19 Settembre 2017

Crediti secondo il “costo ammortizzato” anche ai fini Ires

di Fabio Landuzzi
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Il D.M. 3 agosto 2017, intitolato “Disposizioni di coordinamento per la determinazione della base imponibile dell’Ires e dell’Irap dei soggetti ITA Gaap e dei soggetti Ias Adopter”, per i soggetti diversi dalle microimprese di cui all’articolo 2435-ter cod. civ., che redigono il bilancio secondo le disposizioni del codice civile – ovvero, i cosiddetti soggetti OIC – richiama, fra le altre disposizioni, l’applicazione dell’articolo 2, commi 1, 2 e 3 del D.M. 1 aprile 2009 n. 48 (che, si ricorda, rappresenta il regolamento attuativo delle disposizioni di coordinamento in materia di determinazione del reddito dei soggetti IAS Adopter).

L’effetto dell’applicazione delle disposizioni sopra citate è quello di estendere ai soggetti OIC la nozione di “derivazione rafforzata” così come già prescritta per gli Ias Adopter, con la conseguenza che anche per i soggetti OIC diversi dalle microimprese non trovano più applicazione le disposizioni dell’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir, le quali pongono come riferimento nella determinazione del reddito d’impresa i requisiti di “certezza” e di “oggettiva determinabilità” dei componenti di reddito (comma 1) e le risultanze negoziali connesse al momento in cui si realizza il passaggio di proprietà dei beni (comma 2), nonché, precisa la relazione illustrativa del D.M. 3 agosto 2017, “qualsiasi altra norma fiscale che faccia riferimento a regole di rappresentazione non conformi all’anzidetto principio della prevalenza della sostanza sulla forma”.

Per quanto concerne la rilevazione dei crediti, ciò significa far assumere piena rilevanza fiscale – fatta eccezione per il caso dei finanziamenti infragruppo a tasso zero o comunque non di mercato – alla rappresentazione secondo i criteri prescritti dall’OIC 15, ed in primis al criterio del costo ammortizzato.

Sappiamo che nell’ambito del criterio del costo ammortizzato possiamo distinguere due ipotesi, le quali possono convivere o meno:

  1. il sostenimento di costi di transazione;
  2. l’attualizzazione, che si presenta ogni qualvolta il tasso contrattuale dell’operazione non è in linea con quello di mercato e la differenza non è ritenuta non essere rilevante.

Nell’ambito della rilevazione dei crediti commerciali che derivano da operazioni di vendita di beni o servizi, è normalmente più frequente imbattersi nella seconda fattispecie, ogniqualvolta il credito ha scadenza ultrannuale e non è assistito da un tasso di interesse di mercato. Si pensi al caso della vendita con pagamento rateale oltre i 12 mesi, e senza interessi.

Ebbene, il rinvio normativo sopra citato, come sottolinea la relazione illustrativa, attesta il riconoscimento ai fini Ires della prima iscrizione del credito ad un valore diverso da quello nominale del credito stesso, in quanto ai sensi delle prescrizioni contenute nell’OIC 15 tale prima iscrizione dovrà tenere conto dell’effetto di attualizzazione dei flussi finanziari attesi determinati in base allo stimato tasso di mercato. A questa differenza – che nel caso più frequente di tasso di mercato superiore al tasso contrattuale sarà negativa, nel senso che riduce il valore di prima iscrizione del credito poiché la differenza rispetto all’importo nominale sarà rappresentata dai futuri interessi attivi – non si applica la disciplina dell’articolo 106 del Tuir in materia di svalutazione dei crediti, disciplina che invece si applicherà ordinariamente alle successive valutazioni del credito.

Con riguardo alla applicazione dell’articolo 106, comma 1, del Tuir, si pone poi la questione di quale sia la base di riferimento a cui applicare lo 0,5% per il computo della quota di svalutazione crediti annualmente deducibile ai fini Ires. La norma fa infatti riferimento al “valore nominale o di acquisizione” del credito, ragione per cui, secondo Assonime (circolare n. 14/2017), parrebbe corretto assumere a tale fine questo valore che non sarà però più coincidente con quello contabile laddove quest’ultimo, come abbiamo visto, può subire gli effetti dell’attualizzazione. Questa impostazione può essere condivisibile quando si tratti di crediti sui quali sono stati “montati” costi di transazione, in quanto un approccio diverso – soprattutto in caso di perdite su crediti – potrebbe obiettivamente condurre ad una ingiustificata tassazione di componenti positivi (vedi esempio nota 144 della circolare Assonime n. 14/2017). Quando invece si tratti di crediti iscritti riflettendo solo l’attualizzazione, non sembra paventarsi un rischio di tale tipo, e quindi parrebbe ammissibile assumere come riferimento il valore del credito così come iscritto in bilancio in forza della qualificazione civilistica e della applicazione della derivazione rafforzata.

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