Contributi Enasarco: nessun reato per l’omesso versamento
di Raffaele PellinoL’omesso versamento dei contributi Enasarco per gli agenti di commercio non configura il reato di cui all’articolo 2 del D.L. 463/1983, ma la sola sanzione amministrativa disciplinata dall’articolo 36 del relativo regolamento. Tale reato, infatti, è previsto solo per le omissioni dei pagamenti (di importo superiore a 10.000 euro) relativi alle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, e non anche per quelle relative ad altre forme di ritenute previdenziali.
Questo, in sintesi, quanto chiarito dalla Cassazione con la sentenza n. 31900 depositata lo scorso 3 luglio.
Ma procediamo con ordine.
In primo luogo, si rileva che la pronuncia ha riguardato l’amministratore unico di una S.p.a. che ometteva di versare alla fondazione Enasarco le ritenute previdenziali operate sulle fatture provvisionali emesse dagli agenti di commercio e agli stessi liquidati, per un importo complessivo di contributi non regolarizzati pari ad € 6.003,86.
Al riguardo, il Tribunale di merito, pur rilevando l’illecito di cui all’articolo 2, comma 1-bis del D.L. 463/1983, dichiarava di non doversi procedere in quanto la somma dovuta risultava inferiore ai 10.000 euro annui, procedendo di conseguenza alla trasmissione degli atti all’INPS.
Nello specifico, l’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 463/1983, come modificato dal D.Lgs. 8/2016 (che ha operato depenalizzazioni), sanziona l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali in modalità differenti in relazione alla soglia dei 10.000 euro: per un importo superiore a 10.000 euro annui l’omissione è punita con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a 1.032 euro, mentre se l’importo omesso non è superiore a tale soglia, si applica la sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
Quanto all’autorità competente a contestare la sanzione, la circolare 6/2016 del Ministero del Lavoro ha ritenuto che “l’autorità destinataria degli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria possa essere la sede provinciale dell’INPS territorialmente competente”. Ed è per questo che il tribunale di merito ha ritenuto di dover procedere alla trasmissione degli atti all’INPS.
A fronte di tale situazione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo che gli atti andavano comunque trasmessi all’Enasarco e non all’Inps, in quanto è l’Enasarco che esercita la vigilanza ispettiva ai fini dell’accertamento del versamento dei contributi dovuti.
Inoltre, lo stesso, ha sostenuto che gli agenti di commercio sono dei lavoratori autonomi e, quindi, “le omissioni contributive nei loro confronti non possono rientrare nella norma dell’art. 2, L. n.638/83, che prevede solo i rapporti di lavoro di tipo subordinato”.
Accogliendo la tesi del ricorrente, la Cassazione ritiene che la sentenza “deve annullarsi senza rinvio perché il fatto non sussiste” per mancanza dell’elemento oggettivo del reato contestato.
La stessa, infatti, conferma che:
- la norma di cui all’articolo 2 comma 1-bis del D.L. 463/1983 si riferisce solo ed esclusivamente alle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, e non anche ad altre forme di ritenute previdenziale;
- l’agente di commercio non può considerarsi lavoratore dipendente, ma autonomo, o a seconda dei casi parasubordinato, tanto che la sua attività può essere assoggettata ad Irap; in merito a quest’ultima imposta, infatti, la Cassazione, con sentenza n. 9325/2017, ha ritenuto che l’attività di agente di commercio è esclusa da Irap soltanto ove si tratti di attività non autonomamente organizzata, con onere a carico del contribuente, in caso di richiesta di rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, della prova dell’assenza delle condizioni dell’autonoma organizzazione.
Sul piano sanzionatorio viene ricordato che l’articolo 33, comma 1 della L. 12/1973, che prevedeva in “via autonoma” il reato di omesso versamento dei contributi per gli agenti o rappresentanti di commercio, è stato depenalizzato ed è ora disciplinato dell’articolo 36, comma 1, del regolamento Enasarco.
È, dunque, prevista una specifica sanzione amministrativa per l’omissione dei pagamenti. In particolare, i preponenti che non provvedono, entro il termine stabilito, al pagamento dei contributi ovvero vi provvedono in misura inferiore al dovuto sono tenuti al pagamento di una sanzione, in ragione d’anno, pari “al Tasso Ufficiale di Riferimento maggiorato di 5,5 punti, nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie”. Detta sanzione non può, comunque, essere superiore al 40% dell’importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza prevista.
In conclusione – per la Cassazione – nel caso di omesso versamento dei contributi Enasarco è applicabile la sola sanzione amministrativa mentre non si configura alcun illecito penale.