Considerazioni sull’associazionismo sportivo
di Guido MartinelliLa settima commissione del Senato (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) ha attivato una indagine conoscitiva sullo “Stato di salute dello sport” (Atto n. 715). Tra i temi che ha in animo di affrontare vi è anche una riflessione sugli “aspetti fiscali della gestione dello sport e normativa che incide sull’associazionismo sportivo: criticità e proposte”.
Approfittando che, immeritatamente, parteciperò come tecnico del settore ad una audizione prevista nell’ambito di detta indagine, mi sono chiesto quali siano i punti salienti delle proposte che possono essere formulate in quella sede. Ragiono tenendo presente un punto di partenza che, ai giorni nostri, diventa quasi una ossessione: le proposte di modifica legislativa devono essere a impatto zero (o quasi) sui conti dello Stato.
Eccovi l’elenco.
- Definizione di sport: ad oggi non è legislativamente indicato cosa sia “sport”. Appare sufficiente che qualsiasi attività o gioco riceva un riconoscimento da un ente di promozione sportiva (che evidentemente, per aumentare i propri ricavi da affiliazione e tesseramento ha tutto l’interesse ad operare questi riconoscimenti) per ottenere l’iscrizione nei registri Coni e, di conseguenza, godere dei vantaggi fiscali a ciò collegati. Questo ha portato ad avere, a giugno 2016, iscritte al registro Coni, come casi campione, 3 associazioni che hanno nella denominazione sociale il termine “poker”, 8 il termine “massaggio”, 56 “teatro”, 689 “yoga”, 194 “pilates”, 14 “zumba”, 14 “discipline olistiche”, eccetera. Trattasi sicuramente di attività degnissime, tuttavia, può sorgere il dubbio che siano attività sportive, almeno nel senso olimpico del termine. Definire cosa debba intendersi per attività sportiva significherebbe circoscrivere l’area dei soggetti titolati a ricevere, per la tipologia di attività svolta, i benefici e le agevolazioni a tal fine stabiliti dal legislatore.
- L’acquisizione della personalità giuridica: oggi è molto meno costoso e complicato costituire una società per fare attività di impresa con responsabilità limitata (basti pensare ai ridotti costi necessari per la Srl semplificata) piuttosto che ottenere la personalità giuridica come associazione. Un euro di capitale e quasi nessun costo accessorio di costituzione per la Srl semplificata; 25.000 euro di patrimonio (almeno in Emilia Romagna), oneri notarili e accessori per una associazione sportiva. Poter prevedere la possibilità di costituire Srl semplificate anche nell’ambito sportivo solleverebbe molti dirigenti dalle preoccupazioni per le conseguenze personali, sotto il profilo della responsabilità solidale, per le attività oggi svolte dalle associazioni sportive prive di riconoscimento.
- L’articolo 132 e seguenti della direttiva comunitaria 112/CE/2006, in materia di imposta sul valore aggiunto, prevedono la possibilità, per gli Stati membri, fatte salve le altre disposizioni comunitarie disciplinanti l’imposta, di prevedere delle ipotesi di esenzione dall’Iva per “talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organizzazioni senza scopo lucrativo alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica”. Il nostro ordinamento ha recepito tale indicazione come “esclusione” da Iva ai sensi del quarto comma dell’articolo 4 del D.P.R. 633/1972. Ma, essendo la cessione dietro corrispettivo di servizi sportivi l’attività prevalente per molti sodalizi sportivi, questo ha prodotto l’esplosione di “associati” e di “tesserati” che hanno natura di meri clienti ed utilizzatori dei servizi sportivi, ma che vengono “mascherati” come tali al solo fine di godere della esclusione da Iva. Poter contare sulla esenzione da Iva e non sulla esclusione consentirebbe: di ricondurre all’area commerciale una attività che onestamente vi rientra a pieno titolo; di non gravare sull’utenza un carico Iva che la penalizzerebbe; di lasciare comunque inalterati i proventi per l’erario, i quali anzi potrebbero essere lievemente incrementati del recupero che l’esenzione da Iva produrrebbe ai fini dei redditi (non potendosi, in tal caso, più applicare l’articolo 148 del Tuir).
- Riconfermare, a prova di “Agenzia delle entrate”, la natura di spese di pubblicità per le sponsorizzazioni di ammontare non superiore a 200.000 euro ai sensi di quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 90 della L. 289/2002. Questo per disinnescare una serie di accertamenti fondati sulla non inerenza e anti economicità di queste sponsorizzazioni.
- Ritornare, per i compensi sportivi, alla disciplina esistente prima della L. 342/2000. Quindi: fascia esente fino a 10.000 euro di compensi annui e, in caso di eccedenza, applicazione su tutto l’importo della disciplina fiscale, previdenziale e assicurativa prevista per le collaborazione coordinate e continuative di cui all’articolo 409 cod. proc. civ..
- Obbligo di pubblicazione, sul registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche tenuto dal Coni, dei rendiconti economico – finanziari annuali, con verbale di assemblea che li approva.
Sei articoli, nessuna nuova agevolazione (anzi!!), solo una ricostruzione diversa delle varie fattispecie applicabili. Sono convinto che l’implementazione di quanto sopra, con adeguato controllo, porterebbe pulizia e sollievo al settore. Mi illudo?