12 Maggio 2020

Coronavirus: implicazioni civilistiche e fiscali della transazione

di Alessandro Carlesimo
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La scheda di FISCOPRATICO

A seguito del lockdown imposto dalle restrizioni normative, numerose imprese si vedono costrette a ricorrere a soluzioni stragiudiziali idonee a mitigare le difficoltà emerse nell’assecondare gli impegni contrattuali.

La transazione, in questo contesto, riveste un ruolo centrale poiché consente, attraverso reciproche concessioni, di modificare la disciplina del rapporto preesistente, instaurando un nuovo regolamento di interessi.

Ai sensi dell’articolo 1965 cod. civ., è possibile non solo modificare le precedenti obbligazioni, ma altresì costituirne di nuove ampliando il ventaglio di opzioni possibili per il raggiungimento dell’intesa (cd. efficacia novativa, cfr. Cass n. 16905/2018).

La stipula dell’accordo, così come le vicende successive, non sono prive di conseguenze sia sotto il profilo civilistico che fiscale.

Innanzitutto, occorre prestare attenzione alla forma: il legislatore prescrive la forma scritta ai fini della prova in giudizio (cd. forma scritta ad probationem). In alcuni casi la trascrizione dell’accordo è addirittura condizione di validità dell’atto (ad esempio nella composizione di liti concernenti diritti reali immobiliari).

Altrettanto importante è l’analisi degli effetti transattivi dal punto di vista della rappresentazione in bilancio del contratto emendato, posto che le reciproche concessioni generano conseguenze valutative sulle partite creditorie e debitorie.

Al riguardo, si possono prefigurare diversi scenari.

Sul fronte dei crediti, se le nuove pattuizioni comportano l’estinzione di tutto o di una parte del diritto alle somme, il titolare del credito procede a rilevare la perdita a conto economico tra gli oneri diversi di gestione, decurtando il credito iscritto nell’attivo in misura corrispondente alla “rinuncia” concordata.

Tale impostazione muove dal principio contabile Oic 15, il quale identifica la transazione tra i cd. indicatori di perdita di valore, prevedendo lo stralcio diretto del credito quandoI diritti contrattuali si estinguono per pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e ogni altro evento che fa venire meno il diritto ad esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti”.

Sul piano fiscale, l’onere contabilizzato assume rilievo fiscale in conformità all’articolo 101, comma 5, Tuir.

La citata disposizione annovera le cancellazioni dei crediti operate in applicazione dei principi contabili (qual è quella in esame) tra le ipotesi di automatica deducibilità della perdita ai fini delle imposte dirette (cfr. Circolare AdE 26/E/2013, circolare AdE 14/E/2014).

Va precisato che non sempre la negoziazione conduce alla soppressione totale dei diritti patrimoniali: le nuove pattuizioni possono infatti interessare altri aspetti del contratto.

In tali circostanze, il redattore del bilancio può ugualmente essere chiamato ad effettuare degli appostamenti di bilancio che tengano conto delle potenziali cause di inesigibilità del credito connesse alla situazione soggettiva della controparte: devono essere adeguatamente soppesati quei fattori che, alla data del bilancio, influenzano la capacità del debitore di adempiere all’obbligo di pagamento alle scadenze e nella misura convenuta contrattualmente.

La stessa difficoltà economica ravvisata dal cliente può rappresentare un elemento di rischio da tenere in considerazione ai fini della determinazione della perdita latente.

Il processo di stima sfocia nello stanziamento di apposito fondo svalutazione in contropartita della svalutazione imputata nella voce B10d) del conto economico, ovvero D19b), nel caso di un credito iscritto tra le immobilizzazioni finanziarie.

Tale fenomeno valutativo, ai fini delle imposte dirette, è regolato dall’articolo 106 Tuir, ai sensi del quale la perdita risulta deducibile entro i limiti forfettari stabiliti dalla norma menzionata.

La revisione contrattuale può talvolta consistere nel differimento del realizzo degli importi dovuti.

Ebbene, la posticipazione dell’obbligazione, qualora tramuti il credito in ultrannuale, richiederà, per le imprese che non redigono il bilancio in forma abbreviata, l’esposizione separata nello stato patrimoniale della parte esigibile oltre i dodici mesi, oltre all’applicazione del criterio del costo ammortizzato se gli effetti non sono irrilevanti rispetto al valore di iscrizione.

Dal canto del debitore, questi elimina in tutto o in parte la passività quando l’obbligazione contrattuale risulta estinta. Inoltre, laddove l’effetto novativo della transazione sia la rigenerazione di un nuovo debito, contabilmente si procede all’eliminazione del debito originario con contestuale rilevazione contabile della nuova passività (cfr. OIC 19).

Se, invece, la transazione comporta il decremento del debito, il componente positivo, pari alla differenza tra il valore contabile residuo del debito e il valore dell’esborso previsto in base alle nuove condizioni contrattuali, viene rilevato nel conto economico tra i proventi finanziari ed è imponibile ai fini delle imposte dirette.

In caso di dilazione del pagamento, valgono per il debito considerazioni speculari a quelle valevoli per il trattamento del credito.

Non meno importante è il corretto trattamento ai fini dell’Iva.

La questione si pone qualora il credito tragga origine da un’operazione rientrante nell’ambito applicativo del tributo. Al proposito, la riduzione del prezzo convenuto costituisce presupposto per l’emissione della nota di credito da parte del creditore.

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 26, comma 3, D.P.R. 633/1973, l’emissione di tale documento legittima la detrazione dell’imposta se la variazione ha luogo entro un anno dal momento di effettuazione dell’operazione originaria (risposta all’istanza di interpello n. 387/2019).