Costi per servizi infragruppo deducibili nel consolidato fiscale
di Fabio LanduzziUn aspetto controverso di comune interesse professionale è rappresentato dalla possibilità di dedurre fiscalmente i costi per servizi resi dalla società capogruppo ad una società controllata, le quali hanno optato ai fini Ires per il regime del consolidato fiscale nazionale.
Al fine di dirimere la questione possiamo richiamare la sentenza della CTR Lombardia n. 2486/2018.
L’Amministrazione aveva contestato alla società la deduzione delle spese per servizi resi dalla controllante, eccependo un difetto di inerenza ex articolo 109 Tuir.
Dalla lettura della sentenza in commento si evince che, tenuto conto anche della particolarità che si trattava di un gruppo quotato, i servizi erano relativi, in particolare:
- al funzionamento dell’organismo di vigilanza;
- alla funzione di internal audit;
- alla comunicazione finanziaria esterna;
- al supporto nelle relazioni con i più importanti fornitori strategici;
- all’utilizzo di una piattaforma software per la gestione di servizi finanziari ed assicurativi;
- alla gestione del consolidato fiscale.
I verificatori avevano contestato che, in termini di inerenza delle spese, sarebbe mancata la prova che i servizi resi avessero generato un’utilità (intesa come “vantaggio specifico”) per la società fruitrice e non invece per il gruppo in generale.
Fra i vari motivi di opposizione proposti dalla società, spicca in particolare quello connesso alla particolarità che le due società aderivano al regime del consolidato fiscale per cui, come peraltro già riconosciuto da una parte della giurisprudenza (per prima, la CTP Reggio Emilia, sentenza n. 45/2010), proprio per via del funzionamento del regime del consolidato fiscale, ai fini Ires non vi poteva essere per l’Agenzia delle Entrate alcun “interesse ad agire” contro la società, con la conseguenza che l’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere nullo per mancanza della condizione imprescindibile all’azione processuale ex articolo 100 c.p.c., ovvero di qualsivoglia interesse effettivo dell’Erario.
Ebbene, la CTR della Lombardia, nella sentenza in commento, conferma questa prospettazione, affermando che, poiché le due società partecipavano al consolidato fiscale nazionale, “l’Amministrazione Finanziaria non può porre in discussione la ripartizione dei costi effettuata tra tali soggetti dal momento che non sussistevano danni per l’Erario”.
Di particolare interesse nella parte motiva della sentenza qui in commento, vi è anche il riconoscimento esplicito che la strategia e la finalizzazione degli investimenti effettuati all’interno di un gruppo “non può essere confinata entro i limiti che valgono per l’investitore singolo”.
Viene quindi affermato che, anche sul piano fiscale, il gruppo “può prescindere dal vantaggio economico immediato per perseguire delle ragioni economiche relative alla presenza sui mercati ed alla tutela dell’immagine del gruppo stesso programmando in tal modo una distribuzione dei costi sostenuti dalla società holding alla società figlia”.
L’interesse del gruppo viene quindi qui elevato ad interesse degno di tutela e riconoscimento, ove naturalmente consono rispetto alla razionalità del comportamento imprenditoriale; si legge infatti che la riferibilità di un comportamento a un vantaggio per l’attività d’impresa dovrebbe prevalere sulla diversa soggettività giuridica delle società cui il vantaggio è riferito, se tali società partecipano a un gruppo che, unitariamente considerato, funziona come un’unica impresa.
Tale circostanza, poi, viene a maggior ragione valorizzata quando si tratta di società appartenenti ad un gruppo e partecipanti ad un istituto che, come il consolidato, conduce alla determinazione di un unico imponibile Ires complessivo.
In una siffatta circostanza, quindi, si riconosce che la contestazione eccepita dall’Amministrazione determina un’azione “in contrasto il divieto di doppia imposizione” da cui deriverebbe quindi un’indebita duplicazione di imposta.