Confisca: il giudice penale non è vincolato dall’adesione
di Arianna SemeraroIl giudice penale non è vincolato alla rideterminazione dell’imposta evasa effettuata dall’Agenzia delle entrate mediante accertamento con adesione se giustifica in maniera congrua tale scelta.
Queste le conclusioni raggiunte dalla Cassazione nella pronuncia n. 16333 del 18.04.2023 rigettando la richiesta di parte privata volta ad ottenere lo svincolo delle somme oggetto di sequestro preventivo per equivalente sulla scorta di una rideterminazione in negativo delle somme evase originariamente contestate.
In particolare, al contribuente era stata contestata l’emissione di fatture per prestazioni inesistenti con la consequenziale determinazione di un’imposta evasa eccedente le soglie penalmente rilevabili.
Veniva quindi attivato il procedimento penale con la disposta confisca per equivalente emesso sulla base dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate per un’imposta asseritamente evasa pari ad un importo di euro 150.000.
Nelle more del procedimento, il contribuente aderiva ad un accertamento con adesione per mezzo del quale, in sede di contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria, veniva rideterminata l’imposta evasa con una riduzione della stessa sulla scorta di una modifica dei parametri in base ai quali desumere la reddittività della società contribuente.
Il contribuente si rivolgeva con gli appositi strumenti processuali al giudice penale affinché questi riducesse corrispondentemente l’oggetto del sequestro preventivo.
Tuttavia, il diniego del giudice penale e la conferma dell’originaria misura, conducevano il contribuente ad impugnare la decisione dinanzi alla Cassazione censurando la pronuncia di rigetto nella parte in cui, difettando di accogliere la richiesta del contribuente e di tener conto della rideterminazione dell’imposta evasa effettuata in sede di accertamento con adesione, mancava di giustificare e motivare tale assunto e l’impossibilità di condividere le motivazioni degli atti di adesione.
La pronuncia in commento si inserisce nel mosaico della giurisprudenza in materia di doppio binario; principio quest’ultimo che, benché in crisi, continua a trovare concrete e rigidi applicazioni come nel caso di specie finendo per giungere ad esiti completamente opposti nei due ambiti tributario e penale quand’anche il discrimine tra le due valutazioni, come nel caso di specie, non risiede nell’elemento soggettivo che ben potrebbe modificare il giudizio di colpevolezza riscontrabile nei diversi ambiti ma si fonda sull’elemento oggettivo e materiale del fatto contestato.
I giudici di merito, nel caso di specie, fanno rigida applicazione del principio del doppio binario e dichiarano inammissibile il ricorso proposto dal contribuente. Viene evidenziato come la rideterminazione dell’imposta evasa effettuata in sede di accertamento con adesione non possa essere presa in considerazione dal giudice penale poiché effettuata non già sul riscontro di una diversa realtà fattuale ma esclusivamente per mezzo di metodi induttivi e scopi deflazionistici che non possono trovare ingresso all’interno del procedimento penale.
Affermano i giudici di legittimità testualmente: “l’originaria contestazione delle somme evase non era dedotta con metodi presuntivi e che la riquantificazione contenuta negli atti di adesione, basata esclusivamente sull’applicazione di indici medi di reddittività, non poneva assolutamente in discussione la falsità delle fatture che determinava la mancata riquantificazione dell’Iva, il cui importo è rimasto quello originariamente contestato.
Il tribunale pone, quindi, in evidenza la contraddittorietà degli atti di adesione che pur ammettendo la falsità delle fatture, in ottica meramente deflattiva, procedono alla definizione con minori imposte”.
In altre parole, i giudici di legittimità hanno avallato la posizione espressa dal Tribunale nonché legittimato la motivazione da questo esposta nell’ordinanza ritenendola sufficiente a giustificare il declino della richiesta avanzata dal contribuente.
Per gli Ermellini la posizione in punto di merito del giudice penale tiene conto di consolidate pronunce sul punto che hanno più volte ribadito come l’accertamento con adesione non possa assurgere a mezzo di prova e non è in grado di vincolare il giudice nella determinazione del profitto confiscabile, all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione, quando ricorrono elementi fattuali che siano in grado di considerare maggiormente attendibile la quantificazione dell’imposta originariamente effettuata.
Tale decisa e rigida applicazione del principio del doppio binario è fortemente attuale sulla scorta dei numerosi strumenti messi a disposizione dalla tregua fiscale varata con la Legge di bilancio 2023, che potranno nel tempo dare origine a simili vicende come quella qui commentata.
È per questo che, nella definizione delle pendenze con il Fisco per mezzo di strumenti deflattivi del contenzioso, è necessario prestare particolare attenzione a quelli che sono gli elementi di fatto e di diritto che sorreggono l’eventuale accoglimento della pretesa da parte del Fisco in quanto quest’ultimi potrebbero condizionare di non poco il relativo esito del procedimento penale.