Confermato l’obbligo di individuare la provenienza dei dividendi black list
di Marco BargagliCome noto gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, sono esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95% del loro ammontare.
Tuttavia, ai sensi dell’articolo 89, comma 3, Tuir tale parziale esclusione da tassazione si applica solo agli utili provenienti dalle società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, diversi da quelli residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, individuati in base ai nuovi criteri previsti dall’articolo 47-bis, comma 1, Tuir.
La normativa de qua ha una spiccata finalità antielusiva, come peraltro confermato dalla circolare AdE 28/E/2006, imponendo di volta in volta l’individuazione della reale provenienza degli utili paradisiaci percepiti – anche indirettamente – da parte di soggetti residenti in Italia.
A tal fine, il citato documento di prassi, in chiave interpretativa, ha precisato che in sede di applicazione della disposizione in rassegna, con particolare riguardo alle ipotesi di partecipazioni indirette detenute tramite sub-holding intermedie, si rende necessario individuare – sul totale degli utili distribuiti – quelli generati dalle partecipate residenti o localizzate nel “paradiso fiscale”.
Quindi, la previsione in esame svolge sostanzialmente una funzione di chiusura del sistema fiscale contro le artificiose triangolazioni sui dividendi che consentono ai soci di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali attraverso società intermedie sostanzialmente interposte, operando come mere “conduit companies”.
La stessa circolare AdE 28/E/2006 afferma che, in presenza di partecipazioni in società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata indirettamente detenute, il regime di integrale tassazione si rende applicabile ai soli utili che, in coerenza con il dato testuale della disposizione, si possono considerare da esse provenienti.
Inoltre, nelle ipotesi estreme di sub-holding intermedie qualificabili come mere conduit company, l’intero utile da esse distribuito potrà ritenersi generato nel paradiso fiscale in cui è localizzata la società operativa.
Simmetricamente, sarà possibile individuare la fonte degli utili erogati da holding statiche o da società che non svolgono una effettiva attività economica, limitandosi alla mera detenzione delle partecipazioni.
In merito, per evidenti ragioni di semplificazione, il D.Lgs. 147/2015 (noto come “decreto crescita e internazionalizzazione delle imprese”) ha previsto che la tassazione integrale dei dividendi opera solo qualora il socio residente in Italia detiene una partecipazione diretta in una società residente o localizzata in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Di contro, in caso di partecipazione indiretta, il socio residente deve essere titolare di una partecipazione di controllo (ex articolo 2359 cod. civ.) detenuta nella sub – holding intermedia estera che ha percepito utili da società localizzate in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Ciò premesso, con il principio di diritto n. 20 del 31.12.2018, emanato da parte dell’Agenzia delle entrate, sono stati forniti importanti chiarimenti in relazione alla disapplicazione del regime di tassazione integrale degli utili provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato, distribuiti da una società “figlia” in ambito UE.
Nel citato documento di prassi viene confermato che il regime di imposizione integrale dei dividendi di cui all’articolo 89, comma 3, Tuir trova applicazione anche nei confronti degli utili distribuiti da una società conduit “figlia” ai sensi della c.d. Direttiva madre-figlia 90/435/CE, ma “provenienti” da una o più società partecipate residenti in Paesi a fiscalità privilegiata.
A tal fine è stato precisato che, ai fini della disapplicazione del citato articolo 89, comma 3, Tuir, l’esame condotto dai verificatori non può essere limitato all’applicazione di criteri generali predeterminati, ma deve essere effettuato caso per caso.
L’Agenzia delle entrate, sulla base di un approccio sostanziale, conclude affermando che:
- l’analisi specifica non può limitarsi a semplici quantificazioni del carico fiscale subìto dagli utili percepiti dalla casa madre italiana, ma deve essere fondata sulla circostanza che la partecipazione nel soggetto localizzato nel Paese a fiscalità privilegiata non sia detenuta, tramite la società figlia, allo scopo di evitare artificiosamente che i redditi siano tassati in maniera congrua;
- la circostanza che la società intermedia UE abbia ottenuto la disapplicazione della disciplina CFC white list ex articolo 167, comma 8-bis, Tuir, in quanto non sono stati ravvisati i presupposti per essere qualificata come una “costruzione di puro artificio”, non esclude che la medesima possa essere considerata un mero veicolo interposto per evitare l’imposizione integrale dei dividendi in capo alla controllante italiana.