“Cram down” fiscale con il dissenso dell’Amministrazione finanziaria
di Caterina BrunoL’istituto della transazione fiscale costituisce una particolare procedura “transattiva” tra il Fisco e il contribuente esperibile in sede di concordato preventivo, potendo essere parte integrante del piano di risanamento, originariamente previsto dall’articolo 160 della “vecchia” L.F. e della domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, nonché delle trattative che precedono la stipula degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui al previgente articolo 182-bis L.F..
Come chiarito dalla Corte Costituzionale n. 225/2014 ricorrendo a tale istituto l’imprenditore in crisi può proporre alle agenzie fiscali o agli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, il pagamento parziale ovvero dilazionato dei tributi o dei contributi e dei relativi accessori, in deroga al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’istituto, rispetto alla sua introduzione nel 2006, è stato interessato da significativi interventi legislativi che ne hanno modificato l’originaria configurazione, tra cui, da ultimo, la novella introdotta dall’articolo 3, comma 1 bis, D.L. 125/2020, convertito nella L. 159/2020, che ha previsto la possibilità per il Giudice fallimentare di omologare il concordato preventivo e/o l’accordo di ristrutturazione anche in mancanza di voto e/o di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Tale omologa può avvenire al ricorrere delle seguenti condizioni:
- quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze richieste dall’articolo 177 L.F. ovvero della percentuale di cui all’articolo 182 bis, comma 1, L.F.;
- quando la proposta di soddisfacimento dei crediti della predetta amministrazione appare, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista, più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
La recente modifica legislativa ha fatto sorgere differenti interpretazioni dottrinali in merito alla possibilità ed ai limiti concessi al Tribunale di omologare la transazione fiscale e contributiva “anche in mancanza di voto” (nel concordato preventivo), ovvero “anche in mancanza di adesione” (nell’accordo di ristrutturazione dei debiti) da parte dell’Amministrazione finanziaria e degli Enti previdenziali alla proposta di transazione loro formulata.
In particolare, si fronteggiano tre distinte posizioni che hanno trovato seguito anche in seno alla giurisprudenza, in merito alla valutazione del perimetro del potere attribuito al Tribunale: secondo una prima tesi più restrittiva, il Tribunale disporrebbe del potere-dovere di intervenire in via sostitutiva solo allorquando non sussista alcuna espressione di voto o di adesione; un secondo indirizzo, estensivo, considera anche il voto negativo o il rigetto dell’adesione da parte dell’erario quale presupposto della omologazione, da parte del Tribunale, della proposta del concordato o dell’accordo; infine, secondo una terza ipotesi ricostruttiva intermedia, il potere sostitutivo di omologa del Tribunale ricorrerebbe sia in caso di mancata pronuncia sia in caso di rigetto della proposta nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ma non anche nell’ambito del concordato.
La recente giurisprudenza di merito, lungi dal considerare la norma modificativa in commento un’ipotesi di norma eccezionale dettata dall’emergenza Covid 19, bensì una previsione ordinaria finalizzata a disciplinare durevolmente ed in termini significativamente diversi il trattamento dei debiti tributari e contributivi del previgente regime dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione, ha comunque inteso dare risalto al raccordo all’emergenza pandemica riconosciuto dall’incipit dell’articolo 3, comma 1 bis, D.L. 125/2020 previsto “in considerazione della situazione di crisi economica per le imprese”.
Sotto tale profilo, la giurisprudenza ha dato atto che l’attuale contesto economico, fortemente condizionato in negativo dalla crisi dovuta al diffondersi della pandemia, rende opportuno il ricorso ad istituti volti alla definizione concordata della crisi di impresa ivi compresa una quanto più celere chiusura delle procedure fallimentari mediante lo strumento del concordato anche al fine di immettere in circolo immediatamente le risorse finanziarie recuperabili dalle procedure concorsuali ed evitare un grave pregiudizio per i creditori.
In tale ottica, degne di nota appaiono le posizioni assunte dal Tribunale di La Spezia e dal Tribunale di Teramo tese ad adottare un provvedimento in contrasto con l’espresso voto negativo dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare il Tribunale di La Spezia, con la sentenza del 14 gennaio 2021, ha omologato l’accordo, pur con il dissenso dell’Agenzia delle entrate, sulla base della considerazione che il credito erariale avrebbe ricevuto maggiore soddisfazione dall’esecuzione dell’accordo di composizione della crisi rispetto all’ipotetica alternativa rappresentata dalla procedura di liquidazione del patrimonio.
Sebbene assunta nell’ambito del diverso istituto della composizione della crisi ex L. 3/2012 l’attuale corrispondenza dell’articolo 12, comma 3-quater, L. 3/2012 con i novellati articolo 180, comma quarto, L.F. in materia di concordato preventivo e articolo 182-bis, comma quarto, L.F., in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti, favorisce un’armonizzazione del nuovo istituto della transazione fiscale.
Anche il Tribunale di Teramo con la sentenza del 19 aprile 2021, nell’ambito di una procedura di concordato, ha optato per l’approvazione della proposta nonostante il voto contrario dell’Amministrazione finanziaria, trattandosi di voto determinante per il raggiungimento delle maggioranze di legge e tenuto conto della preferibilità della proposta per la stessa amministrazione, rispetto al soddisfacimento offerto dalla soluzione liquidatoria.