La Commissione prende nettamente posizione e condanna una valutazione dell’Ufficio basata su parametri occasionali e non singolarmente determinanti per considerare non democratica l’attività dell’associazione.
Poco tempo dopo la Commissione Tributaria, questa volta Regionale, si è di nuovo espressa sul punto, con presupposti di fatto simili e la condanna in appello delle valutazioni dell’Ufficio.
Nella sentenza n. 347/31/2015, la sezione 31 della Commissione Regionale di Torino si trova a dover decidere in appello del ricorso presentato da una A.S.D., accusata di operare come “società di fatto con intenti lucrativi”; il Fisco eccepiva l’invalidità delle modalità di convocazione di un’assemblea straordinaria.
Nonostante la Commissione Provinciale avesse ritenuto la suddetta circostanza idonea a ritenere che l’associazione svolgesse attività di tipo lucrativo, la Commissione Regionale considera fondato l’appello, in quanto l’omessa indicazione dei soci partecipanti ad un’assemblea “non possa assurgere non solo a rango di prova, ma anche di mero indizio da cui poter desumere lo svolgimento di un’attività di scopo lucrativo”.
La suddetta conclusione deriva da valutazioni di fatto della Commissione, che non si è fermata a una semplice circostanza occasionale, trattandola come determinante, ma al contrario ha proceduto a verificarne la portata all’interno delle dinamiche globali dell’associazione.
Chiara la linea tenuta dalle Commissioni Tributarie sul punto: i rilievi devono essere sostanziali e non occasionali. Ma soprattutto, riprendendo le linee guida dell’Agenzia delle Entrate, non costituiscono, singolarmente considerati, violazioni del requisito di democraticità se, sulla base di una valutazione globale della operatività dell’associazione, risultino comunque posti in essere comportamenti che garantiscano il raggiungimento del fine di gestione democratica del sodalizio.
Un esempio interessante in cui più presupposti fattuali hanno portato a riscontrare una effettiva violazione del requisito in esame si rinviene nella sentenza n. 412/04/15. In questo caso la Commissione Tributaria Provinciale di Torino, basandosi su più elementi, respinge il ricorso proposto da due A.S.D. contro l’Ufficio, ritenendo presenti e palesi le violazioni, da parte delle stesse, dei requisiti dell’articolo 90. La Commissione decreta che le associazioni ricorrenti sono gestite “come imprese commerciali a fini di lucro”.
Tale conclusione verte sulla considerazione di più rilievi, quali: la modesta o quasi insussistente partecipazione dei soci alle assemblee (“la circostanza che i verbali di assemblea siano sottoscritti soltanto dal Presidente e dal segretario provano l’assenza di una effettiva democraticità e di una concreta partecipazione dei soci alla gestione dell’attività associativa”); la presenza dello stesso Presidente per tutti gli anni di esistenza delle due associazioni; la violazione del divieto, da parte del Presidente di un’associazione, di ricoprire la stessa carica in altre associazioni. Allegando anche altri rilievi di natura sostanziale, la Commissione ha ritenuto sufficienti i motivi per “non riconoscere ai ricorrenti la qualifica di enti non commerciali”.
In conclusione, tenendo presente il panorama giurisprudenziale, si evidenzia la vaghezza e astrattezza della disposizione in esame che provoca altalenanza nelle valutazioni del rispetto dei requisiti; infatti, l’Agenzia dell’Entrate agisce a “briglie sciolte”, giungendo talvolta, con fattispecie simili, a valutazioni diametralmente opposte.
Per i suddetti motivi è necessaria una definizione normativa dei parametri da seguire per valutare la presenza o meno di “democraticità” in base alla norma in questione, più pregnante e vincolante di una mera circolare operativa, in modo da uniformare l’operato dell’Agenzia delle Entrate e ristabilire maggiore certezza del diritto.
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