Crediti inesistenti o non spettanti: il recente orientamento della Cassazione
di Debora ReverberiLa Corte di Cassazione, nel più recente orientamento manifestato, riconosce la dicotomia tra credito d’imposta inesistente e non spettante, in netto contrasto con la sua precedente interpretazione secondo la quale tale distinzione sarebbe stata priva di senso logico-giuridico.
L’annosa diatriba è di grande attualità e interesse nei casi di contestazioni di crediti d’imposta R&S ex articolo 3 D.L. 145/2013 e ss.mm.ii., in cui l’Amministrazione finanziaria, ogniqualvolta i controlli evidenzino, in tutto o in parte, attività non eleggibili o spese non ammissibili, rileva sistematicamente, in base alla circolare AdE 31/E/2020, l’utilizzo di un credito inesistente per carenza totale o parziale del presupposto costituivo, indipendentemente dall’esposizione del credito in dichiarazione annuale.
L’impostazione dell’Amministrazione finanziaria trova supporto nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 3-02610 pubblicata il 15.06.2021, in cui si afferma che la fattispecie di credito inesistente “non necessariamente deriva dalla frode e risulta indipendente dalla corretta esposizione del credito in dichiarazione annuale”.
La qualifica di un credito come inesistente, anziché come credito non spettante, comporta una serie di conseguenze rilevanti a sfavore del contribuente:
- raddoppio del termine decadenziale di notifica degli atti di recupero, fissato al “31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”;
- sanzione applicata in misura compresa tra il 100% e il 200% del credito inesistente, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997;
- sanzione penale triplicata per il reato tributario di indebita compensazione ai sensi dell’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni;
- il pagamento non esclude la punibilità penale;
- non è applicabile la definizione agevolata ai sensi dell’articolo 16, comma 3 e 17, comma 2, D. Lgs. 472/1997.
Il dettato normativo dell’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997 individua due elementi, entrambi indispensabili, per qualificare un credito come inesistente:
- mancanza del presupposto costitutivo del credito, con ciò intendendosi che la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, patrimoniali o finanziari del contribuente;
- inesistenza del credito non riscontrabile mediante controlli automatizzati o formali dei dati in anagrafe tributaria, ai sensi degli articoli 36-bis, 36-ter D.P.R. 600/1973 e 54-bis D.P.R. 633/1972.
Nelle sentenze 34444 e 34445 depositate il 16.11.2021 nonché nella più recente 7615 depositata il 03.03.2022, la Suprema Corte interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante:
“in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera”, “ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza””.
Secondo la Corte di Cassazione dunque l’emersione della non spettanza del credito d’imposta attraverso il confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti esibiti dal contribuente, è fattispecie da inquadrarsi nell’ambito del credito non spettante.
Al contrario, qualora la sussistenza del credito d’imposta risulti comprovata esclusivamente da documentazione falsa, il credito è inesistente in quanto non reale, indipendentemente dall’esposizione in dichiarazione.
Nella sentenza 7615/2022 la Corte di Cassazione si è spinta ad analizzare la dicotomia credito inesistente/non spettante anche sul piano dell’elemento soggettivo con effetti antitetici in termini di onere probatorio:
- l’inesistenza del credito è “salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente” di creare artificiosamente un credito d’imposta per compensare i debiti;
- la non spettanza del credito esistente invece comporta la necessità do dimostrare la consapevolezza del contribuente circa la sua non compensabilità.
Nel caso di specie, stante la natura di cartiera della società in capo alla quale risultavano maturati i crediti R&S indebitamente ceduti ad altri soggetti, non vi era dubbio che i crediti fossero inesistenti e la piena consapevolezza dell’inesistenza del credito da parte del contribuente risultava peraltro comprovata dalle intercettazioni telefoniche col commercialista.