6 Giugno 2018

Contratto di affiancamento in agricoltura: l’analisi del Notariato

di Luigi Scappini
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Con il recente Studio n. 25-2018/T il Notariato ha analizzato il cd. contratto di affiancamento, forma contrattuale introdotta con l’articolo 1, commi 119 e 120, L. 205/2017 (c.d. Legge di Bilancio 2018) per agevolare il ricambio generazionale e, indirettamente, l’inserimento dei giovani nel settore dell’agricoltura.

Lo sforzo del Legislatore è da apprezzare in quanto i dati relativi al passaggio generazionale offrono una fotografia di un Paese che, senza rendersene conto, rischia di dilapidare il patrimonio di conoscenze e competenze costruitosi nel tempo e che caratterizza il Made in Italy agroalimentare tanto apprezzato nel Mondo.

Secondo dati provenienti da Infocamere, nel 2014, solamente il 31% delle imprese a base familiare, tipica forma del settore agricolo, riusciva a passare alla seconda generazione e solo il 15% alla terza, come a dire che su 100 aziende create dal nonno, solamente 15 pervenivano ai nipoti.

Ecco che allora, almeno per quanto concerne il settore primario, è indiscusso l’impegno profuso dal Governo nel cercare di dotare i giovani di strumenti che favoriscano e semplifichino il passaggio generazionale, sia esso interfamiliare o meno; in tal senso depone, ad esempio, il bando appena chiusosi di Ismea consistente nella concessione di contributi in conti interessi sull’acquisto di terreni o quello appena avviato in sinergia con il Mipaaf dedicato alla formazione.

La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto, in via sperimentale per il triennio 2018-2020, la possibilità di stipulare contratti di affiancamento tra giovani con un’età compresa tra i 18 e i 40 anni e imprenditori agricoli o coltivatori diretti over 65 anni o pensionati.

Lo Studio del Notariato evidenzia come, per quanto attiene il requisito dell’età, il giovane deve non aver ancora compiuto 40 anni alla data di stipula, a nulla rilevando l’eventuale superamento in costanza di rapporto.

Lo Studio si interroga quindi sui motivi che hanno portato il Legislatore a prevedere, quale requisito in capo ai giovani, il non essere titolari del diritto di proprietà o di diritti reali di godimento su terreni agricoli, dal momento che nulla vieta di affiancare un soggetto apprendendo il mestiere, pur essendo titolari di altri fondi. La ratio, a parere del Notariato, molto probabilmente deve essere trovata nel “far sì che l’affiancante conquisti una idonea formazione con un periodo di dedizione all’attività altrui, idonea all’acquisizione delle tecniche necessarie al proficuo svolgimento di quella propria”.

La norma non specifica se il divieto riguardi la proprietà esclusiva o anche solo quella riconducibile a singole quote; tuttavia, pare ragionevole aderire alla prima soluzione in quanto l’unica in grado di garantire una conduzione esclusiva del fondo.

Il contratto, stante l’obbligo di allegazione al piano aziendale da presentarsi presso Ismea, dovrà essere redatto obbligatoriamente in forma scritta e può prevedere il subentro del giovane nella conduzione del fondo.

Questo, come già evidenziato in sede di primo commento della norma, rappresenta forse il difetto dello strumento introdotto, in quanto lo rende molto simile a un contratto di apprendistato, il quale non offre garanzie al giovane che, dopo aver imparato il mestiere e aver trovato, molto probabilmente, una determinata stabilità, rischia di vedersi “scalzare” da un altro giovane, e a niente serve la previsione di una prelazione, della durata limitata di 6 mesi, sull’azienda.

A bene vedere, tale previsione rappresenta forse un precedente per quanto concerne l’estensione della prelazione alla cessione di un’azienda agricola fondiaria, tema dibattuto in dottrina.

Indubbio è che l’intento del Legislatore sia quello di prevedere una norma antielusiva (in tal senso depone ad esempio, in merito all’estendibilità della prelazione all’azienda, la sentenza del Tribunale di Pisa del 6 marzo 1975); tuttavia in questo modo si rischia di estendere la portata dell’istituto (in senso conforme la sentenza della Corte di Cassazione n. 24018/2011).

Rinviando ad altra sede l’analisi della portata della prelazione agraria, mal si comprende come, al contrario, il Legislatore si premuri, correttamente, di stabilire che il contratto deve “in ogni caso prevedere forme di compensazione del ceto giovane in caso di conclusione anticipata del contratto”, rendendo di fatto nullo il contratto che ne sia carente.

Da ultimo, il Notariato evidenzia che l’equiparazione, in vigenza di contratto, del giovane allo Iap, consente al giovane trasmettere la qualifica anche a società in cui riveste alternativamente il ruolo di socio e/o amministratore, a seconda della forma giuridica.

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La fiscalità dell’impresa agricola