Convenzione applicabile ai soci non residenti di società semplice italiana
di Ennio VialLa risposta ad istanza di interpello n. 486 del 04.10.2022 affronta un interessante caso di tassazione dei dividendi percepiti da un’associazione professionale.
La fattispecie è la seguente: una società di capitali, che chiameremo Beta, costituita nel 2020, risulta interamente partecipata da un’associazione professionale, Alfa.
L’associazione opera in diversi Stati e gli associati sono in parte fiscalmente residenti in Italia, in parte fiscalmente residenti all’estero.
La quota di partecipazione agli utili dell’associazione è aggiornata annualmente, in considerazione delle performance individuali degli associati, mediante scrittura notarile.
Nel 2021 la società Beta delibera la distribuzione dell’utile conseguito nel 2020 e chiede quale sia il corretto regime fiscale da applicare e il criterio che si dovrà utilizzare al fine di individuare la quota attribuibile a ciascun associato.
L’associazione professionale viene in tutto equiparata alla società semplice.
Trattandosi di utili maturati nell’anno 2020, non si applica il cosiddetto regime transitorio valevole per gli utili maturati fino al 2019, ma troverà applicazione l’articolo 32-quater D.L. 124/2019, a mente del quale: “I dividendi corrisposti alla società semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale”.
In buona sostanza, ai fini fiscali, i dividendi distribuiti all’Associazione si considerano percepiti direttamente dagli associati nel momento in cui sono corrisposti all’Associazione.
È in tale momento, quindi, che i dividendi sono assoggettati a tassazione in capo a ciascun associato, secondo il regime fiscale proprio di ognuno di essi, come se ciascun associato avesse percepito i medesimi dividendi direttamente dalla società emittente (c.d. approccio look through).
Da ciò consegue che, secondo l’Agenzia, la società Beta distribuirà i dividendi scomputando:
- per gli associati fiscalmente residenti nel territorio nazionale la ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento ai sensi dell’articolo 27, comma 1, D.P.R. 600/1973;
- per gli associati fiscalmente residenti all’estero analoga ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento (articolo 27, comma 3, primo periodo, D.P.R. 600/1973), ovvero nella misura inferiore prevista dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni, ove applicabili.
Appare interessante quest’ultimo passaggio in cui, per i soggetti non residenti, l’Agenzia ammette che, in luogo della ritenuta del 26%, possa trovare applicazione l’eventuale minore ritenuta prevista dalle norme convenzionali.
Potrebbero sorgere in proposito alcuni dubbi relativamente a quale norma convenzionale applicare. Affronteremo la questione a breve.
L’Agenzia conclude fornendo alcune indicazioni in merito alla compilazione del Modello 770 relativo al periodo di erogazione dei dividendi.
In particolare si precisa che:
- nel quadro SI bisogna indicare i dividendi complessivamente pagati nel periodo d’imposta;
- nel quadro SK si devono indicare dividendi corrisposti agli associati non residenti soggetti a ritenuta del 26% o comunque assoggettati a una ritenuta inferiore se prevista dalla convenzione.
Sarà, pertanto, la società Beta ad applicare direttamente la ritenuta convenzionale.
Si applica quindi la convenzione tra l’Italia, paese di residenza della società che eroga i dividendi e il paese estero residenza dell’associato.
Secondo il partnership report dell’OCSE, si possono configurare due scenari possibili a seconda che lo Stato estero consideri la società semplice/associazione trasparente od opaca.
Se anche lo Stato di residenza dei Soci considera la società semplice come fiscalmente trasparente e, quindi, attribuisce ai fini fiscali ai Soci i dividendi ad essa distribuiti, questi ultimi saranno legittimati a chiedere i benefici del Trattato in vigore tra l’Italia e lo Stato dei soci.
Diversamente, se lo Stato di residenza dei soci considera la società semplice/associazione come opaca, i soci non potranno chiedere l’applicazione del Trattato Stato soci/Italia nonostante nella prospettiva interna i dividendi siano considerati come “pagati ai” soci.
Invero, dalla recente risposta si coglie un approccio liberale da parte dell’Italia.
L’Agenzia conclude ricordando che la società può rilasciare la Certificazione relativa agli Utili agli associati non residenti al fine di consentire agli stessi di ottenere nel Paese di residenza, ove previsto, il credito d’imposta relativo alle imposte pagate in Italia.
A dire il vero si tratta di un’affermazione che lascia un po’ l’amaro in bocca in quanto l’Ufficio si preoccupa di fornire i mezzi al soggetto non residente per scomputarsi le ritenute subite, quando, di contro, non consente al contribuente italiano di scomputare la ritenuta subita sui dividendi esteri percepiti e assoggettati a imposta sostitutiva 26%.