Cosa cambierà per le sportive con la riforma dello sport? – prima parte
di Guido MartinelliProviamo ad analizzare quali saranno gli adempimenti che le associazioni e società sportive dilettantistiche dovranno effettuare per allinearsi alla previsione dei decreti di riforma dello sport che entreranno in vigore a partire dal prossimo 1° gennaio.
Il primo aspetto da controllare sarà quello di verificare la compatibilità con la nuova disciplina dell’oggetto sociale, indicato in statuto, che dovrà necessariamente prevedere il “riferimento all’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche”.
Questo significherà, per quelle associazioni sportive che non siano anche associazioni di promozione sociale e per le società di capitali, eliminare dalle finalità istituzionali tutte quelle non strettamente connesse con la pratica sportiva (vedi proventi da posti di ristoro, vendita materiale sportivo, attività estetica o fisioterapica, ecc.).
Dette attività dovranno rientrare tra quelle secondarie e strumentali, disciplinate dall’articolo 9 D.Lgs. 36/2021 e che potranno essere effettuate con i limiti e i criteri che saranno definiti da un emanando decreto ministeriale.
Se, come tutto fa credere, saranno analoghi a quelli previsti per gli enti del terzo settore, i proventi derivanti dalle attività “extra sportive” non potranno superare il trenta per cento dei ricavi o il sessantasei per cento dei costi sostenuti dalla sportiva nel periodo di imposta.
Si chiarisce che, al momento, non si conosce chi potrà verificare il rispetto di detta proporzione (si ricorda che le Asd non saranno tenute al deposito del bilancio nel nuovo registro delle attività sportive) e, comunque, quale sia la sanzione che potrà essere comminata a chi non rispettasse i limiti che saranno indicati nel decreto sopra ricordato.
Si evidenzia anche, come diversità rispetto al regime del terzo settore, che l’eventuale cancellazione dal registro delle attività sportive potrà avere come conseguenza solo la perdita delle agevolazioni previste per i sodalizi sportivi dilettantistici ma nessuna conseguenza sotto il profilo patrimoniale.
Al contrario, invece, l’eventuale cancellazione dal Runts provocherà l’obbligo di devoluzione dell’incremento patrimoniale che l’ente ha conseguito nel periodo in cui ha assunto la qualifica di ente del terzo settore
Ne conseguirà che saranno da eliminare dagli statuti eventuali categorie di associati per i quali veniva prevista solo l’attività ricreativa (ad esempio diritto a frequentare la club house) e non la pratica sportiva.
Da evidenziare che non viene previsto alcun periodo transitorio per l’adeguamento degli statuti e, tantomeno, una facilitazione, come invece era contenuta nella riforma del terzo settore sulle modalità di tenuta della assemblea di modifica statutaria.
Ci si augura che, sempre in analogia a quanto previsto dal D.Lgs. 117/2017 le modifiche obbligatorie per legge non impongano l’assoggettamento anche ad imposta di registro.
Ma tale modifica non sarà priva di conseguenze sotto anche altri profili.
Il più rilevante è che le finalità istituzionali saranno, a questo punto, solo quelle sportive.
Pertanto accadrà che tutte le iniziative “non sportive” poste in essere da una Asd (ad esempio un corso culturale per i propri associati) per le quali viene previsto un corrispettivo specifico, non essendo più conformi alle finalità istituzionali della associazione, produrranno un ricavo imponibile per l’ente sia reddituale che ai fini iva anche se l’accesso fosse riservato esclusivamente agli associati.
Inoltre, diventando proventi commerciali non connessi con le finalità istituzionali non potranno più neanche rientrare nelle forfettizzazioni previste sia ai fini dei redditi che dell’Iva dalla L. 398/1991.
Ciò avvantaggerà, invece, le sportive che avranno assunto anche lo status di associazioni di promozione sociale.
In tal caso sarà possibile indicare, oltre allo sport dilettantistico, ulteriori attività di interesse generale indicate dall’articolo 5 del codice del terzo settore, quali, ad esempio, quelle culturali o ricreative, recuperando in tal caso la decommercializzazione su tali attività, dei corrispettivi specifici versati dagli associati (e, per le aps, dai familiari conviventi).
Altra valutazione, di carattere discrezionale, riservata alle Ssd, sarà legata alla possibile introduzione della possibilità di prevedere parziali modifiche al divieto di distribuzione di utili stabilito dal terzo comma dell’articolo 8.
Questo potrebbe significare, però, la perdita del diritto a godere di determinate agevolazioni fiscali riconosciute esclusivamente agli enti senza scopo di lucro.
Si ricorda che l’iscrizione al Registro delle attività sportive diventerà requisito necessario “per accedere a benefici e contributi pubblici di qualsiasi natura”.
Va ricordato che anche per le sportive sarà necessario devolvere il patrimonio, in caso di scioglimento, esclusivamente a fini sportivi ma, contrariamente a quanto sul punto previsto dal codice del terzo settore, la procedura di devoluzione non dovrà essere “autorizzata” né è sanzionata da nullità in caso di mancato rispetto della norma.
18 Marzo 2022 a 8:43
Buongiorno, ci sono novità rispetto alla possibilità per le asd aps di continuare ad erogare i compensi sportivi esenti, fino alla sogli annuale di Euro 10000? La questione era da rivedere una volta iscritte nel Runts, in quanto da diverse interpretazioni si dice non sia chiaro se l’agevolazione continua. Nel Codice del Terzo settore un divieto non c’è….oppure è sbagliato?
Grazie
18 Marzo 2022 a 9:30
Partiamo da una premessa. Al momento appare pacifico che le sportive che siano anche enti del terzo settore possano continuare a erogare compensi sportivi.
Assodato questo tutta la disciplina dei compensi sportivi sarà integralmente modificata a partire dal prossimo primo gennaio, data da cui decorreranno gli effetti del decreto legislativo n. 36/21
26 Settembre 2022 a 15:09
Buongiorno, ho letto anche le ultime novità sulla riforma dello sport. Dovendo, una ASD, svolgere attività sportiva, didattica e formativa, mi chiedo quali siano quindi i requisiti per associarsi a una ASD, in relazione anche a quanto scritto nell’articolo qui sopra. E’ pacifico che la maggior parte degli associati dovranno svolgere l’attività sportiva (es. ASD di basket, gli associati giocano a basket), ci saranno anche degli associati che sono coinvolti nell’attività didattica e formativa, sia come discenti sia come docenti. In qualsiasi ASD però esistono delle figure che, pur non rientrando nelle categoria sopra menzionate, sono vitali per la ASD stessa. Penso ai molti dirigenti, magari ex sportivi non più giovanissimi, che comunque contribuiscono al funzionamento della ASD: organizzano allenamenti, gare, danno una mano nelle trasferte, eccetera. Non svolgono attività sportiva in senso stretto (es. non giocano a basket) ma sono direttamente coinvolti nella sua realizzazione.
Il presidente stesso, e talvolta i consiglieri, in particolare nelle ASD più grandi, molte volte sono figure lontane dall’attività sportiva/didattica/formativa, perché sotto di loro hanno chi organizza l’attività sportiva e collabora negli aspetti più concreti della gestione dell’associazione. Magari non vanno mai nemmeno a vedere allenamenti o partite, ma si occupano di altri aspetti (es. rapporti con le istituzioni, ricerca sponsor, ecc.). Alla luce della riforma dello sport, la presenza di questi associati, spesso in posizione apicale nella struttura dell’ASD, diventa un “problema”? E’ sufficiente che un associato contribuisca alla realizzazione dell’attività sportiva/didattica/formativa, pur senza praticarla, perché possa essere considerato tale? E chi non contribuisce, direttamente, alla realizzazione di dette attività, ma ha un ruolo più distante da queste? Grazie del chiarimento
26 Settembre 2022 a 15:40
Sicuramente queste figure, se svolte in modo volontario, ossia senza ricevere alcun compenso e solo con il riconoscimento delle spese vive sostenute potranno continuare a svolgere la loro attività in favore della ASD.
Il problema si porrà in presenza di compensi. In tal caso le figure “non riconosciute” non potranno ricevere compensi con aliquote fiscali o previdenziali agevolate e, pertanto, dovranno essere disciplinati secondo i principi generali dei rapporti di lavoro retribuiti