27 Agosto 2024

Contratto preliminare: imposta di registro e rapporto con il definitivo

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella prassi, il contratto preliminare, avente ad oggetto la promessa di vendita di un fabbricato, contiene delle clausole che comportano il pagamento di somme a titolo di caparra (normalmente confirmatoria) o di acconto. Ciò allo scopo di “impegnare” i contraenti nella futura stipula del contratto definitivo, mettendo sul “piatto” una somma a titolo risarcitorio o di anticipazione del prezzo. Ai fini dell’imposta di registro, è opportuno preliminarmente ricordare che la registrazione del contratto preliminare sconta in ogni caso l’imposta fissa di euro 200, a prescindere dalle eventuali pattuizioni ivi contenute in relazione alla dazione di somme di denaro. All’imposta fissa si aggiunge poi, ai sensi dell’articolo 10 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986:

  • l’imposta proporzionale dello 0,5% sull’ammontare della caparra (indipendentemente dal fatto che il contratto definitivo sarà soggetto o meno ad Iva, in quanto la caparra confirmatoria ha funzione risarcitoria);
  • l’imposta proporzionale del 3% se il preliminare prevede la corresponsione di acconti (salvo che siano soggetti ad Iva, nel qual caso l’imposta è dovuta nella misura fissa di euro 200, per il principio di alternatività Iva-registro).

L’ultimo periodo del ciato articolo 10 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986, stabilisce che l’imposta di registro pagata su caparre o acconti va imputata all’imposta principale di registro dovuta per la registrazione del contratto definitivo. Secondo quanto sostenuto dal Notariato (Studio n. 32-2007/T), la disposizione in commento ha il significato di considerare la tassazione in sede di preliminare come un’anticipazione dell’imposta applicata sul contratto definitivo, con il risultato che la sequenza dei due contratti (preliminare e definitivo) deve essere valutata, anche dal punto di vista fiscale, nella sua unità e complessità.

Ed in tale contesto sorge la questione, non così infrequente, della tassazione del contratto preliminare in misura maggiore rispetto a quanto dovuto sul definitivo, con conseguente emersione di un’eccedenza di imposta di registro che non può essere oggetto di scomputo. Prendendo spunto da alcune sentenze di legittimità (Cassazione n. 17904/2021, Cassazione n. 35390/2022 e Cassazione n. 35396/2022), nello Studio n. 185-2011/T, il Notariato ha sostenuto che qualora l’imposta di registro proporzionale (0,5% o 3%) corrisposta su caparre e acconti previsti nel preliminare ecceda l’imposta dovuta per la registrazione del contratto definitivo (si pensi, ad esempio, alla disciplina del prezzo-valore con particolare riguardo all’acquisto di una “prima casa” con imposta di registro del 2% dovuta sul valore catastale), si dovrebbe tener conto di tali trattamenti di favore già al momento della registrazione del preliminare.

Purtroppo, l’Agenzia delle entrate non ha mai mostrato alcuna apertura su questo aspetto, limitandosi a confermare la possibilità di richiedere il rimborso della citata eccedenza, presentando apposita istanza entro tre anni dalla registrazione del contratto definitivo (circolare n. 18/E/2013 e, con riferimento all’agevolazione “prima casa” per gli under 36, nella circolare n. 12/E/2021 e nella recente circolare n. 14/E/2024).

Ipotesi ancor più “critica”, in cui poter operare lo scomputo, è quella riferita al contratto preliminare con dazione di caparra confirmatoria, su cui è dovuta l’imposta di registro dello 0,5%, e assoggettamento ad Iva del contratto definitivo (con pagamento dell’imposta fissa di euro 200). Tale situazione ricorre frequentemente qualora il cedente sia l’impresa che costruisce il fabbricato con previsione nel preliminare non di un acconto (nel qual caso sconterebbe l’Iva), bensì di una caparra confirmatoria. In tale ipotesi, l’Amministrazione finanziaria ha escluso la possibilità di effettuare lo scomputo – nonostante una posiziona isolata della Cassazione lo abbia consentito (sentenza n. 15276/2000) – fermo restando il diritto al rimborso dell’imposta pagata sulla caparra (circolare n. 18/E/2013).