23 Novembre 2023

Controlli preventivi e ordinari a carico dei cedenti dei bonus edilizi

di Silvio Rivetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Il tema della tutela del contribuente in relazione ai controlli dell’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto la corretta fruizione dei bonus edilizi, effettuata tanto mediante l’esercizio delle opzioni di cessione dei crediti e sconto in fattura (coinvolgenti i controlli preventivi), quanto mediante l’esposizione delle detrazioni fiscali in dichiarazione (d’interesse per i controlli ordinari), apre scenari di significativa complessità, dovendosi fare riferimento ad un quadro normativo sostanzialmente nuovo, scarno nella sua formulazione e apparentemente poco coordinato con il sistema esistente.

Si consideri, al riguardo, la materia dei controlli preventivi, ove balza subito all’occhio come né la norma istitutiva, di cui all’articolo 122-bis, D.L. 34/2020, né la disciplina di dettaglio di cui al provvedimento direttoriale n. 340450/2023, né infine la prassi erariale dedicata (circolare n. 19/E/2021, paragrafo 2), facciano alcun riferimento a possibili forme di difesa attivabili dal contribuente, nel contesto di un procedimento di controllo accelerato e dalla natura eminentemente cautelare pro Fisco, potenzialmente in grado di attivarsi fin da subito (nei 5 giorni lavorativi successivi all’invio delle comunicazioni di opzione) e concludersi persino inaudita altera parte, stante l’invalsa prassi di alcuni uffici (contraria allo spirito della legge) di annullare le comunicazioni di opzione all’approssimarsi dello scadere dei 30 giorni di durata del periodo di sospensione disposto dalla norma, a prescindere dalla richiesta di esibizione documentale o dall’effettivo svolgimento di approfondimenti istruttori di rilievo.

In tema, ha avuto un certo risalto la pronuncia della Sezione I della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Trieste (sentenza n. 81/2023) la quale, nel prendere pionieristicamente posizione sull’impugnazione di un provvedimento di annullamento della comunicazione, ai sensi dell’articolo 121, D.L. 34/2020, non ha mancato di attirare l’attenzione dei commentatori più per alcune sue statuizioni illuminate che per altre determinazioni, processuali e di merito, forse più discutibili.

Quanto ai profili processuali, per esempio, se da un lato è stata generalmente lodata la lungimiranza del Giudice triestino che ha rigettato l’eccezione erariale del suo difetto di giurisdizione – dicendosi titolato a giudicare della questione, per essere la cessione del credito pur sempre una delle possibilità attraverso le quali il contribuente può beneficiare dello sconto fiscale previsto dalla norma di favore (irrilevante la mancata inclusione del provvedimento contestato nell’elenco degli atti impugnabili dell’articolo 19, D.Lgs. 546/1992); viceversa è forse passata in secondo piano l’opinabile conclusione dello stesso giudice, circa il riconoscimento della legittimazione ad agire ex articolo 100 c.p.c. dell’amministratore di condominio nel caso di specie. A prescindere dal fatto che l’Erario resistente aveva eccepito il difetto di legittimazione dell’amministratore ricorrente sulla base di circostanze secondarie (dicendolo non autorizzato dall’assemblea condominiale a impugnare, mentre la Corte ha visto provato in giudizio il contrario), nondimeno non può non rilevarsi come il medesimo giudice – che pure ha espressamente riconosciuto la cessione del credito essere una modalità di fruizione del bonus (e dunque un elemento costitutivo della stessa struttura tributaria del beneficio fiscale) – avrebbe dovuto rilevare d’ufficio come il legittimato attivo al processo, soggetto “inciso” nella propria sfera tributaria dall’atto impugnato e, quindi, interessato alla lite, non è l’amministratore condominiale, ma il singolo condòmino che ha sostenuto le spese agevolate ed esercitato il diritto alla cessione dei correlati crediti fiscali. In questo quadro, è lecito interrogarsi se all’impugnazione del provvedimento di annullamento della comunicazione di opzione non debba provvedere il soggetto a cui il Fisco comunica i suoi provvedimenti di sospensione e di annullamento, ma direttamente e cumulativamente i condòmini affetti dal provvedimento negativo.

Anche in materia di controlli ordinari esperibili nella materia, alcune riflessioni s’impongono. Stando alle norme disciplinanti il tema, ossia i commi da 31 a 36, dell’articolo 1, L. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022) e in particolare al comma 32, appare essere l’atto di recupero crediti di cui all’articolo 1, commi 421 e 422, L. 311/2004, lo strumento privilegiato dal legislatore per procedere al recupero dei crediti: non solo nei confronti dei cessionari e dei fornitori concorrenti nelle violazioni con dolo e colpa grave, ma anche nei confronti dei soggetti che hanno dato origine alla cessione, ossia ai contribuenti che hanno esercitato le relative opzioni, ai sensi dell’articolo 121, comma 6, D.L. 34/2020. E tuttavia, riconnettendosi al tema sopra esaminato dei controlli preventivi, nell’ipotesi dell’annullamento delle comunicazioni di cessione, che si hanno per “non effettuate” ovvero “non avvenute” (a mente dei commi 2 e 3 dell’articolo 122-bis, D.L. 34/2020), questo stesso comma 3 rinvia i contribuenti che hanno posto in essere le opzioni annullate ai controlli ordinari: quelli, appunto, che vedono l’atto di recupero crediti in prima fila. L’eventuale impiego di tale atto nei confronti dei contribuenti in questione, tuttavia, pare scorretto e, quindi, contestabile, per richiedere il comma 32, L. 234/2021, il rispetto della specifica disciplina dell’attività di controllo e di recupero delle somme dovute e non versate, se esistente. In tali casi, non esistendo alcun credito in circolazione, i contribuenti in questione dovranno essere interessati da ordinari avvisi di accertamento e non da atti di recupero crediti.