Contratto preliminare di vendita immobiliare e caparra
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariIn un precedente intervento sono stati affrontati gli aspetti fiscali conseguenti alla corresponsione di acconti di prezzo in sede di stipula del preliminare di vendita immobiliare.
Spesso, tuttavia, le somme corrisposte in tale sede sono qualificate come caparra finalizzata a predeterminare l’entità del danno che una delle parti può subire in conseguenza del mancato adempimento del contratto definitivo.
Più in particolare, in merito alla funzione della caparra, si ricorda che questa mira a confermare la serietà dell’impegno preso dalle parti, e può essere quindi vista come un mezzo di tutela preventiva del credito, ovvero come una misura rafforzativa dell’adempimento (caparra confirmatoria), nonché come mezzo di liquidazione anticipata e convenzionale del danno conseguente all’inadempimento di un’obbligazione.
Come ribadito in più occasioni dall’Agenzia delle entrate (circolare 18/E/2013 e risoluzione 197/E/2007) e dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 10306/2015), le somme corrisposte a titolo di caparra confirmatoria, non costituendo corrispettivi di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, non soddisfano, ai sensi degli articoli 2 e 3 D.P.R. 633/1972, il presupposto oggettivo Iva, ma assumono una funzione prettamente risarcitoria qualora non si dovesse perfezionare la compravendita.
Tuttavia, ciò che appare opportuno evidenziare è che la natura di caparra della somma versata deve risultare dalla volontà delle parti dedotta in contratto; altrimenti, in caso di dubbio, alla somma stessa deve attribuirsi una funzione di acconto (anticipazione del prezzo pattuito).
Tale principio è stato fatto proprio anche dalla Corte di Giustizia Ue secondo cui, sia pure con riferimento alla disciplina Iva della Francia, “la caparra che concede la facoltà alla parte che l’ha versata di sottrarsi ai propri obblighi contrattuali dietro perdita della caparra stessa e alla controparte la facoltà di sottrarsi ai rispettivi obblighi restituendo il doppio di quanto ricevuto, senza che l’esame si estenda ai diritti che le singole parti possono far valere anche successivamente all’esercizio di tale facoltà”, non è soggetta ad Iva (Tva, nel caso di specie) in quanto ha una chiara natura risarcitoria (sentenza 18.7.2007, causa C-277/05).
In particolare, a norma della nota di cui all’articolo 10 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986, se il contratto preliminare prevede la corresponsione di una caparra confirmatoria, ai sensi dell’articolo 1385 cod. civ., si applica, oltre all’imposta di registro in misura fissa dovuta in sede di registrazione del contratto preliminare (200 euro), anche l’imposta di registro proporzionale, in misura pari allo 0,5% dell’ammontare della caparra ai sensi dell’articolo 6 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986 (si segnala che l’imposta proporzionale da corrispondere sulla caparra potrà essere detratta dall’imposta principale dovuta sul contratto definitivo di compravendita, a norma dell’articolo 10 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986.
L’imposta proporzionale dello 0,5% sulla caparra è dovuta indipendentemente dal fatto che il contratto definitivo sia o meno soggetto ad Iva e che “al momento della conclusione del definitivo, la caparra divenga parte del corrispettivo soggetto ad Iva” (circolare 18/E/2013).
In buona sostanza, l’Iva potrebbe ritornare in gioco, dovendosi applicare in un secondo momento, ove la somma, inizialmente corrisposta a titolo di caparra, venga, in caso di adempimento, imputata al corrispettivo, anziché essere restituita (risoluzione 501824/E/1974, risoluzione 360321/E/1976, risoluzione 411673/E/1977 e circolare 18/E/2013).
Diversamente, ove il contratto non venga adempiuto, ed il soggetto che ha ricevuto la caparra, la trattenga, nessun adempimento Iva è dovuto.