Credito d’imposta R&S verso l’attenuazione delle sanzioni
di Debora ReverberiMentre dilagano gli accertamenti in materia di credito d’imposta R&S di cui alla previgente disciplina dell’articolo 3 D.L. 145/2013 e ss.mm.ii., agevolazione manifestamente al centro delle attività di controllo dell’Agenzia delle entrate nell’anno 2021, in base agli indirizzi operativi sulla prevenzione e contrasto all’evasione contenuti nella circolare AdE 4/E/2021, si profila una speranza a tutela dei contribuenti che ne hanno beneficiato in buona fede.
Nell’iter di conversione in Legge del D.L. 73/2021 (c.d. Decreto Sostegni-bis) vi sono due proposte emendative di identico contenuto aventi la chiara finalità di attenuare il regime sanzionatorio a cui l’Agenzia delle entrate assoggetta le indebite fruizioni di crediti R&S.
I sub-emendamenti al maxi-emendamento 1.181 del Governo contengono modifiche al testo del comma 207 dell’articolo 1, L. 160/2019 (c.d. Legge di Bilancio 2021) che disciplina l’ordinaria attività di accertamento dell’Agenzia delle entrate e le conseguenze dell’indebita fruizione del nuovo credito R&S&I&D, nonché la facoltà per l’ente accertatore di ricorrere al parere tecnico del Mise.
Il punto di forza di tali proposte consiste nell’espressa estensione del loro ambito applicativo anche al credito R&S di cui alla disciplina previgente dell’articolo 3 D.L. 145/2013, in relazione alla quale le condizioni di incertezza interpretativa, specie sotto il profilo delle attività ammissibili, hanno certamente penalizzato i contribuenti in buona fede.
In base all’attuale normativa del comma 207 citato i controlli, volti a verificare l’esistenza dei presupposti per la spettanza del credito d’imposta e la corretta applicazione della disciplina, sono effettuati dall’Agenzia delle entrate in base ai seguenti documenti:
- la certificazione della documentazione contabile di cui all’articolo 1, comma 205, L. 160/2019;
- la relazione tecnica prevista all’articolo 1, comma 206, L. 160/2019;
- l’ulteriore documentazione fornita dall’impresa.
Qualora l’ente accerti l’indebita fruizione, anche parziale, del credito d’imposta R&S&I&D “provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge, fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo a carico dell’impresa beneficiaria”.
Con la circolare 31/E/2020 l’Agenzia delle entrate ha formalizzato il comportamento già ampiamente adottato nell’attività accertativa in materia di crediti R&S ex articolo 3 D.L. 145/2013 ovvero l’assimilazione di tutti i casi di compensazione di un credito R&S che risulti inammissibile sotto il profilo delle attività o delle spese sostenute alla fattispecie di “credito inesistente” per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo.
Coerentemente con tale impostazione il termine per l’attività di controllo e la notifica del relativo atto di recupero risulterebbe esteso al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di completamento dell’utilizzo in compensazione.
Secondo la definizione contenuta nell’articolo 13, comma 5, D. Lgs. 471/1997 si intende inesistente il credito in relazione al quale sussistono entrambi i seguenti requisiti:
- l’assenza, in tutto o in parte, del presupposto costitutivo;
- l’impossibilità di riscontrarne l’inesistenza mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/1973 e all’articolo 54-bis D.P.R. 633/1972.
Nel tentativo di superare la diatriba tra “credito inesistente” e “credito non spettante” l’Agenzia delle entrate, nella circolare AdE 31/E/2020, ha dichiarato non rilevante “ai fini della violazione sopra richiamata la mera esposizione del credito in dichiarazione annuale”.
A livello giurisprudenziale si rammenta peraltro che la Corte di Cassazione ha assimilato le due fattispecie di credito inesistente e credito non spettante nell’ordinanza interlocutoria 29717/2020.
I sub-emendamenti mirano ad attenuare il regime sanzionatorio del credito R&S (vecchia e nuova disciplina), su due piani:
- prevedendo che la tempestiva consegna della certificazione contabile e della relazione tecnica all’Agenzia delle entrate nel corso dell’attività istruttoria comporti automaticamente, in caso di indebita fruizione, l’applicazione delle sanzioni per “credito non spettante”, pari al 30% del credito utilizzato ai sensi dell’articolo 13, comma 4, D.Lgs. 471/1997; in caso di ricerca commissionata extra-muros il termine di presentazione della documentazione è esteso a sessanta giorni dalla richiesta;
- disponendo che il ricorso dell’Amministrazione finanziaria al parere tecnico del Mise comporti la presunzione dell’esistenza di obiettive condizioni di incertezza interpretativa e la conseguente disapplicazione delle sanzioni, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente) e dell’articolo 6, comma 2, D.Lgs. 472/1997.
In caso di approvazione dell’emendamento ne deriverebbe che le gravose sanzioni per “credito inesistente”, dal 100% al 200% del credito contestato con impossibilità di ricorrere alla definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3 e 17, comma 2, D.Lgs. 472/1997, troverebbero applicazione solo in caso di condotta fraudolenta.
Resta inteso che tali modifiche non eviterebbero all’impresa beneficiaria di incorrere nel reato di compensazione indebita superiore a 50.000 euro annui, ex articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, bensì le consentirebbero una riduzione della pena da quella prevista per “credito inesistente” (da 18 mesi a 6 anni di reclusione) a quella per “credito non spettante” (da 6 mesi a 2 anni di reclusione).