28 Marzo 2017

Country-by-Country Reporting: presupposti applicativi

di Gianpiero NotarangeloNicola Saraco
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Lo scorso 8 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.M. 23.2.2017 contenente la disciplina in materia di obbligo di rendicontazione annuale Paese per Paese per le imprese multinazionali (cd. Country-by-Country Reporting), in attuazione dei commi 145 e 146 della legge di Stabilità per il 2016 (L. 208/2015).

A tal proposito, si ricorda che la Direttiva 2016/881/UE del 25 maggio 2016 ha rafforzato, a livello comunitario, la cooperazione amministrativa tra i Paesi membri in ambito fiscale, introducendo uno scambio automatico di informazioni volto ad attuare il più vasto programma di contenimento dei fenomeni di erosione della base imponibile derivante dall’attività dei gruppi multinazionali, soprattutto per quel che attiene i prezzi di trasferimento.

Ebbene, attraverso la citata legge di Stabilità per il 2016, il Legislatore ha introdotto l’obbligo, per le società controllanti residenti in Italia di gruppi multinazionali, di predisporre e presentare annualmente una rendicontazione Paese per Paese che riporti l’ammontare dei ricavi e gli utili lordi, le imposte pagate e maturate, insieme con altri elementi indicatori di un’attività economica effettiva, demandando ad un successivo decreto ministeriale il compito di dettare le relative disposizioni attuative.

In ragione di quanto premesso, a seguito dell’emanazione del D.M. 23.2.2017, sono state introdotte le necessarie regole operative per l’assolvimento dell’adempimento in commento, ossia: le modalità, i termini, gli elementi e le condizioni per la trasmissione telematica della predetta rendicontazione all’Agenzia delle Entrate.

Focalizzando innanzitutto la nostra attenzione sull’ambito applicativo del nuovo obbligo, occorre preliminarmente precisare che il citato D.M., all’articolo 1, definisce come “gruppo di imprese multinazionali” o “gruppo multinazionale” qualsiasi gruppo con due o più imprese aventi la residenza fiscale in giurisdizioni diverse. In aggiunta, nel fornire la definizione di “gruppo di imprese multinazionali escluso” il Legislatore ha ristretto l’ambito soggettivo, precisando che sono obbligati alla reportistica in commento soltanto i gruppi di imprese con un ammontare di ricavi complessivi risultanti dal bilancio consolidato non inferiore a 750 milioni di euro, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quello oggetto di rendicontazione.

Sono, invece, “entità appartenenti al gruppo” le imprese incluse nel bilancio consolidato del gruppo, le imprese escluse dal bilancio consolidato unicamente a causa delle dimensioni o in base al principio di rilevanza, nonché le stabili organizzazioni di “entità appartenenti al gruppo”.

Una volta definito cosa s’intende per “gruppi multinazionali”, il decreto in commento, all’articolo 2, individua i soggetti obbligati a presentare la rendicontazione Paese per Paese all’Agenzia delle Entrate. Anzitutto, viene precisato che ciascuna entità controllante capogruppo di un gruppo multinazionale residente nel territorio dello Stato dovrà presentare la rendicontazione in oggetto. Peraltro, qualora la controllante capogruppo non risulti essere residente fiscalmente in Italia ai sensi dell’articolo 73, Tuir, potrebbe essere obbligata alla rendicontazione Paese per Paese una “entità appartenente al gruppo” multinazionale (così come definita all’articolo 1, n. 5) nel caso in cui quest’ultima risulti residente fiscalmente in Italia (ex articolo 73, Tuir) e si verifichi una delle seguenti condizioni:

  • la controllante capogruppo non è obbligata, nel suo Paese di residenza fiscale, a presentare la citata rendicontazione;
  • la controllante capogruppo è residente fiscalmente in uno Stato che, alla data di scadenza dell’invio della rendicontazione, non ha in vigore con l’Italia un accordo per lo scambio automatico delle informazioni fiscali;
  • la controllante capogruppo è residente fiscalmente in uno Stato che è inadempiente ad un eventuale accordo di scambio automatico di informazioni fiscali.

Resti bene inteso che l’obbligo di rendicontazione Paese per Paese dovrebbe risultare in capo alla controllante capogruppo residente nel territorio dello Stato purché quest’ultima non sia a sua volta controllata da “soggetti diversi dalle persone fisiche” (cfr. articolo 1, comma 145, L. 208/2015).

Ricapitolando, in linea di massima, il cd. Country-by-Country Reporting è obbligatorio per le società controllanti residenti in Italia per le quali, ai sensi del D.Lgs. 127/1991 e del D.Lgs. 38/2005, è prevista la redazione del bilancio consolidato ed a condizione che i ricavi complessivi risultanti da detto bilancio non siano inferiori a 750 milioni di euro, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quello oggetto di rendicontazione.

Per completezza, giova ricordare che le società obbligate alla redazione del bilancio consolidato sono esclusivamente le società di capitali, gli enti pubblici, le società cooperative e le mutue assicuratrici. Sarebbero, dunque, esclusi da tale obbligo, a mero titolo esemplificativo, le società di persone, i trust e gli enti non profit.

Anche se di primo acchito sembrerebbe che l’ambito e le modalità applicative dell’esordiente adempimento non presentino alcuna criticità interpretativa, va, invece, evidenziato che sono numerose le incertezze da sciogliere, meritevoli di un risolutivo intervento chiarificatorio da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Al riguardo, tra i principali punti da affrontare e dirimere, si rileva come, da una prima interpretazione letterale della norma, pare che una società di capitali fiscalmente residente in Italia e con obbligo di consolidamento di un gruppo multinazionale sia tenuta alla rendicontazione solo nell’ipotesi in cui essa sia controllata da persone fisiche. Ne deriverebbe, pertanto, che non dovrebbero sussistere obblighi in tal senso nel caso in cui essa fosse controllata, ad esempio, da una società di persone, da un trust o da un fondo d’investimento.

Da ultimo, un altro rilevante tema da non trascurare è legato alle modalità di calcolo dei ricavi consolidati. Non risulta, infatti, chiaro se l’ammontare di ricavi consolidati non inferiore a 750 milioni di euro debba considerarsi per singola giurisdizione di appartenenza, sia nell’ipotesi in cui l’adempimento venga assolto da una controllante residente in Italia, sia quando l’adempimento debba essere assolto dalla controllata residente in Italia.

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