Cos’è lo smart working
di Luisa Capitanio – Imprenditrice, consulente di strategia e organizzazione per PMIIn Germania e Inghilterra lo chiamano remote work, o agile work.
Noi italiani lo chiamiamo smart working, anche se per la legge è lavoro agile.
Il lavoro agile, termine attribuito dalla Legge 81/2017 allo smart working, è stato introdotto con l’intento di dotare i lavoratori dipendenti di una maggiore flessibilità lavorativa.
Una flessibilità tale da permettere al lavoratore che sceglie lo smart working di conciliare al meglio:
- la propria attività,
- le esigenze familiari e quelle personali,
- il proprio tempo libero.
Ecco la definizione data dalla Legge 81/2017:
“E’ definito Lavoro Agile la modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
Le caratteristiche fondanti dello smart working dal punto di vista legislativo sono dunque:
- la flessibilità organizzativa: il dipendente deve avere la possibilità di scegliere i tempi e il luogo per lo svolgimento della propria attività;
- la volontarietà delle parti: si tratta di una scelta che prevede un accordo specifico tra il datore di lavoro e il dipendente;
- la dotazione di strumenti tecnologici adeguati allo svolgimento del lavoro da remoto;
- il rispetto degli orari e delle giornate di riposo previsti contrattualmente, ai quali il lavoratore ha diritto;
- un trattamento economico non inferiore a quello contrattualmente previsto per il lavoro svolto in azienda;
- il diritto alla formazione continua del lavoratore, così come quando è in azienda, per favorire la crescita professionale i termini di conoscenza e la competenza;
- la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.
Il Parlamento Europeo, con il principio generale 48, contenuto nella risoluzione 13/9/2016 sottolinea i benefici sociali dello smart working: grazie ad esso è possibile creare un maggiore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, favorendo la crescita demografica e promuovendo il benessere delle persone e della società.
Tanto in Europa quanto in Italia, gli elementi chiave dello smart working sono:
flessibilità,
auto-gestione
e auto-organizzazione.
Si tratta di elementi che appoggiano su alcuni principi fondamentali:
- la fiducia dell’impresa nei confronti del dipendente e viceversa;
- la volontarietà delle parti;
- il lavoro organizzato secondo specifici risultati da raggiungere.
Dunque, se datore di lavoro e dipendente – insieme – definiscono precisamente gli obiettivi da raggiungere ed i termini entro i quali i risultati dovranno essere restituiti all’impresa, variabili come il tempo giornaliero impiegato dal lavoratore per perseguire il suo obiettivo e il luogo in cui decide di svolgerlo, diventano secondarie.
L’emergenza COVID-19 e le restrizioni alla mobilità hanno temporaneamente favorito lo snellimento burocratico per l’adozione dello smart working da parte delle aziende.
Questo ha comportato anche la modifica sostanziale di alcuni elementi tipici, come ad esempio l’adozione da parte delle aziende della modalità di lavoro esclusivo da casa.
Dunque, non si è trattato di una scelta volontaria, ma di una decisione unilaterale del datore di lavoro, subìta dal dipendente.
Pur in presenza di proroghe emergenziali, le aziende stanno già pensando alla creazione di modelli di lavoro ibrido, o hybrid work (già di tendenza negli USA), quale evoluzione dello smart working.
Il lavoro ibrido prevede di alternare giorni di presenza in ufficio a giorni di lavoro da casa o, perché no, da qualsiasi altra parte.
Alternare settimanalmente giorni di presenza in azienda a giorni di smart working significa poter svolgere da casa le attività che richiedono massima concentrazione e dedicare le giornate in presenza per fare riunioni, coltivare le relazioni con i colleghi, preservare l’attaccamento all’azienda.