18 Ottobre 2024

CPB: i valori esclusi dalla determinazione del reddito di lavoro autonomo

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

Il reddito di lavoro autonomo è quello derivante dall’esercizio di attività lavorative diverse da quelle di impresa o di lavoro dipendente. Sotto il profilo fiscale, sono previste due tipologie di reddito di lavoro autonomo:

  • attività artistiche e professionali (articolo 53, comma 1, Tuir), esercitate in modo professionale (ovvero sistematico e organizzato) e abituale (ovvero in maniera regolare, stabile e non occasionale);
  • altre attività di lavoro autonomo, elencate in modo tassativo dall’articolo 53, comma 2, Tuir.

Sul piano fiscale, come rilevato dalla circolare della G.d.F. n. 1/2018, la definizione di reddito di lavoro autonomo ha natura residuale, “nel senso che il legislatore ha inteso definire come tali quei redditi che non derivano né da attività di lavoro dipendente né dall’esercizio di un’impresa”, pur indicando gli elementi che caratterizzano la particolare attività (autonomia, professionalità, abitualità, e natura non imprenditoriale).

È considerato reddito di lavoro autonomo, anche quello derivante dall’esercizio in forma associata, di cui all’articolo 5, comma 3, lett. c, Tuir; in tali casi, il reddito è determinato in capo all’associazione professionale ed è imputato agli associati in base al principio di trasparenza.

I contribuenti esercenti arti o professioni, ai quali si rendono applicabili gli ISA, accedono al concordato preventivo biennale, in presenza di determinati requisiti.

In particolare, fra l’altro, per poter ricevere una proposta di CPB, i contribuenti devono aver applicato gli ISA nel periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta. Nel caso in cui il contribuente eserciti due attività diverse, l’Agenzia formulerà due distinte proposte per le due diverse tipologie reddituali, a cui il contribuente potrà aderire sia congiuntamente che individualmente (cfr. punto 6.1 della circolare n. 18/E/2024).

La proposta di concordato, se accettata, definisce il reddito di impresa e di lavoro autonomo e (solo per i soggetti ISA) la base imponibile IRAP, per gli anni 2024 e 2025, ad eccezione dei soggetti in regime forfettario, per i quali, in via sperimentale, l’adesione al CPB rileva per il solo anno 2024.

Resta esclusa, invece, dal concordato preventivo biennale, l’IVA, che continua ad applicarsi secondo le ordinarie disposizioni e a vincolare i contribuenti a tutti i conseguenti adempimenti.

Per quanto riguarda i soggetti ISA, i redditi oggetto di concordato investono il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, di cui all’articolo 54, comma 1, Tuir, senza considerare i valori relativi a:

a) plusvalenze e minusvalenze;

b) redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società di persone e associazioni di cui all’articolo 5, Tuir;

c) ai corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, riferibili all’attività artistica o professionale, di cui al comma 1-quater, del citato articolo 54, Tuir.

Osserva la circolare n. 18/E/2024, che dal tenore letterale della norma si evince che la logica perseguita dal legislatore sia quella di escludere dalla proposta di CPB quelle componenti reddituali non tipicamente riconducibili alla attività propria dell’artista o del professionista, in quanto correlate a fattori ad essa esogeni. Tali componenti reddituali positivi e negativi dovranno, poi, concorrere, insieme al reddito concordato, alla determinazione del reddito complessivo, da assoggettare a tassazione nelle annualità d’imposta 2024 e 2025.

In caso di reddito da lavoro autonomo, il saldo netto tra il reddito concordato e le plusvalenze e le minusvalenze, i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali e i redditi derivanti da partecipazioni, non può essere inferiore a 2.000 euro; nel caso di società semplici e di soggetti a esse equiparati, ai sensi dell’articolo 5, Tuir, il limite di euro 2.000 sarà ripartito tra i soci o associati, secondo le rispettive quote di partecipazione.

Sicuramente fra le componenti escluse spiccano i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, riferibili all’attività artistica o professionale, di cui al comma 1-quater, del citato articolo 54, Tuir, introdotto dal D.L. 223/2006; norma che ha confermato l’imprenditorializzazione giuridica dell’attività professionale. In altri termini, il legislatore ha preso coscienza del valore dell’avviamento intellettuale, frutto anche dell’analisi di tali problematiche operata nel corso di questi anni (si confronti la risoluzione n. 177/E/2001, in ordine alla valorizzazione degli intangible assets, quali “risorse intangibili relative al capitale umano”, e “capitale intellettuale dell’impresa, considerato nel triplice aspetto di capitale organizzativo, capitale umano e capitale relazione”, e la sentenza della Corte di Cassazione n. 2860/2010).

Da una parte, quindi, il legislatore utilizza un termine laico – cessione di clientela – e dall’altra parte impiega termini espansivi – elementi immateriali, comunque, riferibili – cercando così di attrarre tutti i fattori legati all’attività professionale (capacità organizzativa, marchio, tipo di clientela, ubicazione, valore economico e finanziario dello studio etc). Come affermato dal Consiglio dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nella circolare n. 1/IR /2008, la norma cerca di “sterilizzare”, sotto il profilo fiscale, i dubbi relativi alla corretta qualificazione delle fattispecie innanzi menzionate.

Il legislatore è intervenuto, allora, anche sull’articolo 17, comma 1, Tuir, considerando assoggettabili a tassazione separata anche i corrispettivi delle cessioni di studi professionali, a condizione che la riscossione avvenga in un’unica soluzione (lett. g-ter) ovvero, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle entrate, in più rate, ma nel corso dello stesso periodo d’imposta (circolare n. 11/E/2007 – paragrafo 7.1).

In ordine a tale tematica/problematica, per quanto possa essere di interesse ai fini della valutazione all’accesso al CPB, con la risposta ad interpello n. 466/2019, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che la mera cessione di un portafoglio clienti non possa, da sola, integrare la struttura organizzativa aziendale, e, quindi, la cessione di ramo d’azienda, fuori campo Iva, ex articolo 2, comma 3, lett. b), D.P.R. 633/1972. Per l’Agenzia delle entrate, il portafoglio clienti” non è una azienda, “in quanto trattasi di un unico asset patrimoniale, e non di un’organizzazione idonea, nel suo complesso, allo svolgimento di un’attività produttiva. La clientela (ossia il complesso dei clienti selezionati ed acquisiti nel tempo), infatti, rappresenta una componente del valore dell’avviamento definito appunto ” portafoglio clienti” che può essere trasferito integralmente anche in modo separato dall’azienda, in quanto suscettibile di autonoma valutazione economica”. Per l’Amministrazione finanziaria, l’operazione descritta è qualificabile come cessione di un singolo bene e non come cessione di ramo d’azienda. “Tale posizione risulta anche in linea con l’orientamento giurisprudenziale, nazionale e unionale, secondo cui un’operazione di cessione del c.d. “pacchetto clientela” può essere considerata come cessione di ramo di azienda solo ed esclusivamente quando il “portafoglio clienti“, interamente considerato, costituisce un complesso organico dotato di autonoma potenzialità produttiva (Corte Giustizia CE n. 50/91; Cass. n. 897 del 2002; Cass. n. 206 del 2003). Alla fattispecie in esame, pertanto, non è applicabile l’esclusione dal campo di applicazione IVA disposta a norma dell’art. 2 del d.P.R. n. 633 del 1972. Conseguentemente, l’imposta di registro si applica in misura fissa, come previsto dall’art. 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131”.