Contratti a termine in valuta
di Fabio Landuzzi
I costi sostenuti per l’acquisto di beni in valuta estera devono essere sempre determinati, ai fini fiscali, considerando il cambio del giorno di effettuazione dell’operazione, anche se ne è previsto il pagamento differito e vengono stipulati dall’impresa dei contratti di copertura a termine.
Le società che acquistano materie prime da Paesi siti al di fuori della c.d. “area Euro” eseguono frequentemente operazioni in valuta estera soggette al rischio di oscillazione del cambio e non è raro che, a tal fine, scelgano di porre in essere operazioni di acquisto a termine di valuta con finalità di copertura.
Secondo le indicazioni del Principio contabile OIC 26, la differenza fra il cambio spot ed il cambio a termine (il premio o sconto) dovrebbe essere inizialmente rilevata in contabilità come una componente finanziaria, con contropartita un rateo attivo (o passivo).
Al momento della consegna dei beni acquistati, il costo di acquisto viene dapprima contabilizzato al cambio del giorno dell’operazione e poi incrementato (o diminuito) della differenza fra tale cambio e quello spot alla data di stipula del contratto di copertura, mentre il rateo precedentemente rilevato viene girato al debito verso il fornitore.
In questo modo, si ha che:
- il costo di acquisto dei beni viene rilevato nel conto economico al cambio spot del giorno di stipulazione della copertura, mentre
- solo la differenza fra il cambio a termine e tale cambio a pronti assume una natura finanziaria (da imputare poi al conto economico pro-rata temporis).
Tale soluzione non risulta però compatibile con le rigide norme fiscali contenute negli articoli 9, comma 2, e 110, comma 2 del Tuir, secondo le quali la valutazione delle spese in valuta estera deve avvenire al cambio del giorno in cui le spese sono state sostenute che, nel caso dell’acquisto di beni mobili, corrisponde alla data di consegna o spedizione [articolo 109, comma 2, lett. a), del Tuir]: in questo modo si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella R.M. n. 83/2009 secondo cui, ai fini fiscali, i componenti di reddito relativi ad operazioni in valuta devono essere valutati al cambio del giorno in cui questa si considera effettuata, con i criteri stabiliti per l’individuazione della “competenza fiscale” dell’operazione.
Di conseguenza, ai fini fiscali, il costo di acquisto dei beni, quand’anche fosse rilevato nella contabilità della società al cambio spot del giorno di stipulazione dell’operazione di copertura, dovrebbe essere assunto anche per la valutazione fiscale delle rimanenze di magazzino al controvalore determinato utilizzando il cambio del giorno di consegna o spedizione e tale controvalore dovrebbe essere utilizzato poi per determinare il risultato finanziario dell’operazione di copertura pari, appunto, alla differenza fra il cambio fissato a termine ed il cambio del giorno di effettuazione dell’acquisto dei beni.
Per le società che effettuano acquisti di materie prime dall’estero con prezzo espresso in valuta, si può verificare pertanto la problematica di un “doppio binario civilistico fiscale”, nel caso in cui queste applichino fedelmente i canoni indicati dal Principio OIC 26 che, come sopra illustrato, non sono condivisi dall’Amministrazione finanziaria la quale, nella citata R.M. n. 83/2009 ha ritenuto che non si possa derogare ai principi affermati dall’art. 110, comma 2, del Tuir.
Diversamente, ai fini Irap, in forza del principio di derivazione dell’imponibile dalle risultanze del bilancio, vanno considerate le rilevazioni effettuate dalla società nel bilancio in aderenza alle indicazioni del Principio OIC 26 e pertanto la componente finanziaria sarà determinata come risultante dal conto economico, senza effettuare le variazioni eventualmente richieste dall’Amministrazione finanziaria ai soli fini IRES.