganizzazione aziendale non si perdono le agevolazioni ottenute per l’acquisto del fondo rustico, concernenti la proprietà contadina.
Questo, in estrema sintesi, il contenuto di una recente sentenza, la n. 579 dello scorso 23 marzo della Commissione tributaria regionale della Toscana – Firenze – sezione 9, che è intervenuta su un contenzioso tra l’Amministrazione finanziaria e un contribuente che aveva riunito la nuda proprietà con l’usufrutto dei fondi rustici in una società a responsabilità limitata, prima del decorso di cinque anni dalla data dell’acquisto.
Il contribuente, infatti, nel 2009 aveva richiesto l’applicazione delle agevolazioni fiscali per l’acquisto di alcuni terreni e di alcuni fabbricati rurali asserviti ai terreni, sulla base della normativa applicabile all’imprenditore agricolo professionale (IAP), di cui all’art. 1, D.Lgs. 99/2004, aventi i requisiti per le agevolazioni inerenti alla piccola proprietà contadina (PPC).
Nel 2011, soltanto due anni dopo all’acquisto della proprietà, lo stesso imprenditore aveva riunito l’usufrutto dei fondi rustici con la nuda proprietà in una società, di cui lui stesso faceva parte con una quota del 99% (il restante 1% era del coniuge), non rispettando, per l’Agenzia delle entrate, la normativa che vietava la cessione dei beni compresi nel compendio immobiliare prima di cinque (o dieci) anni.
Con la sentenza 222/1/15 emessa nel corso del 2015 (precisamente il 1° aprile 2015), la Commissione tributaria provinciale di Siena – sezione 1 – aveva rigettato il ricorso del contribuente, condannandolo al pagamento delle spese di lite, con la conferma della validità dell’avviso di liquidazione con il quale lo stesso ufficio aveva proceduto al recupero delle imposte di registro, catastali e ipotecarie in misura ordinaria.
Il contribuente si è appellato, eccependo il difetto di motivazione della sentenza di primo grado, evidenziando che il passaggio era finalizzato alla riorganizzazione aziendale dell’impresa agricola, mediante riunificazione e accorpamento della proprietà dei fondi nella società di cui il medesimo imprenditore faceva parte con una quota consistente del capitale, senza che vi fosse alcun intento di natura speculativa.
Inoltre, il contribuente evidenziava che lo stesso aveva continuato a esercitare le attività agricole, quale imprenditore agricolo professionale (IAP), con la conseguenza che si dovevano ritenere applicabili le disposizioni contenute nell’art. 11, del D.Lgs. 228/2001, le quali prevedono una attenuazione dei vincoli in materia di piccola proprietà contadina, qualora la cessione avvenga nell’ambito di una riorganizzazione dell’impresa agricola all’interno della propria famiglia, richiamando a sostegno un documento di prassi ministeriale (risoluzione 1/12/2008 n. 455/E), il quale esclude la decadenza delle dette agevolazioni in caso di trasferimento della proprietà in capo alla società, purché il soggetto trasferente sia lo stesso che coltivi il fondo, sia in qualità di coltivatore diretto (CD), sia in qualità di imprenditore agricolo professionale (IAP).
I giudici dell’appello, dopo essere intervenuti sulle procedure di notificazione degli atti, anch’esse eccepite dal contribuente, hanno condiviso i rilievi mossi dal contribuente, circa la valorizzazione dell’usufrutto, non ritenendo apprezzabile, alla luce di quanto sostenuto anche dall’ufficio, l’assunto delle Entrate.
Infatti, in merito alla riorganizzazione aziendale, i giudici di secondo grado hanno rilevato, preliminarmente, l’assenza di un intento speculativo del trasferimento dell’usufrutto vantato sui fondi rustici e la presenza di un intento finalizzato a riunificare e accorpare la proprietà agricola, disponendo la riunione dell’usufrutto alla nuda proprietà, appartenente alla società a responsabilità limitata, di cui il trasferente possedeva addirittura il 99% del capitale sociale, ferma restando la continuazione, da parte dello stesso usufruttuario, dell’esercizio delle attività agricole quale soggetto qualificato imprenditore agricolo professionale (IAP).
I giudici hanno evidenziato, nella sentenza in commento, che l’art. 11, del D.Lgs. 228/2001, nel prevedere una vera e propria attenuazione dei vincoli in materia di agevolazioni concernenti la piccola proprietà contadina con la riduzione della decadenza da dieci a cinque anni, ha disposto (comma 3) che non si incorre in decadenza anche quando l’acquirente, in tal caso l’usufruttuario, durante il periodo vincolativo (attualmente cinque anni) prosegua la conduzione del fondo con una cessione nell’ambito della propria famiglia, per effetto di una riorganizzazione aziendale.
Correttamente, inoltre, il contribuente ha richiamato il citato documento di prassi dell’Agenzia delle entrate (risoluzione n. 455/E/2008) secondo il quale, in caso di trasferimento di fondi rustici acquisiti con le dette agevolazioni a favore di una società, non s’incorre nella decadenza dei benefici, purché i fondi siano coltivati dal trasferente, con la qualifica di coltivatore diretto (CD) o imprenditore agricolo professionale (IAP), perché la finalità del legislatore è quella di potenziare l’impresa agricola e di escludere la decadenza dell’agevolazione per un trasferimento che non abbia fini speculativi ma che si renda opportuno al fine di procedere con un riassetto aziendale.
Infine, i giudici dell’appello hanno anche affermato che qualsiasi altra interpretazione, anche analogica delle disposizioni richiamate, è errata, giacché la materia risulta espressamente disciplinata da norme specifiche e ben definite.