Contraddittorio endoprocedimentale necessario: il monito della Consulta
di Arianna SemeraroLa Corte Costituzionale ha lanciato un monito al legislatore affinché introduca un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale applicabile a tutte le tipologie di accertamento tributario.
Queste le conclusioni raggiunte dalla Consulta che con sentenza n. 46/2023, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale proposta, afferma come l’inesistenza di un generalizzato obbligo di preventivo contraddittorio non sia più coerente con l’evoluzione dell’intero sistema tributario.
Nel dettaglio, la CTR Toscana rimetteva al Giudice delle leggi la questione sollevando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente nella parte in cui prevede l’obbligo di instaurare un contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, solo nel caso in cui la verifica venga effettuata presso i locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali del contribuente (le cosiddette verifiche in loco).
La censura mossa è volta a far sì che l’articolo 12, comma 7 cit. possa assurgere a principio generale e trovare applicazione in ogni caso anche quando, come avvenuto nel caso di specie, la verifica venga effettuata presso gli uffici dell’Agenzia delle entrate (c.d. verifiche a tavolino).
Come noto, il comma 7 citato impone all’Amministrazione finanziaria la compilazione del processo verbale di chiusura delle operazioni di indagine da parte degli organi di controllo, il suo rilascio al contribuente, il decorso di un termine dilatorio di sessanta giorni prima dell’adozione dell’avviso di accertamento, durante il quale questi può presentare osservazioni e, in caso di mancato accoglimento delle stesse, un obbligo di motivazione rafforzato.
Tuttavia, questo specifico iter procedimentale, incentrato sulla garanzia del contraddittorio, è prescritto solamente qualora l’istruttoria sia stata realizzata accedendo ai locali di pertinenza del contribuente.
Per la CTR Toscana il procedimento appena descritto dovrebbe trovare applicazione anche quando l’accertamento tributario venga fatto per mezzo di c.d. verifiche a tavolino poiché, diversamente opinando, secondo il giudice di merito si rischia di creare una disparità di trattamento tra coloro i quali vengono accertati tramite verifiche in loco e quelli che, diversamente, vengono controllati tramite i documenti di cui l’Agenzia delle entrate dispone, con la conseguente violazione del diritto di difesa per i secondi.
La Corte Costituzionale dichiara la questione di legittimità costituzionale inammissibile senza tuttavia perdere l’occasione di inviare un importante monito al legislatore affinché intervenga al fine di garantire l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria.
Intervento, quest’ultimo, non più procrastinabile per la Consulta alla luce dell’intero impianto normativo in materia e massimamente dell’evoluzione legislativa del sistema tributario che negli ultimi anni, seppur con norme speciali, ha ampliato sempre più i casi in cui l’Agenzia delle entrate è tenuta a instaurare un preventivo contraddittorio con il contribuente.
Trattasi di disposizioni specifiche che prescrivono l’interlocuzione preventiva con il contribuente con modalità ed effetti diversamente declinati a seconda della dinamica istruttoria seguita dall’Amministrazione e delle esigenze a essa sottese.
Si pensi all’articolo 38 D.P.R. 600/1973 che, in relazione alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche, prescrive che l’Agenzia convochi il contribuente e avvii il procedimento di accertamento con adesione, ovvero alla preventiva richiesta di chiarimenti disposta in materia antielusiva dall’articolo 10-bis, Statuto, piuttosto che all’articolo 5-ter D.Lgs. 218/1997 in forza del quale, prima di emettere un avviso di accertamento l’ufficio deve notificare al contribuente l’invito a comparire per avviare il procedimento di accertamento con adesione e, nel caso di mancato accoglimento delle difese addotte, è obbligato a darne specifico conto mediante l’obbligo di motivazione rafforzata dell’avviso.
Sulla scorta di tali specifiche applicazioni, la Corte Costituzionale conclude affermando come la mancanza di un generalizzato obbligo di contradditorio endoprocedimentale risulti ormai distonica rispetto all’evoluzione normativa tributaria, ma d’altro lato non manca di sottolineare come l’eterogeneità dei diversi modelli accertativi e delle diverse esigenze sottese renda complessa l’introduzione di una norma di carattere generale.
Ne deriva dunque il monito al legislatore ad individuare la modalità più corretta e che tenga conto delle specificità sottese ma che riesca ad ogni modo ad assicurare il coinvolgimento del contribuente in ogni tipo di accertamento.
Non può che essere accolto con favore l’indirizzo espresso dalla Consulta e volto a criticare un impianto legislativo non più contemporaneo e in linea con il diritto di difesa e di collaborazione Fisco-contribuente a cui l’accertamento tributario deve ambire.
Il recepimento di tale suggerimento da parte del legislatore eliminerebbe la disarmonia ad oggi esistente e farebbe univoca e generalizzata applicazione del principio europeo secondo cui è “diritto di ogni individuo essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio”, che il legislatore nazionale ha più volte dimostrato di condividere mediante le specifiche e ben tipizzate fattispecie dapprima citate.