Conferimenti in natura e di crediti: difformità tra Spa e Srl
di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariCome noto, nella disciplina concernente le società per azioni, ai sensi dell’articolo 2343 del codice civile, è necessario che i soggetti che intendono conferire beni in natura o crediti presentino una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società, la quale deve essere allegata all’atto costitutivo. Tale documento oltre ad enucleare i criteri di valutazione seguiti, descrive i beni o i crediti conferiti ed inoltre asserisce che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo. Un’ipotetica negligenza da parte dell’esperto è trattata con l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 64 del codice di procedura civile e altresì la stessa darà origine a responsabilità in capo allo stesso per i danni cagionati alla società, ai soci e ai terzi. Ciò che si è ritenuto rilevante ai fini della predisposizione del presente contributo è la previsione normativa presente nel comma 3 dell’articolo 2343 riguardante l’obbligo di controllo in capo agli amministratori, da effettuarsi nel termine di centottanta giorni dall’iscrizione della società, delle valutazioni contenute nella relazione con possibile revisione della stima qualora vi fossero fondati motivi. Si noti che all’accezione “fondati motivi”, autorevole dottrina ha ritenuto attribuire un significato collegato all’iter logico effettuato dall’esperto, individuando “i casi nei quali la stima risulti manifestamente sproporzionata”. L’operazione di controllo delle valutazioni segna pertanto un discrimen, senza la quale vige il divieto di alienazione delle azioni corrispondenti ai conferimenti e l’obbligo di deposito delle stesse presso la società. Ciò in considerazione del fatto che è necessario che il capitale sociale sia protetto salvaguardando la società ed i terzi. Sul punto, è utile riportare il testo della massima concernente la sentenza della Cassazione n. 30020 del 2011, il quale si cita solamente in relazione all’articolo 2343 del codice civile e con l’intento di illustrare nella maniera migliore possibile il fine ultimo del controllo in questione. Si stabilisce che: “è nullo, in quanto contrario all’ordine pubblico economico, l’atto di compravendita delle quote di una società a responsabilità limitata concluso nonostante il regime di inalienabilità sancito dall’articolo 2476 cod. civ. (il quale, nel testo anteriore alla riforma societaria, richiamava l’articolo 2343 cod. civ.), per i casi in cui sia mancata la necessaria valutazione di congruità del conferimento da parte dell’organo amministrativo. Tale divieto, infatti, si fonda sull’esigenza di tutelare la società, garantendo l’effettività del capitale sociale, e, nel contempo, i terzi acquirenti delle partecipazioni sociali, operando a presidio dell’interesse generale e pubblico a che la circolazione delle medesime si attui secondo il regime della certezza del valore ad esse attribuito, a tutela dell’affidamento e non essendo il terzo legittimato ad accedere all’esame degli atti interni della società.
Trattandosi di norma inderogabile, né lo statuto, né l’assemblea possono derogare al divieto e permettere la libera circolazione delle partecipazioni prima che il procedimento di verifica sia positivamente concluso, mentre la nullità della compravendita può essere dedotta da qualsiasi interessato e rilevata d’ufficio, anche in difetto di specifica domanda del terzo acquirente, sussistendo l’interesse dell’ordinamento a rimuovere l’atto per le turbative che la sua conservazione può creare nel sistema della circolazione delle partecipazioni sociali”.




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