Concorso nel reato anche se le fatture false non sono state contabilizzate
di Marco BargagliPer contrastare i fenomeni di frode fiscale attuati mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, il legislatore, con il D.L. 124/2019 (c.d. decreto fiscale), ha apportato notevoli correttivi rendendo più severe le pene in caso di illeciti penali tributari.
In merito, la normativa sostanziale di riferimento è contenuta negli articoli 2 e 8 D.Lgs. 74/2000, i quali attualmente prevedono l’applicazione della reclusione da quattro a otto anni nei confronti del soggetto che:
- al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi (ipotesi di utilizzo di fatture false);
- al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (ipotesi di emissione di fatture false).
Con particolare riferimento al concorso nel reato, l’articolo 9 D.Lgs. 74/2000, rubricato “concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” sancisce che, in deroga all’articolo 110 c.p.:
- l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo, non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’articolo 2 D.Lgs. 74/2000;
- chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo, non é punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’articolo 8 Lgs. 74/2000.
In buona sostanza, la normativa de qua vuole scongiurare il rischio che il medesimo soggetto venga punito due volte per lo stesso fatto penalmente rilevante violando, di fatto, il principio del “ne bis in idem”.
Tuttavia occorre evidenziare che, sulla base dell’approccio ermeneutico fornito in sede di legittimità (Corte di cassazione, sentenza n. 16550 del 27.04.2011, Corte di cassazione, sentenza n. 9281 del 09.03.2012, Corte di cassazione, sentenza n. 14862 del 16.04.2010), l’utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti concorre con l’emittente, secondo la disciplina prevista dall’articolo 110 c.p., non operando il regime derogatorio previsto dall’articolo 9 D.Lgs. 74/2000.
Infatti, si potrebbe determinare l’irrilevanza penale nei confronti del soggetto che ha posto in essere comportamenti riconducibili alla citata previsione concorsuale, in ordine all’emissione della documentazione fittizia senza successivamente utilizzare le fatture o gli altri documenti relativi a operazioni inesistenti, per essere avvenuti gli accertamenti fiscali prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte II – capitolo 1 “Il sistema penale tributario in materia di imposte dirette e IVA. Disposizioni sostanziali”, pag. 152 e ss.).
In tema di concorso nel reato tra emittente e utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti, si cita anche il recente orientamento della Corte di cassazione, intervenuto con la sentenza n. 41124/2019 del 22.05.2019, nella quale è stato affermato che il soggetto economico che riceve una fattura falsa risponde penalmente – unitamente all’emittente del documento – anche nella particolare ipotesi in cui non abbia dedotto il costo.
Nel caso risolto in apicibus, a parere del ricorrente la società non avrebbe infatti inserito nelle dichiarazioni dei redditi le fatture per operazioni inesistenti contestate.
Quindi, ai sensi del richiamato articolo 9 D.Lgs. 74/2000, dovrebbe escludersi il concorso dell’utilizzatore nel delitto posto in essere dall’emittente, a prescindere dalla realizzazione del reato riferito alla presentazione della dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (ex articolo 2 del citato decreto).
A parere della difesa, infatti, la ratio normativa non potrebbe essere solo quella di prevenire il bis in idem ma anche quella di evitare che, attraverso il meccanismo di cui all’articolo 110 c.p., si vanifichi la scelta del legislatore di punire l’utilizzatore solo per il delitto di danno e non anche per il precedente delitto di pericolo.
In buona sostanza, l’addebito mosso alla ricorrente di concorso nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti si sarebbe tradotto in violazione del disposto di cui all’articolo 9 D.Lgs. 74/2000, stante la veste della stessa di legale rappresentante della società destinataria di dette fatture.
La suprema Corte di cassazione non ha condiviso tale assunto.
A parere degli ermellini la norma prevista dal citato articolo 9 “vuole evitare la sostanziale sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto giacché l’emissione trova la sua naturale conseguenza nella utilizzazione mentre l’utilizzazione trova il suo naturale antecedente nell’emissione”.
Quindi, qualora l’emissione di fatture false integrasse anche il concorso nell’utilizzazione, così come l’utilizzazione integrasse anche il concorso nella emissione, il risultato sarebbe quello di una sostanziale violazione del divieto di bis in idem, che la norma ha dunque inteso scongiurare.
Ciò posto, i Supremi giudici rilevano che tale violazione non opera allorquando, come nel caso di specie, il destinatario delle fatture non ne abbia fatto utilizzazione.
Infatti sarebbe irrazionale il risultato cui si perverrebbe, seguendo invece l’assunto della ricorrente, ovvero una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione all’emissione della documentazione fittizia, per il solo fatto di non avere utilizzato poi quella stessa documentazione.
In definitiva, i giudici di piazza Cavour confermano che “il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’articolo 110 cod. pen., con l’emittente, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’articolo 9 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74”.