8 Gennaio 2024

Contraddittorio preventivo e motivazione rafforzata a pena di annullabilità

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Con il D.Lgs. 219/2023, pubblicato in G.U. n. 2 del 3.1.2024, si rendono definitive le importanti modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000), in attuazione dei principi e criteri direttivi indicati dalla legge delega fiscale (L. 111/2023).

Innanzitutto, l’articolo 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. 219/2023, introduce nel corpo normativo delineato dallo Statuto del contribuente l’articolo 6-bis, L. 212/2000, rubricato “Principio del contraddittorio”.

Tale disposizione, al comma 1, si preoccupa di rendere “effettivo e informato” il contraddittorio preventivo tra amministrazione finanziaria e contribuente, mediante la sua previsione a pena di annullabilità di tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria.

Quindi è possibile osservare come la previsione indicata contempli un contraddittorio endoprocedimentale che, in via generale, è applicabile a tutti gli atti autonomamente impugnabili.

Tuttavia, fanno eccezione gli atti specificamente indicati al successivo comma 2, dell’articolo 6-bis, L. 212/2000, ovvero gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni, nonché quelli relativi a casi motivati di fondato pericolo per la riscossione.

Al riguardo, occorre rilevare che la “semantica” di tale previsione, a nostro avviso, pone più di qualche dubbio in merito al relativo ambito applicativo, ma si confida sulla specifica individuazione degli atti esclusi che, così come normativamente previsto, dovrà avvenire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Inoltre, è agevole osservare che la suddetta previsione contempla un contraddittorio preventivo che trova applicazione indistintamente a tutte le tipologie di tributi (armonizzati e non armonizzati), così come a qualsiasi tipologia di verifica fiscale (in loco o a tavolino), così superando la giurisprudenza di legittimità formatasi in materia.

Proseguendo nella disamina della novella, si rileva che al comma 3, del citato articolo 6-bis, L. 212/2000, vengono indicate le regole procedimentali del contraddittorio preventivo.

Nello specifico, è previsto che il contraddittorio venga attivato dall’amministrazione finanziaria mediante la comunicazione al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, di uno schema di atto. A questo punto, il contribuente avrà a disposizione un termine non inferiore a 60 giorni per presentare eventuali deduzioni difensive, ovvero per accedere e estrarre copia degli atti del fascicolo.

È espressamente previsto che l’atto impositivo non possa essere adottato prima della scadenza del suddetto termine, quindi non prima che siano decorsi almeno 60 giorni dalla comunicazione dello schema di atto.

Nella ipotesi in cui il termine di 60 giorni per la formulazione di memorie difensive scada dopo il termine ordinario di decadenza dal potere impositivo, ovvero qualora lo schema di atto venga trasmesso al contribuente a meno di 120 giorni dal termine ordinario di decadenza, l’atto impositivo potrà essere notificato entro il centoventesimo giorno successivo alla scadenza ordinaria.

L’auspicio, comunque, è che il contraddittorio preventivo sia effettivo nel vero senso della parola e non si risolva, invece, in una interlocuzione “di facciata”, utile solo per l’amministrazione finanziaria a correggere il tiro e confezionare il migliore atto possibile, anche sulla scorta delle carte scoperte dal contribuente.

Altra previsione molto importante è quella concernente l’obbligo di motivazione rafforzata, che finalmente ha trovato definitiva collocazione nell’impianto normativo dello Statuto del contribuente.

Infatti, al comma 4, dell’articolo 6-bis, L. 212/2000, è stabilito che l’atto adottato all’esito del contraddittorio (quindi, l’atto impositivo) dovrà tenere conto delle osservazioni presentate dal contribuente e, inoltre, dovrà essere motivato con riferimento a quelle che l’amministrazione finanziaria ritiene di non accogliere.

Sul punto, occorre menzionare anche quanto previsto dall’articolo 7-bis, L. 212/2000, rubricato “Annullabilità degli atti dell’amministrazione finanziaria”, previsione inserita dall’articolo 1, comma 1, lett. g), D.Lgs. 219/2023.

La disposizione citata stabilisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria impugnabili dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria sono annullabili per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti.

Inoltre, i motivi di annullabilità (così come quelli di infondatezza) dell’atto sono dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d’ufficio.

Quindi appare evidente come in difetto di contraddittorio preventivo, necessariamente il contribuente dovrà far valere tale vizio innanzi al giudice tributario con il ricorso di primo grado.

Stante poi la previsione sopra indicata, a nostro avviso, dovrebbe ritenersi superata quella giurisprudenza che propugna la c.d. prova di resistenza, gravando il contribuente della dimostrazione in sede giudiziale che, laddove il contraddittorio non fosse mancato, il procedimento avrebbe effettivamente comportato un risultato diverso.

In definitiva, la mera violazione del citato articolo 6-bis, L. 212/2000 (principio del contraddittorio), determinerà il giudice all’annullamento dell’atto impositivo. Stesso discorso varrà nel caso di mancato rispetto dell’obbligo di motivazione rafforzata.