22 Giugno 2015

Consilium interruptus

di Michele D’Agnolo
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Il lavoro consulenziale di ogni professionista può essere logicamente scomposto in una serie di fasi.

Una fase iniziale, ricognitiva, destinata a capire sommariamente la situazione e ad emettere un preventivo. Una fase di analisi, volta a rilevare in profondità i problemi del cliente. Una fase diagnostica, volta a definirli. Una fase di risoluzione dei problemi vera e propria. Che si tratti di un consulto medico o di progettare una villetta a schiera, di predisporre un ricorso civile o di elaborare un’operazione straordinaria aziendale, il processo di consulenza rimane più o meno lo stesso. Spesso, una volta giunto alla risoluzione del problema il professionista la comunica frettolosamente al cliente e poi scompare nel turbinio dei propri impegni.

E così, gran parte del valore che il cliente potrebbe aver percepito dal consulto va gettato alle ortiche. È come abbandonare un amplesso un attimo prima dell’orgasmo, fuggendo rovinosamente lungo le scale con la cintura slacciata e i pantaloni in mano.

Molte volte non è nemmeno chiaro allo stesso professionista il come lascerà il cliente una volta positivamente terminata la relazione professionale. E se non lo sa il professionista come farà ad andarsene, figuriamoci il cliente. È, quindi, utile stabilire fin dal principio come avverranno i saluti e quali saranno i parametri di misurazione del successo.

Vediamo di capire perché è bene fare le cose fino in fondo. Esiste innanzitutto un lato emotivo che suggerisce di accomiatarsi in modo appropriato e non come una Cenerentola allo scoccar della mezzanotte.

È un po’ come se avessimo paura che lo studio si trasformi improvvisamente in una zucca e i nostri collaboratori in tanti graziosi topolini.

Celebrare la vittoria, almeno con una telefonata, è utile per far percepire al cliente il valore di quanto svolto. Meglio se si riesce ad organizzare un breve incontro, magari facendo un’improvvisata. Ma non è solo la carenza di tempo a farci saltare a piè pari questa fase importantissima. Non di rado siamo filosoficamente contrari in quanto l’esternazione contrasta col nostro proverbiale understatement. Chi si loda si sbroda, giustamente ci ammonisce la saggezza popolare. Ma farla un pochino fuori dal vaso ha in questo frangente una precisa valenza di marketing. L’importante è non esagerare. Tutti abbiamo bisogno del narrativo e del lieto fine. Il problema, il nemico, l’eroe che dopo mille vicissitudini ci salva, la festa finale.

E lavorarono tutti felici e contenti. E per una volta tanto che siamo noi l’eroe, non possiamo far finta di niente.

Celebrare serve anche al cliente a uscire da una relazione di aiuto che può avergli creato dipendenza, appoggiandosi troppo sul consulente. A volte i clienti, come i nostri partner romantici, hanno bisogno di stare un pochino senza di noi per capire il nostro valore. O magari per capire, invece, che gli serviamo come a un pesce la bicicletta. In ogni caso è salutare.

La chiaccherata di fine consulto serve anche a chiarire cosa il cliente dovrà al caso ancora fare per ottenere i risultati che si attendeva. Se non prendi le medicine che ti ha prescritto, la consulenza anche del più illustre dei luminari servirà a ben poco per aggiustarti la salute.

Di solito, inoltre, la conversazione finale serve a evidenziare ulteriori eventuali future necessità e la capacità del professionista di soddisfarle. È quasi matematico: ogni volta che si va a trovare un cliente si porta a casa un nuovo lavoro.

Ove possibile, è utile abbinare alla celebrazione un breve report scritto, che però non deve sostituire l’incontro, a meno che il cliente non lo gradisca o sia troppo impegnato. Spesso, inoltre, la natura della consulenza prestata esige una serie di verifiche successive, come quando il chirurgo vuole toglierci i punti dopo una settimana dal tagliuzzamento. Si parla in questi casi di follow up consulenziale.

In altri frangenti, invece, il follow up è un’opportunità da tenere ben presente. Se abbiamo accompagnato anni fa un cliente a costituire una società in Spagna, sarà felice di sapere tempestivamente che c’è una nuova normativa che incide sulla struttura del suo investimento. È come quando ti richiama la concessionaria auto perché si è accorta che è meglio sostituire un pezzo difettoso.

L’incontro di fine consulenza può essere l’occasione per chiedere al cliente come si è trovato con il team che lo ha seguito e avere per questa via un feedback organizzativo importantissimo per il miglioramento dello studio.

L’incontro di suggello è utile anche per poter elicitare elegantemente un passaparola positivo del cliente nei confronti non certo di competitors, ma di amici e conoscenti.

L’incontro di commiato sarebbe bene fosse accompagnato se non addirittura preceduto dall’emissione della notula a saldo, per approfittare della situazione di ricordo del sinallagma per sollecitare il pagamento.

Il follow up consulenziale non va confuso con quello commerciale. Dopo la conclusione della relazione professionale è utile non perdere il contatto con i clienti. E allora sono indispensabili le visite pastorali programmate, le newsletter, gli eventi scientifici e culturali, la partecipazione del professionista ai raduni di quel certo settore economico di cui il cliente si occupa. Ogni occasione è buona per rivedere il cliente e per parlargli. E allora godiamocela fino in fondo questa consulenza.