4 Luglio 2017

Il contenuto della sentenza

di EVOLUTION
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Il giudice tributario può emettere tre diverse tipologie di provvedimento:

Al fine di approfondire i diversi aspetti relativi alla sentenza, è stata pubblicata in Dottryna, nella sezione “Contenzioso”, una apposita Scheda di studio.
Il presente contributo tratta nello specifico il contenuto della sentenza.

Nel processo tributario possono essere emesse quattro tipologie di sentenze:

Ai sensi dell’articolo 36, commi 2 e 3, D.Lgs. 546/1992 la sentenza deve contenere:

  • l’indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei loro difensori;
  • la concisa esposizione dello svolgimento del processo;
  • le richieste delle parti;
  • la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto;
  • il dispositivo;
  • la data della deliberazione;
  • la sottoscrizione del presidente e dell’estensore.

L’inosservanza di quanto disposto nell’articolo 36 citato può determinare, a seconda dei casi, la nullità della sentenza o la sua emendabilità tramite il procedimento di correzione delle sentenze ex articolo 287 c.p.c..

Indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei loro difensori

L’indicazione della composizione del collegio comprende la competente Commissione tributaria che ha emesso il provvedimento e i giudici che hanno partecipato alla deliberazione. La sentenza è nulla se la deliberazione è avvenuta ad opera di giudici diversi da quelli che hanno partecipato alla discussione per violazione del principio di immutabilità del giudice di cui all’articolo 276, comma 1, c.p.c. o con un numero di giudici diverso da quello previsto dalla legge ex articolo 2, comma 5, D.Lgs. 545/1992.

Invece, l’omessa o inesatta indicazione delle parti e dei difensori non comporta, in linea generale, la nullità della sentenza, atteso che per tale omissione o errore è possibile ricorrere al procedimento di correzione delle sentenze ex articolo 287 c.p.c..

Concisa esposizione dello svolgimento del processo

L’esposizione dello svolgimento del processo consiste nella narrazione dei principali elementi di fatto. La giurisprudenza ha affermato che l’omessa esposizione degli eventi del processo può determinare in alcuni casi la nullità della sentenza, in quanto inficia la parte motivazionale della sentenza (cfr., Cass., sentenza n. 6660/2006).

Richieste delle parti

Secondo la giurisprudenza l’omessa indicazione delle richieste delle parti può comportare la nullità della sentenza, laddove abbia inciso concretamente sull’attività del giudice per averne causato una omissione oppure un difetto di motivazione (cfr., Cass., sentenza n. 4208/2007).

Succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto

Ai sensi dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., l’esposizione dei motivi in fatto e diritto, ovvero dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, costituisce la motivazione della sentenza.

In particolare, il collegio giudicante deve esporre concisamente e in ordine le questioni discusse e decise, nonché indicare le norme di legge e i principi di diritto applicati. In ogni caso, deve essere omessa invece ogni citazione di autori giuridici.

Il difetto di motivazione della sentenza di primo grado non costituisce, di per sé, nullità processuale rilevabile dinanzi alla competente Commissione tributaria regionale, in quanto la sentenza di appello si sostituisce a quella di primo grado.

Invece, il difetto di motivazione della sentenza di secondo grado costituisce nullità processuale rilevabile nel giudizio dinanzi alla Suprema Corte, che potrebbe disporre la cassazione della pronuncia di secondo grado con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale.

In linea generale, la motivazione della sentenza può essere redatta per relationem ad altra pronuncia, anche richiamando i principi di diritto già affermati dalla giurisprudenza di legittimità, purché il collegio giudicante non si limiti a recepire acriticamente il contenuto dell’altra sentenza (cfr., Cass. SS.UU., sentenza n. 14814/2008).

Dispositivo

Il dispositivo rappresenta la parte precettiva della sentenza, ovvero il comando che il giudice impone nella stessa.

Esso acquista rilevanza esterna solo con la pubblicazione della sentenza, con la conseguenza che sino a tale momento può essere modificato. Il contrasto tra motivazione e dispositivo può determinare la nullità della sentenza:

  • censurabile mediante appello, se incide sulla delineazione del comando;
  • emendabile attraverso il procedimento di correzione degli errori materiali di cui all’articolo 287 c.p.c., se il contrasto deriva da una svista materiale.

Data della deliberazione

La data della deliberazione deve comprendere l’anno, il mese, il giorno e il luogo in cui è avvenuta la deliberazione.

L’omessa o inesatta indicazione della data della deliberazione non comporta la nullità della sentenza, in quanto tale vizio è emendabile tramite il procedimento di correzione delle sentenze di cui all’articolo 287 c.p.c..

Sottoscrizione del presidente e dell’estensore

La sentenza deve essere sottoscritta in calce dal presidente e dall’estensore prima della pubblicazione. La mancata sottoscrizione costituisce una nullità insanabile, può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e comporta l’inesistenza della sentenza.

Ne deriva che tale vizio può essere fatto valere anche dopo lo spirare dei termini di impugnazione, in quanto l’inesistenza della sentenza impedisce la formazione del giudicato.

Quando la sentenza di primo grado è viziata da mancata sottoscrizione, il giudice di appello rimette la causa dinanzi alla Commissione tributaria provinciale ex articolo 59, comma 1, lett. e), D.Lgs. 546/1992.

La mancata sottoscrizione può essere sanata sino alla pubblicazione della sentenza, che rappresenta il momento in cui essa acquisisce rilevanza esterna.

Il rinnovo della pubblicazione della sentenza finalizzato a sanare la mancata sottoscrizione veniva ammesso da un orientamento giurisprudenziale datato. Secondo il più recente orientamento, invece, non è possibile procedere alla rinnovazione della pubblicazione una volta che la sentenza sia stata pubblicata, in quanto il giudice non avrebbe più alcun potere di decisione (cfr., Cass., sentenza 7275/2001).

Nella Scheda di studio pubblicata su Dottryna sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti: